È di questi giorni la pubblicazione della nuova classifica delle 1.000 migliori università al mondo: il “Qs world university ranking” che è anche la classifica più consultata nel suo genere.
Buone notizie per l’Italia, il numero degli atenei di casa nostra sale da 30 a 34 con il Politecnico di Milano miglior classificato che scala 6 posizioni. Nella classifica generale per paese l’Italia si posiziona al 7° posto e terza in Europa dopo Regno Unito e Germania seguita da Francia e Spagna. Inutile dire che la fanno da padrona gli Stati Uniti occupando tutte le prime tre posizioni. Per trovare un’università non americana bisogna andare al quarto posto di Oxford e al sesto del Politecnico di Zurigo che scavalca Cambridge. Immediatamente fuori dalla top 10, pari merito all’undicesimo posto le prime università asiatiche, entrambe di Singapore (National Technological University e National University of Singapore) mentre al 16° posto si trova la prima università cinese (Tsinghua University).
Come vanno le italiane? Oltre al Politecnico di Milano in 149° posizione, migliorano anche: Firenze, che fa il balzo in avanti maggiore con un progresso di ben 53 posizioni al 448° posto; Federico II di Napoli anch’essa in forte risalita con un progresso di 48 posizioni si classifica 424°; Trento e Pisa che entrano tra le prime 400 scalando circa 35 posizioni ciascuna; Bologna e la Sapienza che si si fermano poco fuori dai primi 200 atenei; Padova, Politecnico di Torino, la Statale di Milano e Milano Bicocca, Torino Genova e Modena-Reggio Emilia registrano anch’esse una crescita significativa.
Come è stilata la classifica? Vengono prese in esame sei dimensioni: la reputazione accademica che pesa il 40% dello score totale e si basa su una survey condotta su oltre 94.000 tra docenti, accademici e ricercatori; la reputazione presso i datori di lavoro che pesa il 10% del punteggio e si basa sull’opinione di 44.000 manager e direttori del personale; il rapporto tra numero di docenti e di studenti ed i risultati di ricerca prodotti entrambi con un peso del 20%; ed infine la percentuale di docenti e di studenti stranieri sul totale con un peso del 5% per ciascuna).
Cosa ci dicono questi dati? Come sempre i numeri vanno interpretati, se ci fermassimo al fatto che l’Italia è settima al mondo per numero di università in classifica e terza in Europa potremmo sentirci sollevati. Se tuttavia guardiamo alle eccellenze, notiamo che la nostra migliore università è “solamente” al 149° posto (bisogna notare che facoltà quali la Bocconi non sono in classifica poiché’ reputate “specialistiche”) e ben 19 paesi vantano almeno un ateneo in posizione più alta. E tra questi non troviamo soltanto la Svizzera (4°), la Francia (53°) nonostante in totale abbia meno università in classifica e la Germania (55°), ma anche la Corea del Sud (37°), la Malesia (70°), l’Argentina (74°) ed il Cile (127°).
Pertanto se da un lato questa classifica riconosce all’Italia un sistema scolastico di ottimo livello in maniera abbastanza diffusa (soprattutto al Nord), dall’altro lato evidenzia anche che bisogna spostare in alto l’asticella, specialmente quando si vuole competere con gli atenei degli altri paesi per accaparrarsi le migliori menti provenienti da tutto il mondo in una fase storica in cui non serve ribadire quanto la mobilita, anche scolastica, stia crescendo e continuerà a crescere in maniera esponenziale. Attrarre, formare e trattenere le migliori menti sarà una delle sfide di maggior rilievo nei prossimi decenni e sarà in grado di condizionare le sorti anche di grandi economie.