Più di 980 miliardi di dollari (più di 877 miliardi di euro) nel mondo, quasi 400 milioni (circa 358,2 milioni di euro) solo in Italia. Si tratta della somma che il volume di risparmi gestito da robo advisor raggiungerà entro la fine del 2019. Sebbene la dimensione media dei patrimoni amministrati dagli algoritmi sia abbastanza ridotta (21 mila dollari di media nel mondo, 14 mila in Italia), il fenomeno è in netta crescita e si prevede che le masse gestite da robot saliranno nel mondo del 27% all’anno fino al 2023 quando raggiungeranno i 2.552 miliardi di dollari con 147 milioni di clienti serviti.
I dati. E’ quanto emerge dallo studio “Valore della consulenza finanziaria e robo advice nella percezione degli investitori. Evidenze da un’analisi qualitativa” pubblicato nei Quaderni Fintech di Consob e realizzato dall’Autorità in collaborazione con l’Università Roma Tre e l’Università Lumsa. Nello stesso periodo, in Italia, – evidenzia lo studio – la crescita media sarà addirittura del 51% all’anno. Attraverso l’analisi della percezione degli investitori a proposito del robo advice, la consulenza finanziaria dettata dagli algoritmi, l’obiettivo della ricerca è stato quello di capire se possa essere uno strumento utile a ridurre il cosiddetto advice gap, ovvero la mancanza di consulenza che riguarda proprio molti piccoli risparmiatori.
Il mercato attuale – secondo quanto rileva lo studio – è infatti caratterizzato da un’ampia fascia di investitori che non ricevono un servizio di consulenza oppure ne hanno uno molto standardizzato. In ambito domestico, ad esempio, si stima che solo il 30% degli investitori si avvalga dei consigli di un consulente finanziario dedicato, mentre circa il 40% si rivolge esclusivamente ad amici, parenti e colleghi. Il principale deterrente alla domanda di consulenza dopo la sfiducia verso gli intermediari è la convinzione che non sia necessaria perché si investono piccole somme di denaro.
La mancanza di un riferimento umano. Sul fronte del robot advice lo studio ha fatto emergere tra i risparmiatori curiosità e apertura a valutare l’innovazione e la preferenza per l’oggettività dei consigli elaborati da un algoritmo a fronte della discrezionalità della consulenza umana. Spaventa, tuttavia, l’assenza di un riferimento umano permanente e si teme per la sicurezza informatica e il trattamento di dati sensibili. L’interesse verso il robo advice, dunque – conclude lo studio – resta ancorato alla possibilità di avere a disposizione un modello ibrido, in grado di conciliare elementi digitali e human touch.