Il governo Conte bis ha giurato e aspetta l’inizio della settimana per chiedere la fiducia a Camera e Senato. Formata da ministri politici ad eccezione del tecnico Lamorgese al Viminale, la squadra di governo è il simbolo della ricerca di un equilibrio il quanto più possibile stabile tra i partner di maggioranza: Bonafede mantiene il dicastero della Giustizia, Di Maio alla Farnesina, Franceschini alla Cultura e Speranza alla Sanità sono il prodotto di un’alchimia di governo che dovrà essere mantenuta dal premier Conte, di nuovo nel ruolo di garante di un’intesa che regolerà la vita politica del paese nel prossimo futuro.
Lega. Nella Lega i malumori provengono dalla base, quel serbatoio di padani che con la caduta del primo governo Conte vedono allontanarsi l’autonomia differenziata tanto desiderata. Il partito, pubblicamente, fa quadrato attorno a Matteo Salvini ma non mancano esponenti politici critici nei confronti del leader a cui rimproverano di aver sbagliato tempi e modi della crisi. Mentre il governatore del Friuli Fedriga nega i mal di pancia, l’ex sottosegretario Giancarlo Giorgetti ha una visione più scettica dell’operato leghista – forse – per mantenere quei legami con imprenditori e società civile che è valso il 34% alle europee per il partito di Via Bellerio.
M5S. Se prima la frangia più critica all’alleanza con la Lega di Matteo Salvini era rappresentata da Fico e Di Battista, dopo il voto plebiscitario sulla piattaforma Russeau che riflette un appoggio quasi totale da parte degli iscritti al Movimento all’alleanza con il Partito Democratico, tra gli oppositori interni ci sono Gianluigi Paragone che con una citazione di Vasco Rossi esprime la sua contrarietà all’alleanza giallorossa e Davide Barillari che ha organizzato per sabato un incontro con gli esponenti e i sostenitori più critici nei confronti della nuova maggioranza. Non è da trascurare la dichiarazione di Andrea Crippa (Lega) di qualche giorno fa riguardo possibili cambi di casacca tra le fila dei 5 Stelle: “Ho ricevuto diverse chiamate e, da persona educata, ho risposto e ascoltato. Non sto facendo scouting e non mi piace il mercato delle vacche, sia chiaro. Dipenderà dalla coscienza e dalla dignità di tanti senatori e parlamentari del M5S che hanno sempre detto mai col Pd. Non prometto posti in cambio della sfiducia”.
Partito Democratico. La vocazione scissionista della sinistra italiana sembra una chimera che il Partito Democratico non è ancora riuscito a scrollarsi di dosso. Se da una parte il Ministero della Salute è stato affidato a Speranza di Liberi e Uguali per riavvicinarsi a quella sinistra che aveva preso le distanze dalla direzione di Matteo Renzi, dall’altra Carlo Calenda prende la sua strada con “Siamo Europei” di stampo liberal-progressista che vorrebbe diventasse un movimento politico nel quale possano trovare rifugio i riformisti. In casa PD la situazione è piuttosto complessa: la segreteria è in mano a Zingaretti che però non ha il pieno controllo dei gruppi parlamentari in mano ancora a Matteo Renzi, ritenuto da molti uno degli sponsor più importanti per la formazione del Conte bis.