E’ ufficiale: secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg, al gruppo Fca viene contestato di aver sottostimato di 5,1 miliardi il valore per l’acquisizione di Chrysler avvenuta nel 2014.
Qualche anno fa. L’Agenzia delle Entrate aveva in passato valutato Chrysler circa 12,5 miliardi di euro, mentre Fiat, seguendo le indicazioni dei suoi consulenti, aveva dichiarato un valore di 7,5 miliardi. La controversia concerne nello specifico la ristrutturazione avvenuta nell’ottobre 2014 dopo che l’ex Fiat SpA aveva acquistato la parte finale di Chrysler.
Il processo di acquisizione si è concluso con il completo assorbimento dei brand Dodge, Ram e Jeep. Al termine della ristrutturazione è stata creata Fca, nella forma societaria attuale con la sede legale in Olanda e la sede fiscale in Gran Bretagna, invece che a Torino, sede storica da oltre un secolo della Fiat.
Lo spostamento della sede aziendale ha generato la cosiddetta ‘exit tax’, la tassazione che l’Italia applica sulle plusvalenze realizzate quando le società spostano le loro attività al di fuori del paese. L’Italia all’epoca aveva una aliquota di imposta di circa il 27,5%, per cui Fca rischia ora di dover pagare arretrati al fisco italiano per circa 1,3 miliardi di euro.
Un negoziato. Inoltre, nella relazione relativa ai conti del terzo trimestre, il gruppo aveva confermato l’esistenza di un negoziato con le autorità italiane per un “adeguamento fiscale” relativo a 5,07 miliardi di asset sottostimati soggetti alla “exit tax”, come riportato dal rapporto di audit visionato da Bloomberg.