“Per film occorre intendere ogni registrazione d’immagini in movimento, con o senza accompagnamento sonoro, quale che sia il supporto: pellicola cinematografica, nastro video, videodisco, od ogni altro procedimento conosciuto o da inventare”. Così la FIAF (Fédération Internationale des Archives du film) definisce l’opera cinematografica. Ma, al di là di definizioni puramente tecniche, un lungometraggio ha in sé molto di più. Questa sequenza di immagini nasconde il lavoro, la passione e l’impegno di professionisti dei vari settori, che compongono la troupe. Primo fra tutti il regista.
Figura fondamentale nella realizzazione del progetto cinematografico, il filmmaker è il responsabile artistico, nonché il coordinatore di un film. Il suo lavoro permette il passaggio dalla carta allo schermo. Le sue mansioni spaziano in ambiti apparentemente diversi, dalla sceneggiatura alle riprese, fino al montaggio. “In Italia, ma direi anche in Europa, la figura del regista è leggermente diversa da quella che, per esempio, c’è negli Stati Uniti – spiega Daniele Luchetti, regista e sceneggiatore italiano – Normalmente da noi il filmmaker è colui che ha, nella maggior parte dei casi, la responsabilità dell’ideazione del film o, comunque, che lo segue dal momento della scrittura fino all’uscita, compiendo tutte le scelte artistiche e condividendone alcune con il produttore. Dalla selezione dei collaboratori fino alle scelte artistiche sul film, che significa sostanzialmente dargli un’identità. Lo stesso film, – continua Lucchetti – a parità di collaboratori e di cast, diretto da due registi diversi è un’opera diversa. Il regista è la personalità del film. Diversamente dal cinema americano, dove la maggior parte delle scelte è quasi appannaggio della produzione. Il regista diventa allora essenzialmente il direttore del set. Questo, però, ha mille sfumature e il limite non è assoluto”.
Seguire il percorso creativo che porta alla realizzazione dell’opera cinematografica significa sovrintendere ogni singola fase di lavorazione dell’opera. Selezionare un soggetto da proporre al produttore, elaborare uno script in collaborazione con lo sceneggiatore, scegliere gli attori, aiutare gli interpreti nel comprendere il proprio ruolo e guidarli durante il girato sono solo alcune delle mansioni svolte da un cineasta. Abile conoscitore delle tecniche di ripresa, il direttore artistico cura e dirige le attività degli addetti alle riprese, dai cameraman ai tecnici, per poi partecipare al montaggio del film.
Oggi, l’evoluzione tecnologia che ha investito il cinema permette a chiunque di realizzare cortometraggi o lungometraggi a costo zero. Ma registi non ci si improvvisa, “La tecnologia è stata un apparente vantaggio; se vogliamo usare un paragone che semplifichi, oggi girare un film è un po’ come scrivere un libro: tutti possono farlo, basta un foglio di carta ed una penna, però questo non fa di noi necessariamente degli scrittori”.
Ma qual è il percorso formativo volto alla preparazione di una figura professionale così completa? È necessaria una laurea in discipline cinematografiche. In tal senso, in molte città italiane, come Firenze, Torino e Bologna, sono attivi i corsi di laurea del DAMS (Discipline dell’Arte, delle Musica e dello Spettacolo). Inoltre, nella capitale ha sede l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico (www.accademiasilviodamico.it), istituzione di alta cultura di livello universitario per la formazione di attori e registi. L’istituto statale, oltre ad un corso triennale in recitazione, propone un indirizzo per il conseguimento del Diploma Accademico di I livello in Regia.
Imparare l’arte della regia richiede, però, competenze e conoscenze approfondite e in costante aggiornamento. Per questo, il percorso accademico dev’essere poi integrato a corsi di formazione specifici post-laurea.
A Roma, la Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia (www.fondazionecsc.it) offre un percorso didattico orientato alla preparazione di futuri professionisti del settore, consentendo agli allievi di sviluppare le proprie attitudini. “Quando ho iniziato a muovere i primi passi in questo mondo, la formazione era molto incentrata sulla conoscenza della storia del cinema, poco sulla tecnica e, soprattutto, poco sull’elemento umano-narrativo – asserisce Luchetti, che, in qualità di docente responsabile del corso di regia, ci illustra il suo metodo di insegnamento – Oggi cerchiamo di riequilibrare questo squilibrio e di mettere sullo stesso piano non solo la conoscenza del cinema contemporaneo o classico, ma di utilizzare quest’ultimo per illuminare i percorsi umani e narrativi che si nascondono dietro. La maggior parte dei film classici che ci piacciono, infatti, hanno dentro delle motivazioni psicologiche e umane, che spesso passano in secondo piano quando l’opera viene inquadrata dal punto di vista critico”.
Ma al di là della formazione, indispensabile per un aspirante regista è avere materia prima da raccontare, “È importante avere una personalità, un proprio punto di vista sulla vita. Questa è l’unica cosa che non si impara e che cerchiamo affannosamente: qualcuno che sia diverso dagli altri. La storia del cinema si insegna, così come la tecnica, ma il punto di vista sulle cose non te lo insegna nessuno. Ho ce l’hai o non ce l’hai. Per questo, cerco di scegliere degli studenti che abbiano delle qualità umane e che non si pongano semplicemente come repliche di un cinema già fatto. Qualcuno in grado di generare un prodotto personale”.
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