“Meno assistenza, più programmazione. E’ semplice, se solo ci fosse la volontà”, dichiara Adriano Giannola, presidente del Svimez dopo la presentazione del Rapporto su L’economia e la società del Mezzogiorno, diffuso il primo agosto. Un Rapporto che disegna un’Italia divisa a metà, spezzata in cui torna ad allargarsi il divario tra Sud e Centro-Nord, dopo un triennio 2015-2017 di seppur debole ripresa del Mezzogiorno.
“Al Centro-Nord il Pil dovrebbe crescere poco, dello 0,3 per cento, mentre nel Mezzogiorno l’andamento previsto è un calo dello 0,3 per cento”. Dati scoraggianti visto che nel 2018 il Sud ha fatto registrare una crescita del Pil dello 0,6 per cento, rispetto al più 1 per cento del 2017, si sottolinea come emerga una ripresa debole, in cui peraltro si allargano i divari di sviluppo tra le aree del Paese.
Il saldo migratorio è una delle emergenze del Sud. Soprattutto perché il Rapporto mette in luce come gli emigrati dal Sud tra il 2002 e il 2017 sono stati oltre 2 milioni, di cui 132.187 nel solo 2017. Dal Rapporto Svimez emerge che questi ultimi 66.557 sono giovani (50,4 per cento, il 33 per cento dei quali laureati). Il saldo migratorio interno, al netto dei rientri, è negativo per 852mila unità. Nel 2017 sono andati via 132mila meridionali, con un saldo negativo di circa 70mila unità. “La ripresa dei flussi migratori è quindi la vera emergenza meridionale, che negli ultimi anni si è allargata anche al resto del Paese. I nostri giovani se ne vanno. E devo dire ormai neanche più solo i più giovani. Ma soprattutto così si crea una grande disuguaglianza sociale. Chi se ne va, se ne va con titoli, master. E’il nostro capitale umano. Creando così un effetto di discriminazione sociale: una selezione sociale che paghiamo noi, in termini di qualità e produttività. Chi rimane è meno qualificato. Questa sì che è una vera emergenza per il nostro sistema Paese”, racconta Giannola.
Nel report si legge ancora come la dinamica dell’occupazione al Sud presenta dalla metà del 2018 una marcata inversione di tendenza, con una divaricazione negli andamenti tra Mezzogiorno e Centro-Nord. Gli occupati al Sud negli ultimi due trimestri del 2018 e nel primo del 2019 sono calati di 107 mila unità (-1,7 per cento), nel Centro-Nord, invece, nello stesso periodo, sono cresciuti di 48mila unità (+0,3 per cento).
“E’ un’emergenza strutturale. Di fatto – continua il Presidente – il Mezzogiorno, in termini di risorse è limitato a una prospettiva di sviluppo. Non si investe in infrastrutture, in servizi, in formazione. Manca un piano straordinario di investimenti per il Sud. C’è solo una forma di assistenzialismo, una vera fuga di responsabilità da parte del Governo centrale. Una visione miope e poca progettazione e zero politiche industriali. Abbiamo un Sud a bagnomaria. Abbiamo isolato una parte del Paese, come possiamo pensare che il Paese tutto, possa crescere?
“Le bugie poi, da sfatare – precisa Giannola – tra Nord e Sud sono infinite. In primis: è un’illusione che le risorse al nord diano una contributo generale. Diciamo pure che invece non essendo ben orientate non hanno efficacia sul totale. Poi è falso che lo Stato per il Sud spenda più che per il Nord: la spesa pubblica pro-capite nel Sud è pari a 13.394, al Nord pari a 17.065. E’ evidente che in alcuni settori spendono molto di più del Mezzogiorno. Un esempio: infrastrutture, l’alta velocità per esempio. L’autonomia differenziata potrebbe avere quale effetto su questa forbice, dunque. Serve, invece, un processo di riequilibrio così staremo meglio tutti”.
Un Sud, dunque, che si allontana sempre più dal Nord e dall’Europa, con la paura di una nuova stagione di recessione economica. “Un Paese fermo. Per questo l’unica soluzione è un piano straordinario di investimenti per il Sud, anzitutto in infrastrutture sociali e per la mobilità. Le grandi opere di cui ha bisogno il Mezzogiorno si chiamano scuole, ospedali, asili nido e poi strade e reti ferroviarie che colleghino non solo il Sud con il Nord, ma soprattutto i territori meridionali tra di loro, con servizi efficienti e di qualità”, conclude Giannola. Perché se muore il Sud, muore l’Italia.