Con l’arrivo di settembre l’estate sembra ormai un ricordo lontano per la maggior parte degli italiani, soprattutto per coloro che tra pochi giorni dovranno tornare sui banchi di scuola. Ma non è nemmeno ancora suonata la prima campanella dell’anno che già si parla di condizioni allarmanti per la scuola italiana, soprattutto sul fronte degli insegnanti precari e dei numerosi posti vacanti. Problemi già presenti negli anni passati, ma aggravati dagli oltre 20 mila insegnanti che quest’anno hanno lasciato la cattedra in anticipo grazie a Quota 100.
Non c’è scuola senza insegnanti. Sembra una frase scontata, eppure la scuola italiana si trova, oggi più che mai, a dover far fronte all’impossibilità di colmare i moltissimi posti lasciati vuoti dagli ex insegnanti, ormai pensionati. I sindacati della scuola parlano chiaro: quest’anno si stima che circa 30 mila posti rimarranno scoperti. Si tratta di un problema complicato: infatti a determinarlo hanno contribuito diversi fattori, dall’aumento del numero di insegnanti in età pensionabile, all’effettiva mancanza di determinate categorie, come i docenti di materie tecniche o gli insegnanti di sostegno, passando per la disattenzione del precedente (e non solo) governo alla scuola e ai suoi problemi, in primis tra tutti quello del precariato.
La “supplentite”: è questa la malattia che affligge la scuola italiana. Basti pensare che per l’anno scolastico 2019-2020 “si attendono – si legge su la Repubblica – almeno 170 mila docenti precari, pari a un quinto dell’intero corpo insegnante”. Cifre ancora più incomprensibili, se si considerano le migliaia di posti vuoti lasciati dagli ex docenti in pensione. La spiegazione sta nella totale assenza da parte delle istituzioni di un programma di trasformazione – riporta ancora la Repubblica – “di parte dell’organico di fatto (chi davvero insegna nella scuola) in organico di diritto (chi è regolarmente assunto)”. Non è un caso infatti che proprio su questa evidente contraddizione nel corso della precedente legislatura siano state presentate ben due interrogazioni parlamentari, la prima da parte della senatrice del Pd Simona Malpezzi e la seconda dalla deputata pentastellata Lucia Azzolina.
Il peso di Quota 100. Come ha sottolineato Malpezzi nell’interrogazione da lei mossa – nella quale si legge “l’esecutivo trova i soldi per mandare in pensione i docenti con Quota 100 e non li trova per sostituirli con i docenti precari” – la possibilità riconosciuta agli insegnanti dal provvedimento firmato Lega e M5S di andare in pensione in anticipo, ovvero dopo i 62 anni di età e i 38 di contributi, ha contribuito di certo ad aggravare il problema. Stando infatti ai numeri, dei 35 mila insegnanti che quest’anno hanno salutato la cattedra in favore della pensione, ben più di 22 mila hanno usufruito di Quota 100. Sarebbe stato logico destinare almeno parte dei posti lasciati vuoti ai precari storici, che invece hanno visto per l’ennesima volta disattese le loro speranze.
A pagarne le conseguenze sono anche gli stessi studenti, che in molte scuole rischiano di restare senza insegnanti. In questo senso infatti a ben poco è servita la decisione dell’ex ministro dell’istruzione Marco Bussetti di immettere in ruolo 58 mila insegnanti. Infatti, la lista dei problemi della scuola italiana annovera tra le sue voci anche la mancanza di un numero sufficiente di insegnanti di sostegno e di docenti di discipline tecniche e scientifiche. Così – si legge su Open – “pur di coprire le ore di lezione previste dal ministero, i presidi dovranno ricorrere all’istituto della cosiddetta ‘messa a disposizione’ o Mad”. Si tratta di un provvedimento, attraverso cui, i presidi, esaurite le graduatorie, possono ricorrere a neolaureati o perfino ad aspiranti docenti non ancora laureati. Ma appare evidente come una soluzione “paracadute” di questo tipo non sia altro che un palliativo, del tutto insufficiente a guarire dai suoi malanni radicati la nostra scuola.