A marzo, l’inflazione registra un aumento dello 0,1% sia su base mensile sia su base annua dal +0,3% del mese precedente. E’ quanto emerge da una nota diffusa dall’Istat.
La decelerazione dell’inflazione – spiega l’Istituto – è imputabile prevalentemente alla dinamica dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (che registrano un’inversione di tendenza da +1,2% a -2,7%) e dei servizi (che rallentano la loro crescita da +1,0% a +0,6%); tali andamenti sono stati solo in parte compensati dall’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari (da +0,4% a +1,2%) e dei tabacchi (da +1,5% a +2,5%).
L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici rimangono stabili a +0,7%. La variazione congiunturale dell’indice generale – si legge nella nota – è dovuta all’aumento dei prezzi dei tbacchi (+2,3%) e in misura minore dei beni alimentari (+0,4%), solo in parte compensato dalla diminuzione dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (-2,2%).
I dati. L’inflazione acquisita per il 2020 è pari a zero per l’indice generale e a +0,2% per la componente di fondo. I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona – prosegue l’Istat – accelerano da +0,3% di febbraio a +1,2%, mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto rallentano da +0,8% a +0,7%, registrando in entrambi i casi una crescita più sostenuta di quella riferita all’intero paniere. Secondo le stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta del 2,2% su base mensile, per effetto della fine dei saldi invernali dell’abbigliamento e calzature, e dello 0,1% su base annua (da +0,2% del mese precedente).
Le stime preliminari degli indici dei prezzi al consumo di marzo sono state elaborate nel contesto dell’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del coronavirus in Italia, con la sospensione di attività di ampi segmenti dell’offerta di beni e servizi di consumo. L’impianto dell’indagine sui prezzi al consumo, basato sull’utilizzo di una pluralità di canali per l’acquisizione dei dati, – conclude l’Istat – ha consentito di ridurre gli effetti negativi dell’elevato numero di mancate rilevazioni.