Per colmare il Gender Gap nel mondo potrebbero volerci 108 anni: secondo il Global Gender Gap Report 2018 del World Economic Forum la capacità di colmare le differenze fra uomini e donne a livello mondiale è del 68%. Dal 2006 ad oggi la riduzione del gender gap è stata complessivamente del 3,6% con il 38% dei paesi che ha avuto addirittura un peggioramento. Con questo andamento, potrebbero volerci fino a 108 anni per colmare le differenze di genere.
L’Italia guadagna 12 posizioni rispetto al 2017 nella classifica WEF sulle differenze di genere, ma resta al 17° posto in Europa: secondo lo studio annuale del WORLD ECONOMIC FORUM (Global Gender Gap Report 2018) il GENDER GAP INDEX, che misura le differenze di genere in campo sanitario e della salute, della partecipazione e opportunità economiche, dell’istruzione e della partecipazione politica, è nel nostro paese pari a 70,6% (dove 100% indica la parità raggiunta). A livello mondiale l’indice medio è del 68%. Su 144 paesi siamo settantesimi, al pari di Honduras e Montenegro e poco davanti a Tanzania e Capo Verde. Prendendo a riferimento solo l’rea relativa all’Europa Occidentale, siamo al 17° posto su 20 paesi, davanti solamente a Grecia, Malta e Cipro.
Secondo i dati WEF, la partecipazione politica e quella economica delle donne hanno nel nostro Paese livelli del tutto insufficienti. Ma mentre la prima ci vede comunque nel gruppo di “testa”, la seconda ci vede al 118° posto in classifica su 144 paesi: secondo il Global Gender Gap Report 2018 del World Economic Forum, passiamo dal 46° al 38° posto nell’area della “Valorizzazione politica”, ma la capacità di colmare il gap resta ad un valore molto basso pari al 26,7%. Per quanto riguarda le altre aree del Gender Gap, l’Italia ha sostanzialmente raggiunto la parità nel campo della salute e dell’istruzione, mentre resta molto da fare in ambito politico e economico. (Più il valore è vicino a 1 e più il gap è colmato). Molto grave invece il campo delle opportunità per le donne nella sfera economica, dove il nostro paese resta fermo al 118° posto della classifica. L’aspetto più critico della bassa partecipazione economica delle donne in Italia è il c.d. Gender Pay Gap:l’indice medio a livello mondiale per quanto concerne l’equità di salario a parità di lavoro fra maschi e femmine è del 64,5%. In Italia siamo fermi al 51,2%. (126° posto nella classifica del World Economic Forum).
Il mercato del lavoro italiano. Il Gap fra uomini e donne nel mercato del lavoro rischia di accrescersi per gli effetti di automazione e digitalizzazione dell’economia: da una parte la trasformazione digitale impatterà soprattutto occupazioni tradizionalmente appannaggio delle lavoratrici, dall’altra le donne sono ancora in ritardo per quanto concerne le competenze c.d. STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), che sono quelle che offrono maggiori sbocchi in termini occupazionali. Dal 2008 a oggi sono cresciute le percentuali di occupate e di forza lavoro femminile, ma il tasso di disoccupazione femminile risulta ancora fra i più alti del mondo: secondo ISTAT dal 2008 al 2018 la forza lavoro femminile è salita del 9,3% e il numero di occupate è salito del 5,4%. Tuttavia, il tasso di occupazione delle donne è ancora minore rispetto a quello degli uomini (49,5% contro il 67%) e quello di disoccupazione è fra i più alti del mondo con un valore del 12,5% che ci colloca al quarto posto su 34 paesi dell’OECD.
Il gender salary gap in Italia. A parità di lavoro con un collega uomo, in Italia è come se una donna cominciasse a guadagnare dalla seconda metà di febbraio: dal 2016 al 2018 la differenza retributiva è diminuita del 2,7%, ma resta comunque ampio il gap che è di 2.700 euro lordi pari al 10% in più a favore degli uomini. Questi valori, secondo Eurostat, ci posizionano al 17° posto su 24 paesi per ampiezza del Gender Pay Gap nel settore privato. L’accesso delle donne alle posizioni apicali resta ancora molto basso, ma con lievi miglioramenti rispetto al passato:secondo ISTAT dal 2008 al 2018 la percentuale di dirigenti donna è passata dal 27% al 32%, quella dei quadri dal 41% al 45%. Considerando solamente i dipendenti di aziende private, escludendo i dipendenti della pubblica amministrazione, la situazione peggiora. La Rilevazione Trimestrale sulle Forze Lavoro ISTAT dice che la percentuale di dirigenti donne è del 15%, quella dei quadri il 29%.
Il Gender Pay Gap cresce al diminuire della categoria contrattuale ed è più alto fra gli impiegati e gli operai, che fra i dirigenti ed i quadri: negli ultimi tre anni la situazione è in lento e costante miglioramento per tutte le categorie contrattuali, ma in modo particolare per i dirigenti. Dal 2016 al 2018 il Gap fra i dirigenti si è ridotto del 4% mentre negli altri inquadramenti è rimasto in un range tra lo 0,6% e il 2,7%. Una donna guadagna meno di un collega maschio sia a parità di ruolo professionale, che a parità di settore d’impiego: da un’analisi statistica condotta sul database di JobPricing, nel 77% dei casi gli uomini hanno retribuzioni superiori alle donne e questa situazione è estesa a tutti i settori professionali. Quando gli uomini guadagnano più delle donne il gap a loro favore può arrivare al 20%. Se invece sono le donne ad avere una retribuzione migliore il gap a loro favore arriva al massimo all’8%. Gli unici due settori dove in media le donne risultano avere stipendi superiori sono edilizia e utilities (dove tuttavia l’effetto potrebbe essere determinato dalla bassa rilevanza statistica del genere, dato il numero molto ridotto di donne occupate in queste industry).
Le donne in Italia studiano di piu’ (nel 2018 erano il 54% del totale dei laureati), ma privilegiano studi che hanno minori prospettive occupazionali e retributive:il Gap retributivo è più alto fra laureati (anche superiore al 30%) che fra non laureati. Il motivo è probabilmente duplice: 1 – le donne scelgono per lo più percorsi formativi con prospettive di carriera e stipendio inferiori (in particolare, sono poche le diplomate e laureate con profili tecnici e dell’area c.d. STEM); 2 – le donne laureate sono “più giovani”, nel senso che da meno anni hanno accesso di massa all’istruzione terziaria, e quindi per la maggior parte sono in una fase del loro percorso professionale che non ha ancora visto maturare le opportunità di carriera e di retribuzione collegate al titolo di studio. Il secondo motivo lascia uno spiraglio di speranza, se si considera il trend del gap tra laureate e laureati in continua diminuzione dal 2014 ad oggi (36,9% – 30,5%). L’istruzione accelera la crescita retributiva delle donne, ma anche la distanza dagli uomini:il gender pay gap cresce al crescere del livello di istruzione, dal 6% per i diplomati di scuola professionale fino a oltre il 40% per i diplomati con master di 2° livello
Le donne sono mediamente meno soddisfatte degli uomini riguardo le loro retribuzioni, ma i motivi che spingono a cambiare lavoro sono gli stessi: secondo il Salary Satisfaction Report 2019 dell’Osservatorio JobPricing, su un indice che va da 0 a 10 in cui 10 rappresenta la massima soddisfazione, le donne risultano meno contente degli uomini (3.3 contro 4.3) e le valutazioni più negative riguardano “l’equità interna” (3.4) e la “performance e retribuzione” (3.2). Tuttavia, i motivi che spingono l’uno o l’altro sesso a cambiare lavoro sono variano poco, sebbene le donne sembrano più sensibili alla flessibilità ed alle opportunità di formazione e di sviluppo rispetto ai colleghi uomini, che sono più inclini a valorizzare aspetti con risvolti economici più immediati.