Il mondo del lavoro è sempre più dipendente dall’utilizzo della tecnologia e l’intelligenza artificiale viene vista come un’opportunità e come uno strumento utile, la cui applicazione porterebbe senza dubbio dei benefici e la possibilità di migliorare significativamente lo svolgimento delle attività quotidiane. L’adozione, per altro ancora limitata allo stato attuale, di soluzioni basate su algoritmi e sistemi di riconoscimento di voce e gesti all’interno delle imprese si porta dietro da tempo la discussione sui reali impatti che l’AI genererà nel tessuto organizzativo di un’azienda. Tanti gli studi che hanno fatto luce sulla questione e fra questi c’è anche il rapporto Tech Skills 2019 diffuso da Docebo, multinazionale italiana specializzata nel campo delle piattaforme di e-learning. I messaggi emersi dall’indagine che ha interessato 400 dipendenti italiani adulti (uomini e donne) dicono sostanzialmente che il grado di accettazione dell’intelligenza artificiale è molto elevato. L’84% dei dipendenti ritiene infatti che questa tecnologia avrà un impatto sullo svolgimento del proprio lavoro nel prossimo futuro e il 69% è dell’idea che l’AI e l’automazione dei processi in genere venissero introdotte all’interno della propria azienda si avrebbe un impatto positivo sulle attività quotidiane, fornendo un supporto importante per portare a termine i propri compiti in modo più efficiente.
Formazione tecnica cercasi. Lo studio di Docebo ha quindi approfondito il grado di percezione che i lavoratori italiani hanno delle proprie abilità tecniche, quanto si sentono preparati nell’utilizzo delle nuove tecnologie e se ritengono di aver ricevuto una formazione sufficiente per massimizzare l’efficienza del proprio lavoro. Ebbene, circa un terzo del campione (il 30% per la precisione) ha ribadito la necessità di percorsi di training per le tecnologie che non utilizza attualmente in azienda e il 20% ha confermato come il proprio datore di lavoro non offra formazione tecnica. Un altro dato significativo, secondo gli autori del rapporto, è nel 10% di lavoratori che teme di poter perdere il lavoro da un momento all’altro e nel 14% degli addetti che riscontra mancanza di opportunità di apprendimento. Il 57% del campione, invece, nel caso potesse scegliere, desidererebbe maggiore formazione nell’utilizzo delle nuove tecnologie piuttosto che migliorare le competenze trasversali (le cosiddette soft skill) e un’identica percentuale di lavoratori vorrebbe ricevere un training rafforzato nell’ambito dell’analisi dei dati, del coding e del software in genere. Se il 54% degli intervistati afferma che il datore di lavoro ha introdotto una nuova tecnologia o un processo basato sulla tecnologia per quanto concerne il proprio lavoro, infine, il 40% afferma il contrario. E questo, secondo gli esperti di Docebo, è un gap sicuramente da colmare. Le competenze sono una risorsa fondamentale per qualsiasi organizzazione e una strategia di formazione continua, orientata allo sviluppo e alla valorizzazione di tali competenze, rappresenta un’opportunità per motivare, coinvolgere e trattenere in azienda i migliori talenti, ottimizzando i risultati di business.
“Formare è una priorità assoluta”. È interessante notare, si legge ancora nella nota che accompagna lo studio, come il 38% dei rispondenti affermi di aver ricevuto formazione ma di averne bisogno in quantità maggiore e come quasi il 7% assicuri di non aver mai ricevuto una formazione adeguata. La corsa all’aggiornamento delle competenze, insomma, è scattata ma non sempre viaggia così spedita come dovrebbe. Eppure, come ha sottolineato il Ceo di Docebo, Claudio Erba, “i dipendenti sono il punto di forza di un’azienda e far crescere le persone deve essere una priorità assoluta. Per questo occorre che ogni organizzazione investa sulle proprie risorse umane scegliendo strumenti di formazione in grado di offrire contenuti accessibili e personalizzati in linea con i cambiamenti e garantire ai dipendenti le competenze necessarie per eccellere nel mondo digitale”.