Milano – “Ingaggiare” le persone è un fattore critico per il successo e la sopravvivenza stessa delle organizzazioni nella trasformazione digitale, ma per motivare e coinvolgere i dipendenti servono modelli organizzativi “agili”, in grado di adattarsi facilmente e velocemente al cambiamento, con riconfigurazione rapida di strategie, struttura, processi, persone e tecnologie. Nelle imprese “agili” infatti, ben l’85% dei dipendenti si dichiara motivato e coinvolto, quasi il triplo di quanto avviene in quelle tradizionali (31%). Le Direzioni HR sono consapevoli di questa urgenza e la principale sfida per il 2019 è proprio il cambiamento nei modelli di organizzazione del lavoro (45%), seguito dallo sviluppo di cultura e competenze digitali (43%) e da employer branding e attrazione dei talenti (41%). Ma solo una su cinque sta effettivamente introducendo un modello organizzativo agile, lavorando in maniera coerente su struttura, processi e practice, cultura e stili di leadership, competenze ed ecosistema. È in netta crescita, invece, l’adozione della “People Strategy”, una strategia di sviluppo del capitale umano in termini di competenze, modelli organizzativi e stili di leadership collegati alla rivoluzione digitale, presente nel 54% delle imprese (contro il 35% dello scorso anno).
Gli investimenti in tecnologie digitali sono in aumento in oltre una direzione HR su due (52%) e si concentrano prevalentemente in formazione e sviluppo delle competenze (62%) e nella ricerca e selezione dei talenti (52%). I principali strumenti digitali adottati sono sistemi e app per la micro-formazione (dal 48%) e i social media per il recruiting (45%), mentre si diffondono gli analytics per analizzare l’assenteismo (29%), le performance dei collaboratori (24%) e il grado di turnover (21%).
Sono questi i principali risultati della ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano* (www.osservatori.net) presentata questa mattina al convegno “Agile Transformation: così si allenano le organizzazioni per il futuro”. La ricerca 2019 si basa su un’analisi empirica che, attraverso survey e casi di studio, ha coinvolto 187 HR executive di aziende operanti in Italia.
“La trasformazione verso modelli organizzativi più agili è un passaggio che tutte le realtà dovranno compiere per poter affrontare il futuro – afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice -. Questa evoluzione, però, non può essere calata dall’alto né essere troppo rapida, ma è un percorso di allenamento che richiede il coinvolgimento di tutta l’organizzazione. La ricerca evidenzia come la maggior parte delle organizzazioni sia ancora all’inizio di questo percorso e come, ad oggi, abbia ancora modelli organizzativi lontani dagli approcci agili. Anche le stesse organizzazioni agili devono però mantenersi in costante allenamento per non perdere quella elasticità e resilienza al cambiamento che rappresenta il loro principale punto di forza”.
“La Direzione HR è l’allenatore dell’organizzazione del futuro, ma deve partire da una visione chiara e condivisa delle priorità di evoluzione del business e avere il supporto di tutte le persone e delle direzioni chiave dell’impresa – afferma Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio HR Innovation Practice -. Il compito degli HR executive è quello di traghettare l’organizzazione verso il cambiamento fornendo strumenti e competenze e, soprattutto, attuando una strategia focalizzata sullo sviluppo delle persone e delle loro capacità”.
Verso modelli di organizzazione del lavoro “agili” – Il ripensamento dei modelli di organizzazione del lavoro è la prima priorità delle Direzioni HR per il 2019, indicata dal 45% del campione. La struttura tradizionale difficilmente si adatta ai cambiamenti della trasformazione digitale a causa della sua rigidità gerarchica e della lentezza del processo decisionale. Due aziende su tre hanno già iniziato a delineare una strategia digitale (67%), con il 34% che ha optato per una pianificazione di lungo periodo e il 33% che preferisce invece un approccio adattivo, che prevede la costante ricerca di nuove opportunità da selezionare, sviluppare e riadattare rapidamente. Il 29% non ha ancora definito una strategia digitale, ma è interessato a farlo, solo il 4% è disinteressato. Se si guarda alla diffusione dei modelli organizzativi agili, però, soltanto una realtà su cinque sta effettivamente lavorando su tutti gli aspetti (struttura, processi e pratiche, cultura e leadership, competenze, ecosistema). Le altre seguono un modello “tradizionale”, fondato su specializzazione, supervisione, linearità e stabilità dei confini interni ed esterni. Sia aziende agili che tradizionali danno priorità all’investimento nelle competenze e sono più indietro sulla costruzione di relazioni e collaborazioni con l’ecosistema esterno. Le principali iniziative programmate dalle Direzioni HR nel 2019 per la transizione a organizzazioni agili sono la definizione di nuove modalità di organizzazione del lavoro e stili di leadership basate su flessibilità e orientamento al risultato, progetti per diffondere la cultura del feedback continuo, iniziative per supportare la forza lavoro mobile e internazionale, attività a sostegno del benessere dei dipendenti e la creazione di percorsi di carriera non gerarchici.
La People Strategy. La necessità di rivedere la propria strategia di business in chiave digitale e agile non è però sempre accompagnata dalla consapevolezza di dover creare dei prerequisiti organizzativi affinché la nuova strategia abbia successo. Dotarsi di una People Strategy consente alle Direzioni HR di accompagnare le persone verso il cambiamento, fornire loro gli strumenti e le competenze per affrontare le sfide della trasformazione digitale. Poco più di un’impresa su due, il 54%, ha definito un piano di sviluppo del capitale umano di questo tipo, ma in netta crescita rispetto al 35% dello scorso anno, segno di una consapevolezza crescente e di un’evoluzione di visione della Direzione HR. Diminuiscono considerevolmente, inoltre, anche le organizzazioni che si dichiarano non interessate, che passano dal 17% al 9%, mentre il restante 37% intende considerare l’argomento a partire dal 2019. Per capire se una strategia ha successo si devono monitorare i risultati, per questo la People Strategy deve essere supportata da metriche in grado di misurarne gli impatti. Ad oggi, tuttavia, solo il 44% delle organizzazioni adotta misure di impatto della People Strategy, di cui solo l’11% con un modello strutturato, e quelle che lo fanno utilizzano indicatori difficilmente monetizzabili come la soddisfazione dei dipendenti o l’impatto sull’immagine dell’azienda (76%), o che monitorano gli effetti sulla cultura aziendale e il modello di leadership, come il numero di manager coinvolti attivamente nei progetti di cambiamento culturale (51%).
Investimenti nel digitale. Le Direzioni HR stanno aumentando sforzi e investimenti per guidare la trasformazione digitale delle imprese: nel 2019 il 52% prevede una crescita degli investimenti in ambito digitale, fra cui un 24% che aumenterà il budget di meno del 10%, un altro 20% che stanzierà fino al 20% in più di risorse e un 8% che lo incrementerà di oltre il 20%, Il 42% manterrà gli investimenti invariati e soltanto il 6% intende diminuirli. Fra le organizzazioni agili, il 56% ha programmato un aumento della spesa digitale (contro il 50% delle aziende tradizionali), mentre il 3% la diminuirà (contro il 7% delle tradizionali). I processi più interessati dagli investimenti sono formazione e sviluppo delle competenze (per cui il 62% del campione prevede un aumento della spesa digitale), le attività di employer branding e selezione del personale (52%), comunicazione interna, welfare e gestione del clima aziendale (46%), valutazione delle performance, definizione delle politiche retributive e stili di leadership (45%), amministrazione e budget del personale (37%) e, infine, disegno organizzativo e gestione del personale (34%).
Le tecnologie. L’Osservatorio ha analizzato la diffusione delle iniziative più innovative basate su tecnologie in ambito Social, Mobile, Artificial Intelligence e Analytics. Le tecnologie più diffuse in ambito Social sono social network non professionali utilizzati per iniziative di employer branding e recruiting, presenti nel 45% delle imprese e previste a partire dal 2019 nel 10%, con punte del 55% fra le aziende agili, mentre quelle tradizionali si fermano al 42%. In aumento rispetto allo scorso anno, ma ancora poco diffuso, è l’utilizzo della gamification per coinvolgere maggiormente candidati e dipendenti, in uso nel 18% del campione e previste nel corso dell’anno nel 17%, con una forbice di ben dieci punti fra aziende agili (26%) e tradizionali (16%). In ambito Mobile, le iniziative più diffuse riguardano la formazione: il 48% del campione ha già introdotto strumenti di micro-learning per l’apprendimento continuo (il 25% le introdurrà nel 2019), percentuale che sale al 64% fra le realtà “agili” e scende al 43% fra quelle “tradizionali”. App per il feedback costante e il dialogo fra manager e collaboratore e sistemi per supportare i neoassunti in azienda sono ancora poco utilizzati (rispettivamente 19% e 14%) ma di grande prospettiva per il 2019, quando ne è prevista l’introduzione rispettivamente nel 25% e 31% del campione. In questi ambiti il divario fra aziende “agili” e “tradizionali” si allarga notevolmente: Il 45% del campione agile sta già usando sistemi per il feedback continuo, contro il 12% del campione “tradizionale”, mentre il 24% sta già impiegando app per supportare i neoassunti, contro l’11% delle aziende “tradizionali”.
Cresce l’impiego di soluzioni di Artificial Intelligence, in particolare sistemi di recommendation (che indirizzano preferenze, interessi e decisioni dell’utente sulla base di informazione fornite da quest’ultimo) per la scelta dei contenuti formativi (19%) o dei servizi di welfare (16%). Gli strumenti di cui, invece, si prevede una maggiore introduzione nel 2019 sono i chatbot o assistenti virtuali, prevalentemente a supporto delle attività amministrative e del processo di selezione (16%, già usati dal 9% delle aziende), e sistemi di Intelligenza Artificiale per effettuare lo screening dei CV utilizzando algoritmi di analisi semantica (20%, già impiegati dal 10% del campione). Rispetto allo scorso anno, si registra anche un deciso aumento di aziende che utilizzano sistemi di Analytics per analisi predittive e prescrittive. Più di una realtà su due li utilizza a supporto dei processi HR, in particolare per monitorare il livello di assenteismo (29%), le performance di collaboratori e neoassunti (24%) e il turnover (21%). Sono ancora poco diffuse iniziative per migliorare l’engagement delle persone (17%%), ad esempio identificando dove e come intensificare lo sforzo aziendale nella gestione delle persone, e a supporto della definizione di una mappa delle competenze su cui costruire i piani di carriera (11%).
Lo sviluppo di cultura e competenze digitali. Lo sviluppo e l’acquisizione di competenze digitali sono considerate delle priorità dagli HR executive italiani: è la seconda sfida principale per il 2019 (indicata dal 43%, dopo una nuova organizzazione). Tra le iniziative in corso in questo senso, spiccano la collaborazione con startup e università (56%), le attività per sviluppare competenze digitali specifiche (47%), progetti focalizzati sulla cultura digitale (47%), politiche indirizzate alla ricerca e selezione di nuovi profili (46%), percorsi di supporto al management per acquisire maggior consapevolezza sull’impatto del digitale (43%), piani di riqualificazione e rafforzamento delle competenze (41%), attività per lo sviluppo di competenze digitali soft (35%) e sistemi di valutazione del divario di competenze digitali in azienda (25%). Quasi tutte le organizzazioni (96%) si sono già trovate a dover introdurre professionalità o sviluppare competenze digitali al loro interno. Le difficoltà più segnalate dalle imprese sono l’elevata concorrenza per attrarre i migliori profili digitali disponibili sul mercato (52%), la complessa integrazione delle nuove professionalità con quelle già presenti (45%) e la difficoltà di sviluppare o trovare sul mercato percorsi di formazione su argomenti specifici (35%).