Milano – La determinazione dei minimi salariali è oggi di competenza delle parti sociali – non c’è nessuna legge in tal senso – attraverso i contratti collettivi nazionali di lavoro. I minimi salariali, quindi, che dovrebbero garantire un’equa retribuzione in rapporto al costo della vita sono gli stessi da Palermo e Milano. Tale omogeneità nazionale, in realtà, è fonte di evidenti disuguaglianze perché il costo della vita nel nostro Paese è differente tra regione e regione e soprattutto tra le grandi aree geografiche dell’Italia: Nord, Centro e Sud. La centralità del contratto nazionale non tiene conto delle differenze connesse al potere d’acquisto differenziato a livello territoriale producendo, così, un ingiusto squilibrio del salario reale.
La nostra Costituzione attribuisce un compito ed una responsabilità immensa alle parti sociali – sindacati e imprese -, ossia la determinazione di un sistema di diritti e doveri con l’intento di garantire ai cittadini per il tramite del lavoro un’esistenza “libera e dignitosa” in un’ottica di “non discriminazione”, il tuttotenendo a mente l’esercizio dell’attività d’impresa che, anch’esso tutelato dalla Carta Costituzionale, diventa lo strumento necessario, allo scopo.
“La proposta di introdurre un salario minimo per legge – dichiara Francesco Rotondi, Avvocato, Giuslavorista, Managing Partner di LabLaw– presenta lo steso vizio della contrattazione nazionale: si basa sull’idea errata di un costo della vita uguale in tutte le parti d’Italia. Un grave errore fonte di ingiustizia. Se salario minimo per legge deve essere ebbene che sia calibrato al reale costo della vita delle singole regioni d’Italia. O meglio è bene che s’introduca un salario minimo su base regionale”.
L’appiattimento retributivo nazionale così come visto è un dato solo italiano. In nessun’altra parte d’Europa è prevista un’omologazione delle retribuzioni su scala nazionale. Per fare due esempi. Nel land della Germania dell’Est del Meclemburgo un lavoratore prende il 62 per cento dello stipendio rispetto ad un omologo del land più ricco dell’Assia. Nel Galles, dove il costo della vita è più basso, un lavoratore ha una retribuzione del 63 per cento rispetto ad un altro che vive a Londra e dove il costo della vita è notevolmente più alto. Non solo, ma se si guarda al dato della produttività, secondo i dati Istat, un lavoratore in Lombardia produce 60,8 mila euro di valore aggiunto contro i 42 mila di un lavoratore in Calabria. Un divario di produttività del 30 per cento. Tale specificità solo italiana, porta a conseguenze paradossali in cui il tasso di povertà medio in Lombardia è giunto al 9 per cento contro il 7 per cento della media nazionale.
“La via per applicare il principio costituzionale di non discriminazione, – spiega Francesco Rotondi -, è legare la determinazione dei minimi salariali alla dimensione territoriale, quella più vicina alle reali condizioni delle imprese e dei lavoratori. In virtù di tale convinzione, ho elaborato un progetto di legge regionale presentato in Regione Lombardia che stabilisce la competenza della determinazione dei mini salariali a livello territoriale e financo aziendale. Le ragioni a sostegno di tale proposta sono innumerevoli, ma per tutte valga la mancata considerazione degli elementi territoriali e produttivi nel contratto nazionale che sono alla base di una corretta determinazione del costo della vita reale. Il presente disegno di legge si applica alle relazioni industriali sia del settore privato che pubblico, altrimenti alimenteremmo ancora ingiustificate disuguaglianze”.
Dal punto di vista economico e sociale si è potuto apprezzare che la differenza territoriale basata su indici collegati al costo della vita nonché alla produttività ha consentito un riequilibrio di eguaglianza e giustizia sociale con effetti positivi sia in termini di recupero di efficienza produttiva che di occupazione. In particolare occorre che vi sia coincidenza fra le differenze retributive e la differenza in termini di produttività, cosa che attualmente in Italia non avviene: il potere d’acquisto del salario minimo è più alto dove la produttività è più bassa.
I punti principali del progetto di legge in tal senso.
Individuazione dei salari minimi.I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello territoriale (regionale) I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello territoriale (regionale) dalle associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano territoriale, determinano le retribuzioni minime dei lavoratori appartenenti ai vari settori produttivi. La determinazione deve avvenire in base al potere di acquisto effettivo espresso per il territorio da un coefficiente ISTAT (indice regionale del costo della vita), nonché dall’indice di produttività territoriale.
Contrattazione aziendale. La contrattazione collettiva aziendale determinerà tutti gli ulteriori elementi retributivi (diversi dal minimo) anche in relazione all’andamento della redditività e/o produttività dell’azienda.
Diversi livelli di contrattazione. In caso di contrasto fra contratti collettivi di diverso livello, la supremazia spetta a quello più vicino al luogo di lavoro.
Pubblico Impiego. La presente legge si applica anche al sistema di relazioni sindacali del comparto pubblico. A tal fine, sulla base della normativa vigente, saranno individuati i soggetti a livello regionale e territoriale dotati della rappresentanza e rappresentatività necessaria per la sottoscrizione di detti accordi.