La produzione di falsi formaggi italiani in Usa è aumentata del 4% per approfittare delle difficoltà degli originali Made in Italy colpiti dai dazi. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti sugli ultimi dati Usa 2019.
La richiesta. A beneficiare della situazione è infatti la lobby dell’industria casearia Usa (Ccfn) che – sottolinea la Coldiretti – ha esplicitamente chiesto con una lettera di imporre tasse alle importazioni di formaggi europei al fine di favorire l’industria del falso Made in Italy e costringere l’Unione Europea ad aprire le frontiere ai tarocchi a stelle e strisce.
Le brutte copie dei prodotti caseari nazionali hanno avuto una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni raggiungendo complessivamente nel 2018 i 2,5 miliardi di chili realizzata per quasi i 2/3 in Wisconsin e California mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto. In termini quantitativi in cima alla classifica – precisa Coldiretti – c’è la mozzarella con 1,97 miliardi di chili all’anno, seguita dal parmesan con 192 milioni di chili, dal provolone con 181 milioni di chili, dalla ricotta con 113 milioni di chili e dal Romano con 25 milioni di chili realizzato però senza latte di pecora, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Usda, il Dipartimento dell’agricoltura statunitense, che conferma la crescita anche a settembre 2019.
In caso di aumento dal 25% al 100% delle tariffe applicate all’importazione di alimentari Made in Italy inseriti nella black list decisa dalla Rappresentanza Usa per il commercio (Ustr) prodotti già colpiti come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello – sottolinea la Coldiretti – sarebbero completamente fuori mercato negli Stati Uniti che si collocano al terzo posto tra i principali italian food buyer dopo Germania e Francia, ma prima della Gran Bretagna. Con la minaccia di Trump di innalzare al 100% i dazi sui prodotti europei rischia mezzo miliardo di export alimentare Made in Italy negli Usa
I rischi. La situazione diventerebbe drammatica se la black list dei prodotti italiani colpiti si allargasse al vino che, con 1,5 miliardi di export nel 2018, rappresenta – sostiene la Coldiretti – il prodotto agroalimentare Made in Italy più venduto negli Stati Uniti. L’aumento dei prezzi infatti – continua la Coldiretti – favorirebbe le produzioni di Australia e Cile e soprattutto le bottiglie locali con gli Usa che rappresentano quasi il 10% del totale mondiale con una quantità di 24 milioni di ettolitri.
“Dopo il settore aereonautico, con la digital tax ancora una volta l’alimentare diventa ingiustamente la vittima di una guerra commerciale in cui non è coinvolto” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che da un lato “occorre riprendere il dialogo per evitare uno scontro dagli scenari inediti e preoccupanti che rischia di determinare un pericoloso effetto valanga sull’economia e sulle relazioni tra Paesi alleati” e dall’altro “è sempre più urgente l’attivazione di aiuti compensativi ai settori più duramente colpiti con sostegni agli agricoltori che rischiano gli effetti di una tempesta perfetta tra dazi Usa e pericolo di Brexit, dopo aver subito fino ad ora una perdita di un miliardo di euro negli ultimi cinque anni a causa dell’embargo totale della Russia”.