Nel corso degli ultimi anni, la globalizzazione ed il conseguente sviluppo degli scambi internazionali hanno richiesto, ad un numero sempre maggiore di aziende, di avere presidi anche al di fuori dei confini nazionali. Per questo, non sono pochi i manager che sono partiti per rappresentare e trasmettere a tutto il personale del paese prescelto le best practice, la cultura ed i valori aziendali. Secondo recenti dati Inps, il numero di manager italiani espatriati all’estero è aumentato di circa il 30% rispetto allo scorso decennio. E questo numero è destinato a crescere ancora.
“La presenza di uno o più expatriate – dichiara Stefano Ferrinda, Global Account Manager di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale altamente qualificato – si rivela fondamentale perché rappresenta un vero e proprio strumento di integrazione e coordinamento, il cui obiettivo è quello di soddisfare le aspettative di internazionalizzazione della casa madre. Le aree geografiche nelle quali vi è una maggiore richiesta sono il Nord America, l’area EMEA e quella APAC; i settori più interessanti per i candidati italiani sono, invece, l’oil&gas, l’energy, l’engineering ed il construction.
La selezione di queste figure gioca un ruolo decisivo poiché, dalla scelta della risorsa, dipende il successo, il rallentamento o persino il fallimento dell’intero processo di internazionalizzazione. Un esito negativo si tramuterebbe automaticamente in un inutile dispendio risorse, anche economiche. “Per evitare di correre questo rischio – aggiunge Stefano Ferrinda – sempre più aziende si affidano a società di head hunting e consulenza aziendale che, con la propria esperienza e le proprie competenze nelle attività di ricerca e selezione, riescono ad individuare le figure più adatte al ruolo, limitando notevolmente le possibilità di fallimento”.
Ma quali sono i requisiti fondamentali che devono essere presi in considerazione nella selezione dell’expatriate? Sebbene sia riconosciuta, naturalmente, l’importanza delle competenze professionali e linguistiche del candidato, una maggiore importanza viene attribuita alle soft skill, ad esempio la capacità di comprendere le differenze culturali, di adattarsi a cambiamenti drastici e repentini, di relazione e di ascolto. Si tratta dunque di caratteristiche dell’individuo che, a differenza delle componenti più hard del ruolo, non possono essere acquisite, almeno non nel breve-medio termine. L’approccio del candidato deve essere internazionale, senza tralasciare flessibilità, intelligenza emotiva, sensibilità culturale e capacità di gestire situazioni di stress elevato.
Un altro aspetto che deve essere analizzato con estrema attenzione, poi, è legato alle aspettative nei confronti di un’esperienza all’estero, le motivazioni che spingono a valutare una simile opportunità lavorativa, la durata dell’incarico e le differenze culturali, politiche, economiche ed ambientali rispetto al Paese di origine. Sono tutti elementi che hanno un grande impatto, anche perché coinvolgo non solo il candidato, ma anche un eventuale nucleo famigliare che potrebbe partire con lui.