L’intelligenza artificiale è oggi pronta a diventare una significativa fonte di valore per le aziende? Molti indicatori inducono a rispondere a questa domanda in modo affermativo. E a ragione. Tuttavia, per molti manager rimane la preoccupazione per i rischi legati all’introduzione di questa tecnologia nella strategia aziendale e molte organizzazioni ne sottovalutano ancora il potenziale. Sono le conclusioni a cui è arrivato un nuovo studio del MIT Sloan Management Review realizzato in collaborazione con Bcg Gamma e Bcg Henderson Institute. Studio che ha indotto Fabrizio Pessina, Managing Director e Partner di Bcg, a una considerazione importante: “l’AI rappresenta una grande opportunità strategica ma anche un rischio importante se le aziende non agiscono in modo ponderato, perché il divario tra i vincitori e i perdenti è già presente ed è destinato a crescere negli anni a venire”. Intervenire subito e in modo adeguato su questo fronte, guardando all’AI come a una componente chiave della strategia aziendale e dei loro processi di core business, è un passaggio obbligato e non è certamente un passaggio immediato perché, come sottolinea ancora il manager, “richiede un nuovo modo di lavorare che è totalmente diverso da altre tecnologie”.
I numeri della ricerca. L’indagine ha raccolto le impressioni di oltre 2.500 dirigenti e il primo dato che balza all’occhio è il seguente: il 90% dei manager è d’accordo sul fatto che l’intelligenza artificiale rappresenti un’opportunità di business per la loro azienda ma nel 90% delle aziende che hanno investito nell’AI, meno di due su cinque riferiscono di aver ottenuto vantaggi commerciali dall’adozione e dall’uso di questa tecnologia negli ultimi tre anni. E sette imprese su dieci hanno registrato un impatto minimo o nullo. Un altro parametro su cui riflettere, relativo al 2019, ci dice che sta aumentando la percezione di rischio: oggi gli esperti che affermato di aver percepito qualche forma di preoccupazione legata all’AI sono il 45% del totale e tale indice è in aumento rispetto al 37% del 2017.
La riflessione di fondo a cui sono giunti gli autori dello studio è quindi comprensibile e chiama direttamente (e urgentemente) in causa le figure che sono alla guida di un’organizzazione. La maggior parte delle aziende, più concretamente, mostra ancora difficoltà a generare valore con l’AI ed è quindi necessario, secondo gli esperti, trovare subito un metodo che permetta di sfruttare le opportunità offerte dalla tecnologia, gestendone i rischi e riducendo al minimo le complessità.
Il modus operandi virtuoso. Cosa fare per ottenere oggettivi benefici portando l’intelligenza artificiale nei processi aziendali? Il rapporto dimostra in tal senso come le imprese abbiano tratto valore applicando cinque approcci organizzativi distinti. Il primo riguarda l’integrazione delle strategie di AI: l’88% degli intervistati, in particolare, che ha riportato un impatto positivo di business grazie all’intelligenza artificiale l’ha successivamente estesa alla business strategy complessiva. Allineare le iniziative di AI ai processi di trasformazione aziendale più rilevanti è un secondo modello virtuoso, e per questo i manager devono cercare e integrare i dati relativi all’AI all’interno delle differenti funzioni, strutturando delle collaborazioni cross-funzionali. Implementare servizi e soluzioni basati su algoritmi, e siamo al terzo approccio, richiede grandi cambiamenti, spesso rischiosi, orientati alla crescita dei ricavi rispetto alla riduzione dei costi. Solo il 44% dei manager che hanno ottenuto dei risparmi sulle spese operative si aspettano gli stessi risultati nei successivi cinque anni, mentre il 72% degli intervistati che hanno registrato un incremento del fatturato tendono a prevedere che il successo continuerà nello stesso periodo.
Allineare la produzione di AI con il consumo di AI è la quarta ricetta da seguire: configurare gli strumenti, i sistemi e i processi di distribuzione della tecnologia è solo il primo passo, il secondo chiede agli utenti aziendali di poter utilizzare queste soluzioni e di misurarne il valore. L’ultima best practice da seguire, infine, è quella di evitare la “trappola tecnologica” investendo sui talenti, i dati e i cambiamenti di processo. La prova di questo assunto è contenuta nella percentuale che segue: le aziende che hanno avviato iniziative legate all’AI sotto la supervisione del Cio (Chief Information Officer) hanno quasi il 50% di probabilità in meno di identificare un valore.