Il coronavirus era presente in Lombardia già dal primo gennaio, circa un mese e mezzo prima della diagnosi sul cosiddetto paziente 1 di Codogno, avvenuta il 20 febbraio. A rilevarlo, una analisi realizzata da 14 centri di ricerca coordinati dal Direttore generale della Sanità della Regione Lombardia e pubblicata sul sito ArXiv e riportato dalla rivista Nature.
Molto prima dell’identificazione del primo caso a Codogno, il virus circolava già da diverse settimane in molti comuni della Lombardia meridionale. “È un lavoro estremamente interessante che ricostruisce la preistoria del coronavirus in Italia”, ha commentato il fisico Giorgio Parisi, dell’Università Sapienza di Roma. Dalla ricerca, ha proseguito, emerge inoltre che all’ inizio i casi sintomatici erano l’80%, contro il 5% di asintomatici e il 15% di casi non chiari, forse con sintomi così leggeri da non dare la sicurezza dell’infezione. Gli autori della ricerca hanno ricostruito l’origine dell’epidemia analizzando i dati relativi a 5.830 casi confermati nei laboratori della Lombardia, per i quali erano stati riportati anche i dati relativi alla comparsa dei sintomi, così come riporta l’Ansa. I ricercatori hanno inoltre stimato che inizialmente il tasso di riproduzione è stato di 3,1, vale a dire che ogni persona con l’infezione poteva contagiarne 3,1, e ha cominciato a decrescere dopo il 20 febbraio. Nella fase iniziale, inoltre, l’epidemia si è diffusa in modo esponenziale, con un raddoppio dei casi in media ogni tre giorni a Bergamo (3,5 giorni), Codogno (3,4 casi) e Cremona (2,6).