Precarietà, minore accesso alle figure apicali, crescita del part time involontario e della “sovraistruzione”, sono gli elementi che caratterizzano l’occupazione femminile. Le donne che lavorano a tempo determinato sono nella media dei primi tre trimestri 2019 il 17,3% e quelle in part time sono ormai un terzo, il 32,8% contro l’8,7% degli uomini. Il part time non è cresciuto come strumento di conciliazione dei tempi di vita, ma nella sua componente involontaria che ha superato il 60% del totale contro il 34,9 dello stesso periodo del 2007.
I dati. E’ quanto è emerso da Linda Laura Sabbadini, direttore della Direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell’area delle statistiche sociali e demografiche dell’Istat, nel corso di un’audizione alla Commissione Lavoro della Camera. Situazione preoccupante nel Mezzogiorno dove nel 2018 solo il 32,2% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora (contro il 59,7% nel Nord), un valore inferiore alla media nazionale delle donne nel 1977 (33,5%).
Stipendio e mercato del lavoro. Le laureate di primo livello, occupate a quattro anni dal conseguimento del titolo, svolgono una professione connessa al loro livello di istruzione nel 67% dei casi. Per gli uomini la stessa percentuale supera il 79%. C’è poi un “gap” di genere rispetto al reddito che si quantifica tra i 233 e 275 euro al mese a tre anni da conseguimento del titolo.