Nell’ultimo anno l’attenzione della politica e dell’opinione pubblica si è concentrata sui temi della sicurezza e delle Forze dell’Ordine, dettando in molti casi anche l’agenda di governo. Tra i ministeri più coinvolti c’è quello dell’Interno guidato, fino a pochissimo tempo fa, da Matteo Salvini. Con i decreti sicurezza e sicurezza bis ora a rischio abolizione da parte della nuova maggioranza di governo che domani e martedì voteranno la fiducia rispettivamente alla Camera e in Senato, si è posta l’attenzione anche sugli operatori della sicurezza che pattugliano le strade e intervengono per garantire i diritti dei cittadini durante la vita di tutti i giorni.
Ma chi sono i poliziotti e come lavorano? Un Commissario Capo di Polizia, che dato il suo compito sensibile preferisce rimanere anonimo, ci fa entrare nei meccanismi della Polizia di Stato.
Qual è il percorso del poliziotto? Quando sei giovane hai dei contatti con le Forze dell’Ordine: posti di blocco, interventi. Questo primo approccio ti avvicina a questo mondo un po’ particolare in quanto ti interfacci con situazioni solitamente complicate anche per chi le vive. È una passione che cresce dentro man mano, attrae nella sua operatività: dall’esterno si conosce solo il classico agente senza magari capire la struttura che c’è dietro. Io ho fatto il concorso per agente, una volta dentro si apre un mondo che non si limita agli interventi ordinari ma che ha in se delle attività che vanno dalla tutela del patrimonio artistico alla polizia giudiziaria e alla tutela dei minori, studiando e laureandomi sono riuscito ad arrivare al grado di Commissario.
Quali sono le motivazioni che spingono ad intraprendere una carriera nella Polizia? Prima di entrare in polizia ho chiesto consiglio e molti mi hanno detto che il poliziotto è più una missione che un lavoro, una volta dentro mi sono accorto che non avevano tutti i torti. Fare il poliziotto più che un lavoro è uno status, tu sei un tutore della legalità. Se assisto ad un reato, anche se non sono in servizio, intervengo non solo per obbligo giuridico perché ancora prima di quello nasce in te un obbligo morale che spinge a tutelare le persone che ti circondano. Non è facile staccare, più sali di grado più hai responsabilità anche e soprattutto verso il personale che gestisci, che vede in te un punto di riferimento e quindi quando torni a casa non puoi dimenticarti di quello che sei, di quello che fatto durante la giornata. Di fatto la tua mente è sempre lì.
Quali sono le competenze necessarie per gestire un commissariato? Ho dovuto studiare per anni a Roma per apprendere i rudimenti del commissario ma la cosa più importante è essere un modello per le persone che gestisci all’interno del commissariato. La Polizia di Stato è una struttura gerarchica: puoi impartire ordini e il personale li deve eseguire. Un conto però è far valere la tua autorità imponendo il ruolo e un altro è essere autorevoli, bisogna utilizzare un approccio che ti consente di essere ascoltato perché il personale riconosce in te una persona giusta, capace, di valore, una persona nella quale riporre fiducia. Se chiedi il 100% al tuo personale devi dare il 150%. È questo essere leader, il grado è importante ma diventi un vero commissario quando il tuo personale ti riconosce come tale.
Quali sono i valori guida delle Forze dell’Ordine italiane? Le attività delle Forze dell’Ordine devono essere condivise da tutti gli operatori della sicurezza perché si ottengono risultati migliori. Il primo valore è lo spirito di sacrificio: bisogna anteporre il lavoro alla famiglia, agli interessi personali. Chi lavora in strada quando comincia un turno non sa se riesce a finirlo perché è un mestiere che ti mette a confronto con la parte più pericolosa della società. Chi sente questo desiderio di aiutare gli altri e di essere al servizio del cittadino sta sempre in prima linea: conosco gente che a 50-55 anni lavora ancora sulle volanti. È un credo, una missione, sacrifici ma anche tante gratificazioni.
Il riconoscimento più bello da parte di un cittadino? Qualche anno fa stavo facendo attività di vigilanza autostradale e la centrale operativa ci ha chiamato perché degli utenti erano stati spinti contro un guardrail da un mezzo pesante durante un sorpasso. Queste persone erano molto anziane e, spaventate, ci hanno contattato. Noi abbiamo subito intercettato il mezzo, abbiamo rilevato diverse violazioni e, grazie al nostro intervento, la coppia è riuscita a farsi risarcire i danni alla vettura. Dopo una settimana il responsabile ha chiamato me e il collega nel suo ufficio dove, sulla scrivania, c’era una scatola di cioccolatini. Me l’ha consegnata dicendomi che era un dono da parte della coppia di anziani. Ti rendi conto che nonostante loro non avessero nessun obbligo nei nostri confronti, ci hanno riconosciuto un qualcosa in più rispetto al mero servizio di sicurezza: mi sono sentito utile e apprezzato.
Molti altri però criticano le Forze dell’Ordine, in alcuni casi si può parlare addirittura di odio. Come dicevo prima è un mestiere molto particolare. Ci sono molte persone che apprezzano e molte che invece tendono a criticare e a rifiutare questa istituzione. Penso che sia più che altro una moda, spesso e volentieri le persone che mostrano ostilità nei nostri confronti sono persone che non conoscono i motivi del loro odio nei nostri confronti. È una questione politica, di schieramento. Il poliziotto, il carabiniere, rappresenta lo Stato. Chi è contro lo Stato se la prende con chi è il primo presidio delle istituzioni. Quel presidio siamo noi.
Quali sono le misure che vi tutelano durante le vostre attività? Il Capo della Polizia, il prefetto Gabrielli, tiene molto a questo aspetto della nostra amministrazione. Ha istituito il concetto di Polizia di Prossimità che possiamo tradurre in questo modo: più le persone ci conoscono più ci apprezzano e ci rispettano, con ricadute positive anche sulla nostra sicurezza. Le ostilità si creano perché i cittadini non ci conoscono. D’altro canto per le azioni operative l’apparato giuridico c’è, ma è difficile prevedere tutte le fattispecie di un’attività così vasta e variegata. Si limita la libertà di chi commette un crimine perché ne abbiamo l’obbligo e la facoltà con lo scopo di tutelare la sicurezza dei cittadini, il problema è la modalità che a volte non viene compresa dai non addetti ai lavori. Le garanzie ci sono ma nella pratica è difficile applicarle.
Quali sono i cambiamenti riscontrati durante la sua carriera in Polizia? Da quando sono entrato nella Polizia di Stato ho notato un cambiamento molto netto per quanto riguarda il tema dell’informatizzazione. L’amministrazione era più burocratica, mentre ora è più snella e veloce, i nostri mezzi di intervento si avvalgono di tecnologie impensabili qualche anno fa. Ci sono software di riconoscimento facciale, sistemi informatici all’avanguardia e banche dati che contengono moltissime informazioni a nostra disposizione. Non è da trascurare però il fatto che se noi ci avvaliamo di tecnologie all’avanguardia lo fanno anche i criminali. Noi innoviamo ma lo fanno anche i nostri antagonisti, l’attività illecita e in particolare la criminalità organizzata ha affinato le proprie armi. È più impercettibile, in un certo senso più pulita: soldi che provengono da attività illecite vengono utilizzati per attività lecite. La mafia investe. Prima era più semplice controllare il fenomeno, adesso, nonostante le città siano blindate con telecamere e strumenti di intercettazione, è necessaria un’attività di indagine molto più raffinata dato anche lo spostamento delle attività illecite dal mondo reale a quello online che mette a disposizione di chi vuole delinquere strumenti che rendono difficoltose le indagini per le quali, comunque, siamo attrezzati.
Come sarà la Polizia del futuro? Una polizia dinamica, in grado di adattarsi. La cosa che ci ha limitato in passato e che ora sta cambiando è l’essere legati a procedure non al passo con i tempi. È necessario semplificare, innovare, è necessaria una polizia vicina al cittadino che ne sappia intercettare i bisogni rispondendo alle loro esigenze.