Mai nella storia della Repubblica ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni. Il pensiero va ai malati ed alle loro famiglie, ed agli eroi che ogni giorno lavorano con rischi enormi per la loro cura in tutto il Paese e specie nelle regioni che soffrono le conseguenze più dure. La salute è il bene primario, ed ogni contributo affinché si possano alleviare e contrastare le conseguenze dell’epidemia è cruciale. E’ quanto emerge dal Rapporto del centro studi Confindustria, che ha presentato le previsioni per l’economia italiana nel 2020 e 2021 e include un’analisi dell’evoluzione dei fattori geo-economici più rilevanti per il nostro Paese.
Le relazioni sociali ed economiche sono colpite in modi gravi, imprevedibili fino a poche settimane orsono. I consueti comportamenti individuali e collettivi, le relazioni tecnologiche tra fattori produttivi ed output, i meccanismi consolidati di trasmissione delle politiche pubbliche, i rapporti internazionali di scambio, sono alterati ed in alcuni casi del tutto saltati. Più che quello di prevedere il futuro, – spiega Confindustria – questo è il tempo di agire affinché il nostro Paese, la nostra società, possano affrontare adeguatamente questa fase drammatica e risollevarsi quando l’emergenza sanitaria sarà mitigata.
Le strategie. Occorre – rileva Confindustria – tutelare il tessuto produttivo e sociale della Nazione, lavoratori, imprese, famiglie, con strategie e strumenti inediti e senza lesinare risorse in questo momento per garantire il benessere futuro. Occorre agire subito, senza tentennamenti o resistenze: altri paesi si stanno già muovendo in questa direzione. Nessuno conosce, ad oggi, la dimensione complessiva degli interventi necessari, che saranno comunque massivi e che saranno condizionali agli sviluppi sanitari ed economici. Ma a tutti è chiaro che solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese, la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata.
Economia italiana colpita al cuore. Uno shock imprevedibile ha colpito l’economia italiana a febbraio 2020, quando è iniziata la diffusione nel Paese del virus Covid-19. Si tratta – emerge dal rapporto – di uno shock congiunto di offerta e di domanda: al progressivo blocco, temporaneo ma prolungato, di molte attività economiche sul territorio nazionale, necessario per arginare l’epidemia, si è associato un crollo della domanda di beni e servizi, sia dall’interno che dall’estero.
Le prospettive economiche, in questa fase di emergenza sanitaria, sono perciò gravemente compromesse. Non è chiaro, inoltre, con quali tempi esse potranno essere ristabilite neppure dal lato dell’offerta. Nelle previsioni che qui presentiamo, ipotizziamo che nel settore manifatturiero saranno attive queste percentuali di imprese nei prossimi mesi, nell’ipotesi che la fase acuta dell’emergenza sanitaria si vada esaurendo alla metà del secondo trimestre dell’anno.
Le ipotesi. Aprile: 40% all’inizio; 60% alla fine del mese; maggio: 70% all’inizio; 90% alla fine del mese; giugno: 90% all’inizio; 100% alla fine del mese. Anche con queste ipotesi, la caduta stimata del Pil nel secondo trimestre rispetto a fine 2019 è attorno al 10%. Inoltre, – prosegue Confindustria – la ripartenza nel secondo semestre sarà comunque frenata dalla debolezza della domanda di beni e di servizi.
I dati. Del realismo, o dell’eccessivo ottimismo di queste ipotesi, solo i prossimi mesi diranno. Nel caso in cui la situazione sanitaria non evolvesse positivamente, in una direzione compatibile con questo scenario dell’offerta, le previsioni economiche qui presentate andrebbero riviste al ribasso. Nel 2020 un netto calo del Pil è comunque ormai inevitabile: lo prevediamo al -6,0%, sotto l’ipotesi che la fase acuta dell’emergenza sanitaria termini appunto a maggio. Si tratta di un crollo superiore a quello del 2009, e del tutto inatteso a inizio anno. Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive, secondo i parametri attuali, – conclude Confindustria – potrebbe costare una percentuale ulteriore di Prodotto Interno Lordo dell’ordine di almeno lo 0,75%.