E’ stata presentata l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2019-Consumi e stili di vita degli italiani” (il Rapporto è parte integrante di Italiani.coop, il portale di ricerca e analisi sulla vita quotidiana degli italiani curato dall’Ufficio Studi Coop. Disoccupazione e situazione economica, immigrazione e, con minore afflato eppur presente, ambiente. Sono le priorità dei cittadini italiani rispetto agli altri popoli europei, a volte affini in altri casi diversi, mantenendo comunque un nostro non invidiabile primato. Siamo infatti ancora il popolo più pessimista d’Europa (almeno così la pensa 1 italiano su 2) – spiega il Rapporto – anche per quanto riguarda i nostri figli e il meno ottimista sul futuro dell’Ue anche se ciò non si traduce in una idea di fuga (l’Italiaexit sfiora la mente di appena l’11/% dei nostri connazionali). Una spirale emotivamente negativa che non abbandona il nostro Paese, certo motivata da fattori concreti e indiscutibili.
La situazione economica. Dal Rapporto emerge che la prima metà del 2019 mostra ancora chiari i segni della stagnazione economica e se la recentissima nascita di un nuovo Governo dopo una improvvisa crisi politica di metà agosto cambia repentinamente lo scenario, la variazione attesa del Pil a fine anno anche nella sua versione più ottimistica si attesta appena sopra lo 0 (+0,1%), anche se potrebbe fare meglio già il prossimo anno allungandosi verso il 2020 (+0,7%). D’altronde i fattori di incertezza legati alle guerre commerciali in atto, al fenomeno deglobalization e a una politica monetaria che sembra aver esaurito le frecce al suo arco sono ulteriori minacce all’orizzonte che non possono non colpire l’Europa ma anche e soprattutto il nostro Paese.
I dati. Siamo infatti l’unico tra i grandi (e insieme a noi solo la Spagna che però vanta ben altra vitalità economica) a non essere ancora riuscito a far risalire il reddito pro capite ai livelli pre crisi: un gap di ben 9 punti percentuali ancora nel primo trimestre 2019, mentre la media europea è sopra di oltre 3 punti (con la Germania che svetta di 13, la Francia di 7,3 e il Regno Unito di 5,4).E non è un caso se già nel 2018 dopo 5 anni di aumenti seppur moderati si è assistito a un dietrofront della spesa media delle famiglie che segna sì un +0,3% a valori correnti, – si legge nel Rapporto – ma tenendo conto della dinamica inflazionistica in termini reali la contrazione è pari al -0,9% con ampi divari territoriali (10.000 euro annui separano i consumi mensili delle famiglie del Nord Ovest dalle famiglie delle isole e del sud con in testa i 3020 euro dei lombardi a fronte dei 1902 euro dei calabresi).
Si arresta la spesa anche nell’alimentare dopo 3 anni positivi e si ferma quasi a 5 punti percentuali sotto i livelli pre-crisi. Peraltro, la dinamica dei prezzi alimentari sia lo scorso anno che nei primi sette mesi del 2019 resta perfettamente allineata all’inflazione generale e guardando al medio periodo i prezzi alimentari italiani sono cresciuti meno della media europea. Prudenti e guardinghi, – precisa il Rapporto – gli italiani non solo indirizzano le loro principali voci di spesa a beni di prima necessità e servizi (il 64% dichiara di “spendere solo per il necessario”), ma hanno allentato gli investimenti finanziari privilegiando i depositi bancari e alimentando le loro riserve di liquidità. C’è più denaro circolante rispetto al periodo pre-crisi e continua a aumentare il tasso di risparmio delle famiglie; era il 7,8% nel 2017, l’8,1% nel 2018 e già 8,4% nel primo trimestre 2019.
Sul fronte del lavoro poi – spiega il Rapporto – se è vero che le previsioni sull’occupazione continuano a essere seppur minimamente positive (tasso di disoccupazione che nel 2018 era 10,6% nel 2019 e nel 2020 si prevede al 10,2%) sta di fatto che oggi è la qualità del lavoro a generare più frustrazioni. Lavoriamo quantitativamente come negli altri Paesi mediterranei e dell’Est europeo ma sensibilmente di più del Nord Europa, guadagniamo però decisamente meno di tutti e deteniamo il primato negativo di produttività del lavoro. Il lavoro “povero” porta con sé insoddisfazione in più direzioni; da un lato il 66% dei part time aspirano al tempo pieno (il 50% in più della Germania) dall’altro il 32% a fronte di una media europea del 20% non ritiene di aver raggiunto un equilibrio fra tempo di vita e tempo di lavoro. E infatti il 50% vorrebbe un lavoro più flessibile e in grado di conciliarsi maggiormente con la vita personale.
Chi è classe media, chi viaggia in controtendenza, chi ha paura. Frustrati dal lavoro e dalle difficoltà economiche, ma condizionati anche da una agenda mediatica tutta indirizzata ai fatti di cronaca gli italiani si sentono insicuri e desiderosi di nuove rassicurazioni. Anche se i reati sono in calo e comunque ampiamente inferiori alla media europea solo il 19% (33% di europei) è pienamente convinto di vivere in un posto sicuro. E da questa inquietudine – si legge ancora nel Rapporto – derivano comportamenti conseguenti: in 18 anni sono cresciuti di oltre il 20% i sistemi di allarme installati nelle abitazioni, nel 2018 sono +50% su Google le ricerche da parte degli italiani di “armi per difesa personale”, mentre le licenze per porto d’armi sono cresciute nello stesso arco di tempo di un +13,8%.
Malgrado queste difficoltà 1 italiano su 2 se interrogato non esita ad autocollocarsi nel ceto medio (è la quota più alta d’Europa con un differenziale di 5 punti percentuali nei confronti della Germania e di ben 13 rispetto alla Francia), anche se poi paradossalmente è questo un ceto medio in cui più della metà (52%) lamenta difficoltà a arrivare a fine mese, il 25% è più infelice dei suoi pari grado europei ed è poco convinto di poter migliorare la propria vita se non facendo leva su fattori indipendenti dalla propria volontà come nascere in una famiglia benestante, avere buone conoscenze acquisite o addirittura affidandosi alla fortuna. – sottolinea il Rapporto Coop 2019 – Voglia di rifugiarsi in una nuova “medietà”, in un alone di normalità e questo rinnovato spirito di appartenenza spiega alcuni, sempre più diffusi, comportamenti d’acquisto.
Come risparmiare. La classe media, che rappresenta la metà della popolazione italiana (almeno quella che si dichiara tale), è la stessa che vuole comprare casa ma a prezzi più bassi, sceglie l’utilitaria come auto di famiglia (la Panda è l’auto più venduta nel 2018), fa del vintage la moda del momento, decreta il successo del discount (principale artefice del miglioramento della grande distribuzione nel primo semestre dell’anno rispetto al dettaglio), si ingegna per trovare online modi per risparmiare sulle vacanze o sulla pizza con gli amici.
Coop. “In un quadro di raffreddamento dei consumi e di accelerazione dei trend di fondo nei comportamenti delle persone, Coop ha avviato nel 2019 una revisione profonda delle sue politiche – spiega Marco Pedroni, Presidente Coop Italia – Da un lato abbiamo fortemente potenziato le scelte consumeriste sull’ambiente, sul benessere alimentare e sulla convenienza dell’offerta, dall’altro si è realizzato un cambiamento negli assetti interni di Coop Italia e di ANCC che ci permetterà di affrontare con più forza i nodi strategici del futuro. A fine settembre lanceremo una nuova campagna di informazione e comunicazione che evidenzierà lo stretto rapporto tra i valori di Coop e la sua offerta di prodotti e servizi.”
“Siamo un mondo cooperativo fatto di esperienze imprenditoriali diverse e di risultati diversi, ma siamo anche un’associazione di consumatori che ha a cuore la tenuta del sistema Paese e guardiamo con attenzione alle intenzioni espresse dal nuovo Governo e alle sue azioni conseguenti– afferma Luca Bernareggi, Presidente Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori – Rinnoviamo l’appello a evitare il ricorso alle clausole di salvaguardia; l’Iva è una tassa ingiusta che, con l’attuale calo dei consumi alimentari a fronte di una dinamica di prezzi statica, provocherebbe ulteriori contraccolpi negativi. Riteniamo urgente inoltre attuare una nuova politica sul lavoro che affianchi al reddito di cittadinanza la riduzione del cuneo fiscale. A questo proposito – conclude – c’è un dato nel Rapporto in cui si cita la misura del reddito di cittadinanza come una delle molle che spinge le vendite della Gdo soprattutto al Sud ed è un dato che leggiamo con particolare favore.”