Milano, 24 Febbraio 2020 – La nuova malattia infettiva Coronavirus (“COVID-19”) è attualmente in una fase di espansione anche sul nostro territorio nazionale e sta sollevando molteplici interrogativi connessi al tema della gestione del personale, oltre che della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Sulla base delle informazioni nazionali ed internazionali al momento disponibili, si ritiene quindi di fornire le seguenti indicazioni operative circa i comportamenti da adottare dal datore di lavoro, al fine di prevenire la diffusione del contagio da COVID-19 all’interno delle aziende. La situazione è tuttavia in rapida evoluzione e, pertanto, le indicazioni che seguono potranno essere oggetto di aggiornamento in base all’andamento epidemiologico della malattia, alle conoscenze scientifiche più recenti ed a quanto, conseguentemente, sarà stabilito a livello internazionale e nazionale, al fine di garantire il principio di massima precauzione in relazione all’evoluzione dell’epidemia da COVID-19.
Misure preventive da adottare sui luoghi di lavoro. Le notizie sulla diffusione del COVID-19 impongono innanzitutto alle aziende di adottare immediatamente misure atte a prevenire per quanto possibile il rischio di contagio, in quanto, come è noto, il datore di lavoro: ai sensi dell’art. 2087 c.c., ha il dovere di apprestare tutte le misure di sicurezza al fine di garantire l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti; ai sensi del d.lgs. n. 81/2008, ha la responsabilità di tutelare i lavoratori dall’esposizione a “rischio biologico”[1]. con la collaborazione del medico competente, ove presente.A fronte di ciò, è certamente opportuno provvedere all’immediato aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) per la presenza di tale nuovo rischio biologico, nonché alla fornitura al personale di dispositivi di protezione individuali diretti ad assicurare la salubrità degli ambienti di lavoro, ovvero, tra questi, l’installazione di erogatori di gel antibatterici, la dotazione di guanti o mascherine protettive. In relazione a quanto sopra, in conformità con le indicazioni dettate dalla circolare del Ministero della Salute il 3 febbraio 2020, il datore di lavoro deve quindi invitare i propri dipendenti a ricorrere alle comuni misure preventive della diffusione delle malattie trasmesse per via respiratoria, ovvero: lavarsi frequentemente le mani; porre attenzione all’igiene delle superfici; evitare i contatti stretti e protratti con persone che presentano sintomi simil-influenzali.
Ove, nel corso dell’attività lavorativa, si venga a contatto con un soggetto che risponde alla definizione di caso sospetto[2], il datore di lavoro è tenuto a contattare immediatamente i servizi sanitari segnalando che si tratta di caso sospetto per COVID-2019. Nell’attesa dell’arrivo dei sanitari: evitare contatti ravvicinati con la persona malata; se disponibile, fornirla di una maschera di tipo chirurgico; lavarsi accuratamente le mani. Prestare particolare attenzione alle superfici corporee che sono venute eventualmente in contatto con i fluidi (secrezioni respiratorie, urine, feci) del malato; far eliminare in sacchetto impermeabile, direttamente dal paziente, i fazzoletti di carta utilizzati. Il sacchetto sarà smaltito in uno con i materiali infetti prodottisi durante le attività sanitarie del personale di soccorso.
Sospensione dell’attività lavorativa per i casi sospetti. In conformità con le indicazioni dettate dalla circolare del Ministero della Salute il 21 febbraio 2020, è resa al momento obbligatoria la sospensione dello svolgimento dell’attività lavorativa: per i lavoratori che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19, cui è disposta dall’azienda sanitaria territorialmente competente la misura della quarantena con sorveglianza attiva; per i lavoratori che, negli ultimi 14 giorni, abbiano fatto ingresso in Italia dopo aver soggiornato nelle aree della Repubblica Popolare Cinese interessate dall’epidemia. È altresì resa al momento obbligatoria, in conformità a quanto indicato dall’ordinanza del Ministro della Salute adottata di intesa con il Presidente della Regione Lombardia il 21 febbraio 2020, così come dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di data 23 febbraio 2020, la sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per i lavoratori residenti o domiciliati, anche di fatto, nei Comuni di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini, Vo’, anche ove le stesse si svolgano fuori dal Comune o dall’area indicata, nonché la sospensione delle attività lavorative per le imprese, ad esclusione di quelle che erogano servizi essenziali e di pubblica utilità, ivi compresa l’attività veterinaria, nonché di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza.
Misure da adottare allo stato da parte del datore di lavoro. A scopo precauzionale, al suddetto personale è quindi attualmente vietato, sino a nuova disposizione, raggiungere il luogo di lavoro. A fronte di ciò, è quindi possibile richiedere a tale personale di prendere immediatamente contatto con i propri superiori (ovvero, nel caso, con la direzione risorse umane dell’azienda), al fine di valutare la sostenibilità di una prestazione lavorativa svolta da remoto, attraverso il ricorso al lavoro agile (c.d. smart working) ed al telelavoro, ovvero al fine di sospendere l’attività lavorativa, fatti salvi i trattamenti economici e normativi previsti per il regolare svolgimento dell’attività lavorativa. In tale ipotesi, appare quindi possibile ritenere illegittimo (e dunque rilevante ai fini disciplinari) un eventuale rifiuto opposto dal dipendente al provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa.
Il datore di lavoro è inoltre tenuto a valutare i dipendenti con particolari condizioni di salute (come le lavoratrici in gravidanza) e potrebbe adottare, anche in tal caso, misure specifiche idonee a tutelare la salute sul lavoro, come lo svolgimento della prestazione lavorativa da remoto. Nel caso in cui vi sia un sospetto contagio all’interno dell’azienda, il datore di lavoro dovrà informare immediatamente il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) ed il medico competente, il quale è tenuto ad avvisare l’autorità sanitaria locale. I relativi dati personali dovranno essere trattati nel rispetto delle norme sulla privacy.Nel caso in cui al datore di lavoro non sia possibile riprendere l’attività lavorativa in ragione dell’epidemia, appare poi possibile ricorrere alla Cassa Integrazioni Ordinaria, la quale è concessa dalla sede dell’INPS territorialmente competente anche in presenza di “situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali” (art. 1, c. 1, lett. a), D.M. 95442/2016).
Infine, dovrà essere ovviamente annullata da parte del datore di lavoro ogni trasferta o transito nelle zone a rischio. A tale proposito, con riferimento ai lavoratori italiani da impiegare o trasferire all’estero, il datore di lavoro è infatti tenuto a valutare ogni rischio, adottando le misure di sicurezza idonee a tenere indenne il lavoratore in relazione, tra l’altro, al tipo di sistemazione logistica ed alla presenza di una assicurazione per i casi di morte o di invalidità permanente(art. 18, c. 1, lett. b), del d.lgs. n. 151/2015, di modifica dell’art. 2 d.l. n. 398/1987 conv. in l. n. 317/1987).Ovviamente, in tutti i casi in cui ad un dipendente venga certificato uno stato di malattia (anche con sintomi diversi da quelli influenzali), sarà tenuto ad assentarsi dal lavoro inviando la relativa certificazione, secondo le normali procedure. Resta inteso che tali misure potranno essere oggetto di successive modifiche e/o integrazioni, alla luce della continua evoluzione della situazione e delle indicazioni fornite a livello internazionale e nazionale.