Liberare risorse per abbassare il cuneo fiscale così che le aziende tornino ad investire e favorire le assunzioni. E’ questa una delle proposte presentate dai Consulenti del lavoro ad agosto 2019.
L’introduzione del salario minimo legale in un Paese in cui l’economia ristagna rischia, invece, di aumentare la pressione fiscale e di far perdere di vista il tema cruciale di questi anni post crisi: i mancati investimenti in infrastrutture e tecnologia per rendere più competitive le nostre aziende e più attrattivo il nostro Paese per investitori stranieri. E’ cosi che fa sapere la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in una nota, secondo cui la perdita di posti di lavoro e di ricchezza nazionale in termini di Prodotto interno lordo, la rinuncia ad un vantaggio competitivo figlio delle grandi dorsali dei trasporti e di una più agevole mobilità delle merci sono solo alcune delle conseguenze possibili.
Non solo una sfida. Agganciare il futuro dell’Italia alle Grandi opere, però, non è l’unica grande sfida della nostra economia. – si legge ancora – In un Paese con una disoccupazione al 10% (in calo rispetto al passato ma pur sempre superiore alla media europea), viviamo il paradosso che sempre più aziende non trovano lavoratori adeguatamente formati rispetto alle esigenze di mercato.
Necessità di tecnici. È recente la denuncia di Fincantieri circa la difficoltà di trovare 6000 lavoratori specializzati. Qualche settimana fa era stata, invece, Altagamma, la fondazione che riunisce le imprese dell’alta industria culturale e creativa italiana, a lamentare la mancanza di candidati per oltre 236 mila posti di lavoro nei prossimi anni. – si legge nella nota – Ancora più indietro nel tempo, anche il Bollettino Anpal Unioncamere metteva a fuoco come nei prossimi 5 anni l’industria avrà necessità di 469 mila tecnici. – spiega la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – Investire sulla formazione dei disoccupati per ricollocarli nel più breve tempo possibile appare una sfida soprattutto economicamente sostenibile.
I soggetti avvantaggiati. A beneficiarne sarebbe tutto il sistema: i lavoratori non più disoccupati, le aziende non costrette a far fare i doppi turni ai loro dipendenti, le casse dello Stato non più costrette a finanziare la spesa in politiche passive. La flat tax, come tutto ciò che ha la finalità di abbassare le tasse, non può che essere salutata con favore. Ma non è l’unica strada percorribile. Mettere il lavoro al centro dell’economia – conclude – è invece una condizione necessaria per favorire l’inclusione e la crescita di tutto il sistema Paese.