Roma. La partita post crisi del Governo Conte, in questi giorni, si sta giocando intorno a tre assi. Il primo asse è composto da Grillo, Renzi e Fico i quali sono contrari alle elezioni e propongono un Conte bis e, in alternativa, Fico premier. Il secondo asse. Di Maio, Di Battista, Salvini e, forse, Davide Casaleggio a favore di una riedizione dell’alleanza di governo gialloverde con Di Maio premier e ovviamente no alle elezioni anticipate. Il terzo asse. Il segretario del PD, Nicola Zingaretti, che è quello più convinto della necessità delle elezioni anticipate insieme a Fratelli d’Italia della Meloni.
Questi sono i tre assi in campo. Difficile dire ad oggi quale prevarrà ma si può tentare una previsione sulla base delle analisi dei pro e dei contro.
Il primo asse, in realtà, conviene soprattutto a Renzi che controlla la maggior parte dei parlamentari Pd ma è fuori dai giochi nel partito dove adesso la leadership è nelle mani di Zingaretti. Se si va alle elezioni perderebbe l’ultimo potere di interdizione e la sua meteora politica, almeno nel Pd, sarebbe alla conclusione. I 5S, invece, hanno molto da perdere in questa alleanza: in termini di credibilità politica, non a caso c’è una rivolta sul web dei propri simpatizzanti con pesanti conseguenze in termini elettorali; in termini di tattica politica, poi, in caso di fallimento dell’ipotizzabile governo giallorosso, non avrebbero più spazi di manovra politica, avendo bruciato tutte le possibilità sul campo e si infilerebbero in un vicolo cieco il cui esito porterebbe al definitivo ridimensionamento. Grillo, tuttavia, è il grande sponsor di questa soluzione e il suo peso nel movimento è, ovviamente, fortissimo.
Il secondo asse, per contro, offre più vantaggi e conviene soprattutto ai 5 Stelle. Il primo risultato è che comunque non si tornerebbe alle elezioni anticipiate. In termini di credibilità il problema, semmai se lo porrà soprattutto la Lega che ha avviato la crisi. Nel momento di massima debolezza nei consensi, questo scenario, porterebbero portare il capo politico del Movimento alla massima carica di governo, ossia Di Maio premier. Si sederebbe, così, anche la rivolta del popolo pentastellato rispetto alla prospettiva di un’alleanza “innaturale” con il Pd e la soluzione della crisi vedrebbe i 5 Stelle ancora più forti nelle istituzioni e con meno problemi di coerenza. E il “sacrificio” di Conte passerebbe come il male minore.
Il terso asse è quello di chi ha interesse assoluto ad andare al voto. E qui, il principale interprete è Zingaretti. Un eventuale governo Grillo-Renzi non sarebbe il suo governo ma al contrario il governo del suo nemico esterno, Grillo, e del suo nemico interno, Renzi, che alla fine probabilmente si farà anche il suo partito. Zingaretti è quello che ha il maggiore interesse ad andare al voto, allo stato, e in quest’ottica si capisce bene lo scontro e lo scambio di accuse di questi giorni raggiungendo l’apice con il famoso audio di Renzi dove si sente l’ex leader del Pd accusare pesantemente Gentiloni di fare il doppio gioco e di volere sabotare l’accordo con i 5 stelle e che questo fatto, probabilmente, porterebbe alle eventuali elezioni renziani e piddini su sponde diverse. Tra pochi giorni, grazie all’ultimatum del Presidente Mattarella, vedremo chi avrà “vinto”.