La Mozzarella di bufala campana dop genera un giro d’affari – il fatturato del consumo più l’indotto – di 1,2 miliardi di euro. E’ quanto emerge dai dati resi noti in Borsa a Milano dal direttore della Svimez, Luca Bianchi, nell’ambito di uno studio voluto dal Consorzio per la tutela del formaggio Mozzarella di bufala campana.
“La mozzarella di bufala campana è uno straordinario prodotto della tradizione agroalimentare italiana ma è al tempo stesso un importante driver economico dell’economia locale. Un esempio chiaro di come qualità e tradizione possano rappresentare non solo un elemento identitario ma soprattutto uno strumento per creare reddito e occupazione – spiega il direttore Svimez – obiettivo della ricerca Svimez è proprio quello di quantificare il contributo della filiera della mozzarella di bufala certificata all’economia del territorio”.
“L’analisi dei bilanci delle imprese della filiera fa emergere un distretto produttivo in ampliamento, con caratteristiche di solidità e redditività paragonabili ad altri settori premium del made in Italy. Elevati standard di qualità – sostiene Bianchi – insieme alla distintività di un prodotto che si identifica con il suo territorio di appartenenza attraverso la localizzazione in loco dell’intero ciclo di produzione, dalla materia prima al prodotto trasformato, sono alla base di indicatori di bilancio da settore premium dell’industria italiana. “
“La solidità del sistema delle imprese permette un adeguato livello di investimenti per l’upgrading qualitativo del prodotto; investimenti che permettono di collocarsi sulla fascia alta di mercato e che sono alla base della crescita sui mercati nazionali e internazionali – prosegue Bianchi – il sistema delle imprese della filiera certificata genera un fatturato diretto di circa 600 milioni ma il dato più interessante è costituito dagli effetti indotti sull’economia territoriale da tale produzione. Infatti, ogni euro di produzione diretta di mozzarella Dop genera un volume di affari (tra acquisto materia prima e beni strumentali a monte e servizi commerciali a valle) di 2,1 euro, a dimostrazione di una filiera di produzione profondamente integrata nel territorio.
“Ciò determina l’elevato impatto occupazionale complessivo, che, considerando tutti gli occupati lungo la filiera, supera le 11 mila unità – conclude il direttore Svimez – se consideriamo dunque l’intero sistema delle aziende aderenti al consorzio stiamo parlando di uno delle maggiori realtà industriali del Mezzogiorno e della principale agglomerazione produttiva del settore agro-alimentare meridionale”.