Occorre modificare la strategia di rilevamento dei casi di contagio da Coronavirus. Lo hanno chiesto a gran voce oltre 290 rappresentanti di primo piano della comunità scientifica italiana attraverso una lettera al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai governatori delle Regioni. L’esistenza di un’elevata percentuale di contagiati asintomatici indica infatti la necessità di cambiare rotta nella strategia di somministrazione dei tamponi. Solo individuando precocemente gli asintomatici – avvertono gli scienziati – si potrà limitare la catena di contagi. Ma non c’è tempo da perdere: “Se non cambiamo rotta nella strategia diagnostica entro le prossime 24 ore non è più tollerabile” è l’allarme lanciato in un’intervista a Il Sole 24 Ore dal professor Pier Giuseppe Pelicci, co-direttore scientifico dell’Istituto europeo di Oncologia di Milano, tra i firmatari dell’appello del 24 marzo.
L’appello degli scienziati italiani. Il mondo della ricerca scientifica tende la mano per contribuire con le proprie strutture e i propri mezzi alla lotta contro la diffusione del Covid-19 in Italia. Quello firmato da 292 rappresentanti della comunità scientifica, con il consenso della maggioranza dei direttori degli Irccs e dei principali Istituti di Ricerca biomedica, nonché di numerosi scienziati con competenze di biologia molecolare e biotecnologie del nostro Paese, è un vero e proprio piano nazionale anti-contagio. “Risorse intellettuali e competenze tecnologiche di alto livello per l’esecuzione dei test diagnostici per l’identificazione del virus – riporta Adnkronos – sono disponibili su tutto il territorio nazionale da subito e a costo di personale e attrezzature pari a zero” è l’appello accorato dei firmatari.
Individuare gli asintomatici è per gli scienziati lo step necessario che l’Italia deve effettuare per bloccare finalmente la diffusione del nuovo Coronavirus. “Le attuali strategie di contenimento – avvertono gli scienziati – basate sulla identificazione dei soli soggetti sintomatici non sono sufficienti.” Modelli matematici sviluppati a partire dallo studio delle popolazioni colpite hanno infatti mostrato come gli asintomatici o i sintomatici lievi rappresentino un’ampia parte dei contagiati complessivi. Non solo, “è stimato che queste infezioni non documentate abbiano una potenzialità di contagio per individuo pari a circa la metà rispetto alle infezioni documentate clinicamente”.
La soluzione – essendo impossibile effettuare tamponi a tutta la popolazione – è dunque quella di sottoporre al test tutte le categorie maggiormente a rischio di contagio, come tutto il personale sanitario o chiunque lavori a contatto con il pubblico e il cui ambito professionale non può essere sottoposto a restrizione (personale di tutti gli esercizi commerciali aperti quali alimentari o poste, addetti alla sicurezza pubblica, autisti di taxi o mezzi pubblici). Fondamentale è inoltre il potenziamento degli strumenti di diagnosi: “tecnologie ad alta processività, commerciali e non commerciali, per la rapida estensione del numero dei test sono disponibili – promettono gli scienziati – da poche settimane e possono essere validate ed implementate su ampia scala in tempi ragionevolmente rapidi”.
La criticità della situazione impone tuttavia un cambio di rotta immediato. A lanciare l’allarme una delle eccellenze della ricerca, tra i firmatari dell’appello, il prof. Pier Giuseppe Pelicci, che in un’intervista a Il Sole 24 Ore ha sottolineato la necessità di agire ora, soprattutto per quanto riguarda la strategia diagnostica impiegata fin qui e la tipologia di test, a proposito dei quali ha dichiarato: “I test attualmente utilizzati, – si legge sul sito del quotidiano – tramite i tamponi in commercio dall’inizio dell’epidemia, sono “a bassa processabilità”, cioè richiedono tempistiche e procedure più lunghe. […] Negli ultimi dieci giorni, invece, sono arrivati sul mercato prodotti più efficaci, kit immediatamente disponibili e già validati ad altissima processabilità. Siamo pronti a utilizzarli.”