Cinque mesi di corsi, formazione e lezioni di approfondimento. Questa è solo una parte del workshop, a cui si sono sottoposti 63 dirigenti italiani, alla ricerca di nuove esperienze professionali o in cerca di un nuovo posto di lavoro. Sono stati selezionati tra 250 e ora prenderanno in mano le redini delle aziende confiscate alla criminalità organizzata, diventate proprietà dello Stato. Loro sono i nuovi ‘manager dell’anti-mafia’.
Un pool di manager anti-mafia – Si tratta di un percorso indetto per la prima volta lo scorso anno da Assolombarda, Aldai (associazione lombarda dirigenti aziende italiane), Fondirigenti e Agenzia nazionale per i bene sequestrati e confiscati, a cui hanno dato il supporto formativo e gestionale la Fondazione Istud (capofila del progetto), la Luiss e la Sda Bocconi. L’obiettivo finale è quello di mettere a disposizione del Ministero dell’Interno e dell’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati, un pool di professionalità altamente qualificate impiegabili nella gestione e valutazione delle imprese sequestrate.
La confisca – L’azione di contrasto alla criminalità organizzata oggi passa infatti sempre più spesso attraverso il sequestro e la confisca delle proprietà delle famiglie malavitose, che investono in società apparentemente sane e in territori anche esterni al proprio raggio d’azione tradizionale. E tra le regioni più colpite dalla presenza criminale nella proprietà di aziende di piccole, medie e grandi dimensioni di diversi settori industriali, c’è la Lombardia (196 aziende confiscate al maggio 2011; terza regione per confische dopo Sicilia e Campania).
I numeri – Ecco perché una simile specializzazione professionale si può ritenere sicuramente in crescita e con parecchio ‘lavoro in arretrato’: ad oggi sono oltre 12mila i beni prima sequestrati e poi confiscati in via definitiva, oltre 10mila gli immobili e 1.636 aziende tra hotel, ville, parchi auto, palestre, supermercati e stabili industriali.
Il corso – I neodirigenti, già manager di professione con esperienze in aziende italiane e straniere, da marzo a luglio seguono una serie di attività per acquisire le conoscenze e competenze necessarie alla valutazione e gestione d’imprese sequestrate alla criminalità organizzata. Durante il percorso studiano anche diversi casi di organizzazioni confiscate, con l’elaborazione di proposte concrete d’intervento.
Cosa avviene di solito – Solitamente le aziende malavitose funzionano e danno lavoro mentre sono gestite dalla criminalità organizzata. Dopo il sequestro, invece, muoiono. Un po’ perché si tratta di scatole vuote, contenitori occupazionali finalizzati alla ricerca di consenso e silenzio, un po’ perché tra cattiva gestione e lungaggini burocratiche (circa dieci anni per sequestro, confisca, confisca definitiva e riallocazione) i beni perdono di valore e d’interesse.
Il lavoro dei nuovi manager – E’ a questo punto che intervengono i manager anti-mafia. I loro nomi e curriculum vengono consegnati al ministero dell’Interno. Una volta assegnati, affiancheranno i curatori per un’azione finalizzata a garantire non solo il mantenimento delle attività, ma anche e soprattutto la loro crescita.
“Il danno maggiore per la mafia – spiega Antonio Calabrò, consigliere incaricato di Assolombarda per la legalità e la cultura d’impresa – è dimostrare che le aziende funzionano meglio senza la criminalità, che le ricchezze sottratte finiscono in buone mani.”
Per saperne di più – www.assolombarda.it