Oggi per noi è un giorno importante, siamo qui a rinnovare il contratto più importante del settore industriale che fornisce tutele ad oltre 1.500.000 metalmeccanici nel nostro Paese. Siamo qui a rinnovare il contratto del 2016 che per noi ha rappresentato un contratto innovativo e unitario. Così il segretario generale Fim Cisl, Marco Bentivogli in una nota.
Non facciamo passi indietro rispetto al contratto del 2016, abbiamo fatto cose positive ma è bene che partiamo dalle cose che sono andate bene. Il contratto dei metalmeccanici – continua Bentivogli – ha sempre tutelato il potere d’acquisto dei salari, ma la contrattazione aziendale non è aumentata nelle imprese metalmeccaniche e questo ha determinato che il salario reale, di fatto, rispetto alla produttività non è cresciuto. Le imprese non hanno creduto e non hanno investito sulle relazioni sindacali e sulla contrattazione decentrata. Abbiamo, con la contrattazione nazionale, tutelato il salario minimo, tenendo conto dell’Ipca, ma non c’è stata mai una reale ridistribuzione della produttività. Per questo, la richiesta d’incremento dell’8% va oltre i dati inflattivi dell’Ipca, ma all’interno degli spazi dell’accordo interconfederale che consente di andare oltre.
Bisogna decidere su quale livello di crescita si vuole andare. Dobbiamo introdurre elementi di certezza nella diffusione della contrattazione aziendale, non è più accettabile che la contrattazione dia copertura solo al 37% delle aziende. Siamo un paese in cui si lavora di più in termini di orario di lavoro, con bassa produttività e peggiore dal punto salariale. Dobbiamo lavorare su questi aspetti in questo rinnovo per determinare un circolo virtuoso che migliori il salario e le tutele dei metalmeccanici. Noi come Fim accettiamo la sfida della produttività che non è solo la sfida delle imprese ma è soprattutto un nostro tema visto che se non c’è produttività le aziende chiudono, bruciando posti di lavoro.
Il diritto soggettivo alla formazione può essere una risposta se si vuole entrare nella via alta della competitività ma deve essere affrontato in modo serio e non come spot, costruendo un monitor skill per avere un bilancio delle competenze presenti nelle imprese e trasformandole in quelle che noi definiamo “moneta intellettuale”, patrimonio del lavoratore e dell’azienda. Anche sulla formazione abbiamo fatto scelte innovative, ma molte imprese sono state inadempienti nell’applicazione del diritto soggettivo alla formazione, pertanto nel contratto dobbiamo costruire elementi che diano certezza al diritto e che non facciano perdere le ore già previste nel passato contratto. Dobbiamo rinnovare un contratto nazionale delle competenze.
Anche sull’inquadramento professionale siamo fermi al 1973, non abbiamo costruito le condizioni per poter introdurre la riforma del sistema professionale è necessario cambiare il sistema di valutazione delle professionalità, è necessario trovare strumenti oggettivi e trasparenti per misurare la professionalità e premiare il merito. E questo è sempre più urgente rispetto ai grandi cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo del lavoro.
Sui Fondi Previdenziali c’è la necessità di costruire percorsi che diano certezza alle coperture soprattutto per le giovani generazioni che rischiano di esserne scoperte.
La sanità integrativa è stata un elemento di tutela straordinario di coperture, ma dobbiamo migliorare ulteriormente la sua efficacia e rimuovere le situazioni che hanno creato una serie di problematiche ai lavoratori. Con questo contratto dobbiamo puntare sui temi della partecipazione per cogliere le sfide della competizione globale. E’ necessario costruire strumenti di partecipazione a partire dai luoghi di lavoro, anche con strumenti di tutela sociale per accompagnare i lavoratori nelle fase di trasformazione senza che ne subiscano esclusivamente i costi.
Chiediamo poi interventi importanti sull’orario di lavoro per rafforzare gli elementi di fruibilità più efficace e flessibile nella gestione dei permessi, oltre una serie di interventi di miglioramento sulla conciliazione del tempo di vita e di lavoro, di tutela alla famiglia. Su questo fronte va costruita una piattaforma nazionale paritetica di gestione dei flexible benefit perché essi rappresentano una prerogativa del contratto per i lavoratori e le imprese. Occorre lavorare congiuntamente anche per debellare il tema delle molestie sui luoghi di lavoro rafforzando attraverso il contratto la legge sul whistleblowing.
Sul salario pensiamo che si debba recuperare rispetto al resto d’Europa. Per chiudere positivamente questo contratto dobbiamo orientare il negoziato ad una mediazione che punti in alto, dobbiamo farlo anche in tempi rapidi, viste le situazioni di crisi economica e industriale che permangono nel Paese siamo chiamati ad una responsabilità maggiore. La fase che si apre nel Paese è difficile, fare bene e presto un buon contratto è un investimento di crescita per i lavoratori, le imprese, e il Paese. E’ proprio quello di cui ha bisogno oggi l’Italia.