Dopo il fallimento in Umbria, le forze giallorosse si preparano ad affrontare le elezioni regionali in Emilia-Romagna, attese per il prossimo 26 gennaio. Nello specifico però è il Movimento Cinque Stelle a mostrare segni più evidenti di smarrimento, tanto che nelle ultime settimane si è andata delineando in modo sempre più netto l’ipotesi di “desistenza”, ovvero di una deliberata assenza dalla corsa al voto. Ma l’ipotesi non convince tutti, anzi si accende il dibattito tra i pentastellati che sembrerebbero sempre più vicini al ricorso al voto su Rousseau.
Verso il 26 gennaio. Le elezioni in Emilia-Romagna sono ormai dietro l’angolo, ma se da una parte il PD sembra pronto a raccogliere la sfida del voto, sostenendo la candidatura del presidente uscente Stefano Bonaccini, dall’altra il M5S si ritrova bloccando in un’impasse difficile da superare. D’altronde le ferite riportate in Umbria bruciano ancora: nella regione il M5S ha visto dimezzarsi il proprio elettorato, passando dal 14,6% del 2015 all’attuale 7,4%. Ma se il fallimento umbro ha reso evidente l’impossibilità di una nuova alleanza con il Pd, non altrettanto certa per i pentastellati è la strada da intraprendere. In particolare, in seno al Movimento si è acceso un duro dibattito: da una parte numerosi consiglieri sostengono la necessità di presentare una lista autonoma, dall’altra c’è chi sarebbe pronto a non presentarsi affatto, replicando una sorta di accordo di “desistenza” con il PD, simile allo storico patto che Rifondazione Comunista strinse con l’Ulivo nel 1996.
I sondaggi d’altronde mostrano per il M5S un quadro tutt’altro che incoraggiante. “Secondo un sondaggio Emg-Acqua Group – si legge su Open – il M5S si fermerebbe al 7%”, una quota ben lontana da quella assegnata ai due favoriti: 45,5% per Bonaccini (PD) e 44,5% per la candidata del centrodestra unito Lucia Borgonzoni (Lega). Stando ai numeri dunque una corsa in solitaria per il M5S potrebbe rivelarsi fallimentare in partenza, tanto da far sembrare l’ipotesi di una nuova alleanza con i dem meno drammatica di quanto espresso dagli stessi grillini. Il politologo Salvatore Vassallo ha fatto infatti notare come “l’alleanza con il Pd, in Emilia – si legge su Next Quotidiano – sarebbe più ragionevole rispetto a quella che non doveva farsi in Umbria. Ma avendo fatto quell’errore strategico, ora i 5S sono quasi costretti a non ripetersi. E correre da soli, con un proprio candidato, sarebbe paradossale. In questo senso il sostegno indiretto al candidato del Pd può essere il male minore”.
La decisione potrebbe arrivare da Rousseau. Non riuscendo dunque a venire a capo dell’intricata questione, i Cinque Stelle sembrano sempre più vicini alla scelta di rimettere la decisione nelle mani della base del Movimento, ovvero dei suoi stessi iscritti, ricorrendo all’ormai tradizionale voto su Rousseau. Tuttavia “se è vero che l’idea di un voto su Rousseau – riporta Il Corriere della Sera – per decidere la questione (opzione che prende sempre più quota) è caldeggiata da un parte dei parlamentari, è altrettanto vero che la partita, già complicata, si è ulteriormente ampliata.” D’altronde è innegabile il valore simbolico che la desistenza assumerebbe sulla più ampia dimensione nazionale.
Il dibattito ha infatti convolto i consiglieri regionali pentastellati di tutta Italia, non quelli attivi in Emilia-Romagna. “L’intero gruppo a livello nazionale – si legge su Il Corriere – è «sul piede di guerra», spiega uno di loro”: i più dubbiosi, in particolare, temono che una simile circostanza possa creare un precedente in altre regioni, come la Calabria o il Veneto, o che faccia indebolire ulteriormente la presenza del Movimento sul territorio. Dubbi in certa misura legittimi, ma che forse sottovalutano gli altrettanto disastrosi esiti che potrebbe avere sul futuro del Movimento una nuova rovinosa sconfitta elettorale, possibilità – sondaggi alla mano – tutt’altro che remota.