Non sono mai stato così vicino al sindacato come nel momento in cui ho letto la “lettera” congiunta di Landini, Furlan e Barbagallo al Direttore di Repubblica. Ci sono contenuti forti, principi e valori che forse avevamo “tutti” dimenticato o, comunque, collocato in fondo a qualche segreto cassetto: “riaffermare la centralità del lavoro” per ritrovare quella coesione sociale per tornare ad essere “uomini”.
Il richiamo alla cultura, alla solidarietà, alla formazione, alla “conoscenza” (di Trentiniana memoria) è la dimostrazione che le basi ci sono, non sono state dimenticate. Occorre però evidenziare qualcosa in più. Mi pare che alle dichiarazioni non faccia seguito la fase “2” – visto che siamo in vena di “numerare” il tempo – ovvero l’implementazione. Come facciamo? Qual è l’idea di esecuzione di messa a terra dei principi esposti? Come possiamo preservare i vari ambiti? È tutto chiaro nel momento dell’enunciazione, ma come facciamo a “salvaguardare l’occupazione”? Come facciamo a tutelare il reddito dei lavoratori?
Abbiamo la minima idea di cosa sta accadendo nel mondo dell’impresa? Delle 2 l’una: o manca tutta questa parte ed allora abbiamo solo riempito i giornali oppure chi afferma – esperti ed istituzioni nazionali ed internazionali – che avremo un PIL al – 9.1% mente. Richiamo ancora una volta Adriano Olivetti nel senso che dobbiamo cercare – oltre a sanare la frattura tra “vita autentica” e “vita lavorativa” – di sanare la frattura ancor più temibile fra “le parole” e “l’azione”. Fra gli “spottoni” e ciò che effettivamente è realizzabile. Insomma, forse dovremmo passare dal dire “cosa”, al dichiarare il “come” . E poi occorre anche “eseguire”.