Immaginate uno studio di registrazione virtuale, accessibile da tutti, da computer o smartphone, e aggiungete un team valido che lavora – giorno e notte – a questo progetto: ecco la ricetta di Dropin, una delle quindici startup italiane (su 1200 progetti registrati) selezionate per il Working Capital 2013, il programma di accelerazione di Telecom Italia (che ha aperto spazi a Milano, Roma e Catania).
“Il 30 giugno è stato il mio ultimo giorno di lavoro perché dal primo luglio per almeno tre mesi sarò focalizzato 24 ore su 24, insieme agli altri soci, su Dropin – spiega Michele Cipriani, 32 anni, CEO di Dropin – Infatti, grazie alla selezione per il Working Capital, saremo a Milano, insieme ad altre quattro startup, per seguire un percorso di accelerazione che ci aiuterà a rafforzare tutti gli aspetti legati al management, alla community e ai rapporti con gli investitori.”
I primi passi della startup toscana – “L’idea è partita nel 2009 – continua Michele Cipriani – stavamo guardando dei video su Youtube di persone che facevano delle cover di un livello professionale incredibile, ma leggendo i commenti si capiva che erano musicisti che non riuscivano a fare il passo per diventare semi professionisti o professionisti. Da lì ci siamo posti il problema: volevamo capire in che modo si poteva dare a queste persone la possibilità di emergere, di farsi conoscere, al di là dei talent show. Ho ragionato subito riguardo una possibile soluzione, ma in quel momento c’erano dei limiti tecnologici notevoli, che non ci avrebbero permesso di sviluppare un sistema valido. Due anni dopo mi ha contattato Luca Lucchesi, il nostro produttore musicale, dicendo di aver avuto un’idea fortissima. E mi ha spiegato qualcosa che io avevo già analizzato e sviluppato in parte, ma facendo riemergere la questione nel frattempo la tecnologia era maturata (ad esempio, pensiamo ad HTML5) e questo ci ha permesso di realizzare il progetto come volevamo. Da qui è nato tutto.
Attualmente siamo in fase beta privata. I test da fare prima di uscire pubblicamente sono tanti, la piattaforma è complessa e il progetto è molto ambizioso. A breve, speriamo nel giro di tre mesi, apriremo alle prime schiere di utenti”.
Il team – Quattro professionisti, un’idea innovativa e la voglia di renderla concreta, rischiando, perché, come ricorda Michele “Noi eravamo delle persone che avevano un lavoro, ma hanno deciso, nonostante tutto, nonostante il rischio, di buttarsi su Dropin, proprio perché ci credevamo e ci crediamo veramente”.
Il cuore della startup è formato da quattro persone: “Luca Lucchesi è musicista, produttore audio, maestro di chitarra, ed è la figura musicale che ci ha permesso di creare la tecnologia con delle metriche musicali specifiche, Monica Uccelli è un avvocato specializzato in diritti d’autore e si dedicherà a trovare un equilibrio tra SIAE, diritti d’autore e Creative Commons, mentre Monica Rebecchi, esperta di pubbliche relazione e organizzazione eventi, seguirà la parte relativa al marketing e alla community.
Personalmente questo non è la mia prima esperienza da imprenditore: dal 2008, infatti, sono un designer e web developer, libero professionista, e ho avuto l’opportunità di lavorare (in remoto, dall’Italia) anche per una startup californiana. Si è rivelata un’esperienza molto positiva, che mi ha affascinato e mi ha fatto comprendere ancora di più l’importanza dell’innovazione, perché sono convinto che se non c’è innovazione non si va da nessuna parte. Proprio per questo le startup sono il mio ambiente ideale poiché ho la possibilità di trovare soluzioni nuove e tecnologie innovative che, se riescono ad affermarsi, vengono utilizzate da tantissime persone, senza limiti.”
L’obiettivo – “Dropin (con un sistema – freemium – multilingua in italiano, inglese, spagnolo e cinese mandarino) ha lo scopo di far suonare le persone di tutto il mondo su uno studio di registrazione virtuale che è accessibile a chiunque da pc o da app mobile – conclude Michele – Un batterista cinese, ad esempio, può arrivare a produrre musica con un cantante italiano o americano, attraverso il nostro sistema.
In questo modo si introducono concetti di collaborazione a livello musicale e si inseriscono e si ampliano delle meccaniche social. Così facendo vogliamo creare qualcosa che creativamente funzioni davvero: pensiamo a persone di diverse culture, sparse per il mondo, che possono arrivare a produrre musica insieme, seguendo progetti musicali comuni, dando spazio alla musica collaborativa.
Se riflettiamo, ad esempio, sulla situazione musicale asiatica, è difficile che un musicista di quella zona riesca a emergere in Italia: alla base di questa difficoltà, infatti, c’è qualche vincolo culturale e non solo geografico. Noi, invece, vogliamo abbattere questi limiti attraverso il nostro servizio cloud.”