Nel mondo digitale ed in un mondo che ormai con fare quasi modaiolo definiamo VUCA, la parola d’ordine è “less”, cioè “meno” o meglio “senza” (Leaderless = senza Leader). Esatto: il Leader del futuro è meno Leader, meno capo, ma soprattutto meno controllo, visto che comunque quello ce lo scordiamo. Questo non significa far andar tutto alla deriva e nemmeno non sapere che pesci pigliare in tutto sto navigare nel mare della volatilità, dell’incertezza, della complessità e dell’ambiguità. Leaderless ovvero “without” Leader che pensino “ti dico io come fare”, “il capo sa certamente di più” oppure “il capo è il più esperto di tutti” (situazione tra l’altro che ha portato in tante aziende ad avere pessimi Leader che avrebbero semplicemente dovuto rimanere a fare gli specialisti). Leaderless significa soprattutto avere la “capacità del non”. Non cosa? Direte. Non, punto. La capacità del non è proprio ardua da imparare, soprattutto per chi è abituato a fare il manager e a dirigere e gestire e dare ordini a destra e manca. Cerco di riassumere brevemente quello che intendo e quali sono i non più importanti.
La capacità di non conoscere. E qui si apre il primo capitolone. Per un manager che ha sempre fatto i numeri con il suo gran bel gestire e con i piani strategici quinquennali, non è affatto semplice. Qui, infatti, è richiesta una competenza mica da ridere: da un lato i Leader devono accettare umilmente un dato di fatto e cioè che non possono sapere dove andremo con certezza a parare in questa mutazione digitale e quindi devono tollerare – e sottolineo la parola tollerare – di non sapere. Ma non finisce qua. D’altro canto, quindi, devono pure essere in grado di disimparare il superfluo e soprattutto tutto ciò che è vecchio e frenante, gli schemi adottati fino ad ora, le regole che valevano prima ed i processi che non funzionano più. In altre parole, devono imparare a disimparare. Una volta che ci siamo ripresi da questo choc di cultura manageriale, che trovava fondamenta solide dai Malik e Drucker o Kotler della situazione, possiamo continuare con il secondo non.
La capacità di non esserci. Nel senso che come Leader vieni pagato, e spero pure bene! Altrimenti perché prendersi pure maggiori responsabilità? Ma praticamente devi imparare a non stare tra i piedi dei tuoi collaboratori in continuazione ovvero devi saper lasciar andare. Capiamoci, non intendo che adesso il Leader si vada a fare una partitina a Golf e lasci i suoi collaboratori a sgobbare sotto il caldo di luglio, ma intendo la capacità di lasciar andare, un po’ come quando lasci tagliare la carne da solo a tuo figlio (e attenzione che qualcuno la taglia ancora ai figli di dieci anni!). Ma adesso tocca al terzo “non”.
La capacità di non produrre. Ok direte, ma adesso un Leader, magari pagato pure il doppio dei suoi collaboratori, deve pure non produrre? E il bonus come se lo guadagna? Creando valore. Quello deve essere il suo prodotto. Valore per il cliente, valore per i suoi collaboratori, valore per l’azienda, valore per i fornitori, valore per l’intero ecosistema. La parola “valore” deve diventare un mantra che risuona come il gong di un tempi buddista.
Il quarto non. Ultima chicca, e di questa vado davvero fiera anche se, lo ammetto spudoratamente, devo esercitarmi un pochino di più pure io su questo ultimo “non”. Diciamo che la consapevolezza è già un buon punto di partenza, ma questo è un altro tema. Ritorniamo all’ultima perla della quarta ostrica, il “non” più importante: la capacità di non parlare. Mia nonna Germana diceva “Magna e tasi” che in dialetto trentino significa “mangia e taci”. Nel nostro caso potremmo dire: “Osserva e tasi”. Sì insomma, ma perché, come capi, sempre e comunque dobbiamo dire la nostra? Perché durante un colloquio di valutazione con il collaboratore dobbiamo sentirci in dovere ed obbligo di parlare per il novanta per cento del tempo senza poi aver capito un piffero delle motivazioni del nostro collaboratore?
“L’arte della Guerra”, libro maestro per molti manager (ed alzi la mano chi non lo ha letto o non si è almeno messo nei buoni propositi di inizio anno di leggerlo), non serve più nel mondo VUCA. Bam, superato. Quindi se non lo hai letto, leggilo per capire perché sto dicendo che è superato altrimenti non potrai replicare che sto dicendo una “cazzata”. Anzi, si può scrivere così oppure vengo censurata? Insomma, direi che “cazzata” nel mondo dei manager è un po’ come il “petaloso” di quel bambino che poi lo ha fatto diventare un termine da dizionario. Fa parte del vocabolario manageriale no? Comunque (ecco parlo, anzi, scrivo troppo), fatto fuori il nostro Sun Zu dell’arte della guerra, con qualcosa o meglio qualcuno dovremo pure sostituirlo. No problem, salta fuori dal cilindro magico del VUCA moderno, l’Abate Dinouart. Altra arte la sua, ma perfettamente pertinente all’ultimo “non”: l’arte di tacere!
Ecco i principi del nostro Abate. – Che poi chissà perché gli Abati come i Monaci avevano sempre ragione e una cosa scritta nel 1771 nel 2019 è vera più che mai. – Vi anticipo che dei quattordici principi i miei preferiti per far fronte come Leader con una buona dose di Leaderless a favore di più “ship” ovvero Leadership per ogni singolo collaboratore sono i principi numero tre e sette. Mi taccio, mi armo della “capacità di non esserci” per portarvi così ad esplorare da soli perché nel mondo VUCA, per me, questi due principi sono molto importanti.
Principi di Dinourt necessari per tacere.
1 – È bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del silenzio.
2 – Esiste un momento per tacere, così come esiste un momento per parlare.
3 – Nell’ordine, il momento di tacere deve venire sempre prima: solo quando si sarà imparato a mantenere il silenzio, si potrà imparare a parlare rettamente.
4 – Tacere quando si è obbligati a parlare è segno di debolezza e imprudenza, ma parlare quando si dovrebbe tacere, è segno di leggerezza e scarsa discrezione.
5 – In generale è sicuramente meno rischioso tacere che parlare.
6 – Mai l’uomo è padrone di sé come quando tace: quando parla sembra, per così dire, effondersi e dissolversi nel discorso, così che sembra appartenere meno a se stesso che agli altri.
7 – Quando si deve dire una cosa importante, bisogna stare particolarmente attenti: è buona precauzione dirla prima a se stessi, e poi ancora ripetersela, per non doversi pentire quando non si potrà più impedire che si propaghi.
8 – Quando si deve tenere un segreto non si tace mai troppo: in questi casi l’ultima cosa da temere è saper conservare il silenzio.
9 – Il riserbo necessario per saper mantenere il silenzio nelle situazioni consuete della vita, non è virtù minore dell’abilità e della cura richieste per parlare bene; e non si acquisisce maggior merito spiegando ciò che si fa piuttosto che tacendo ciò che si ignora. Talvolta il silenzio del saggio vale più del ragionamento del filosofo: è una lezione per gli impertinenti e una punizione per i colpevoli.
10 – Il silenzio può talvolta far le veci della saggezza per il povero di spirito, e della sapienza per l’ignorante.
11 – Si è naturalmente portati a pensare che chi parla poco non è un genio, e chi parla troppo, è uno stolto o un pazzo: allora è meglio lasciar credere di non essere geni di prim’ordine rimanendo spesso in silenzio, che passare per pazzi, travolti dalla voglia di parlare.
12 – È proprio dell’uomo coraggioso parlare poco e compiere grandi imprese; è proprio dell’uomo di buon senso parlare poco e dire sempre cose ragionevoli.
13 – Qualunque sia la disposizione che si può avere al silenzio, è bene essere sempre molto prudenti, desiderare fortemente di dire una cosa, è spesso motivo sufficiente per decidere di tacerla.
14 – Il silenzio è necessario in molte occasioni; la sincerità lo è sempre; si può qualche volta tacere un pensiero, mai lo si deve camuffare. Vi è un modo di restare in silenzio senza chiudere il proprio cuore, di essere discreti senza apparire tristi e taciturni, di non rivelare certe verità senza mascherarle con le menzogne.
Quanta Leaderless possiedi? Se avete avuto la pazienza di arrivare fin qua allora è arrivato il momento di guardarvi allo specchio e chiedervi quanta Leaderless riuscite a mettere in campo per far sviluppare più Leadership ai vostri collaboratori e, così, far crescere la loro accountability. Se invece non sei un capo, o forse non lo sei ancora, chiediti quanta responsabilità sei pronto ad assumerti per diventare Leader di te stesso. Let’s take responsability! Magna e tasi. Nonna Germana docet.
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