Dopo la sentenza di condanna emessa il 28 gennaio scorso dalla Corte di giustizia europea nei confronti del nostro Paese, saremo chiamati a pagare una maximulta da 2 miliardi di euro?
A porsi la domanda è il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, che, stando a quanto hanno dichiarato nei gironi scorsi alcuni autorevoli esperti, i sistematici ritardi nei pagamenti compiuti dalla nostra Pubblica Amministrazione potrebbero far scattare una maximulta come quella ricevuta per le quote latte che, fino ad ora, ci è costata circa 2 miliardi di euro. Tutto questo, comunque, potrà essere evitato se lo Stato italiano metterà fine in tempi rapidissimi a questa cattiva abitudine. Ipotesi, viste le performance realizzate nel 2019, difficilmente attuabile.
I ritardi dei pagamenti. “Sebbene la situazione negli ultimi anni sia migliorata, in particolar modo a seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica – prosegue Zabeo – i ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali con la PA costituiscono ancora adesso un malcostume molto diffuso nel nostro Paese. Pertanto, non sarà per nulla scontato sottrarsi ad una sanzione economica da parte dell’Europa”.
“La nostra Pa – dichiara il segretario della Cgia Renato Mason – in particolar modo nel Mezzogiorno continua a pagare con ritardi del tutto ingiustificati. Questa situazione, associandosi al perdurare della contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle aziende, ha peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime piccole realtà produttive che tradizionalmente sono sottocapitalizzate e a corto di liquidità”.
Le cifre. Secondo i dati riportati nella “Relazione annuale 2018”, presentata il 31 maggio 2019 dalla Banca d’Italia, l’ammontare complessivo dei debiti commerciali della nostra Pa sarebbe pari a circa 53 miliardi di euro, metà dei quali ascrivibili ai ritardi di pagamento.