“I numeri ci dicono che non stiamo ancora vedendo gli effetti delle misure di contenimento”. Lo ha detto Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston, a proposito dell’aumento esponenziale di casi registrato in Italia negli ultimi giorni. “Tutti – riporta l’Ansa – vorremmo vedere che i casi diminuiscono, ma bisogna aspettare ancora un po’ di tempo: le misure di contenimento non hanno mai un effetto immediato e i risultati si vedono nell’arco di settimane. In Cina ce ne sono volute due o tre. Bisogna avere pazienza” ha aggiunto Vespignani spiegando il mancato effetto – momentaneo – delle nuove restrizioni imposte dal governo.
Stando al parere degli esperti, dunque, l’evoluzione dell’epidemia avrebbe tempi lunghi, per i quali il contenimento dell’ultima di settimana potrebbe avere i suoi effetti a distanza di qualche settimana. Sta di fatto, che i casi di contagio da Covid-19 continuano ad aumentare ed in modo allarmante: solo nella giornata di ieri, 8 marzo, si sono registrati più di 1300 nuovi contagi, arrivando ad un numero totale di 6387 positivi al nuovo Coronavirus. Una crescita esponenziale che ha determinato un ulteriore irrigidimento delle misure governative, ufficializzato dalla firma del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dell’8 marzo: dalla chiusura della Lombardia all’estensione della categoria di “zona rossa” a ben 14 province, fino allo stop a locali ad alta concentrazione di persone, come pub o discoteche.
È quindi “una situazione in evoluzione” ha chiarito il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, in cui tuttavia assumono un ruolo determinante le azioni del singolo individuo. “È importante il modo in cui ci comportiamo” ribadiva Brusaferro già lo scorso 5 marzo, quando i casi di contagio hanno subito un primo aumento esponenziale rispetto al giorno precedente (+590). È necessario che “nessuno si senta immune dalla possibilità di infezione”, adeguandosi alle norme imposte o fortemente consigliate dalle autorità: dall’evitare gli scambi sociali al rispettare rigorosamente le regole d’igiene. Queste misure, aggiunte al vincolo di quarantena per chi ha febbre o sintomi influenzali, potrebbero dunque contribuire ad arginare il contagio, facendo dilatare nel tempo la diffusione dell’epidemia: solo in questo modo infatti si può evitare il collasso del sistema sanitario.
Ma, nonostante le raccomandazioni di esperti e tecnici, gli italiani sembrano far fatica a adeguarsi a questo nuovo stile di vita. Ne sono prova le tante foto scattate in questo week end in ogni regione d’Italia: locali affollatissimi, aperitivi, file chilometriche agli impianti sciistici, senza contare le migliaia di fuori sede che, alla notizia – trapelata prima dell’approvazione del decreto – della chiusura della Lombardia, hanno assalito la stazione di Milano per tornare a casa. Atteggiamenti che nel loro insieme potrebbero mettere a serio rischio la salute dei più deboli, come gli anziani o gli immunodepressi, ma anche di tutti i cittadini, a causa del sempre minore numero di posti in terapia intensiva disponibili.
“Noi avevamo chiesto misure forti e da parte del governo sono arrivate alcune misure e alcuni messaggi forti come quello di rimanere a casa se non per motivi imprescindibili” ha detto l’Assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera a Radio Capital. Ma l’appello è soprattutto ai cittadini: “questa infezione non può essere sconfitta né con un farmaco né con un vaccino. E il sistema sanitario rischia il collasso. Gli unici che possono sconfiggerlo sono i cittadini” ha aggiunto Gallera. E a chi gli chiede se sia meno o il caso di seguire l’esempio delle forti restrizioni imposte a Wuhan, l’Assessore ha ribadito: “è chiaro che se i cittadini non ci aiutano a ridurre questa curva che cresce in maniera enorme dobbiamo arrivare a misure più dure. Dipende dalla capacità dei singoli e da misure governative più dure.”