Per tre human capital leader su quattro (il 76% per la precisione), la scarsità di competenze avanzate è considerata una preoccupazione cronica e l’elemento che influenza maggiormente le performance aziendali. Lo dice una recente indagine condotta su 800 fra C-suite (figure apicali di un’organizzazione che hanno la qualifica di Chief) e responsabili Hr e 1.700 lavoratori di 17 Paesi e focalizzata sulle tendenze più importanti che riguardano lo sviluppo e l’acquisizione dei talenti. Un’evidenza esplicita quella che emerge dallo studio, rafforzata dal fatto che per l’83% dei manager interpellati le aspettative dei datori di lavoro sul talento siano in costante aumento (del 9% rispetto al 2018) e per l’80% il recruiting sia un’attività a valore aggiunto e non più un’area in cui contenere i costi.
La strada da seguire. Investire nella talent analytics. Come fronteggiare questa sfida, soprattutto per chi gestisce le risorse umane? Politiche per la diversity sul posto di lavoro (presenti nel 76% dei casi), la realizzazione di network di candidati fortemente motivati e di alto potenziale con cui dialogare in modo continuativo ed aggiornarli sulle opportunità di carriera disponibili (73%) e soprattutto il ricorso a strumenti di intelligenza artificiale e di analisi dei Big Data per semplificare il recruiting (voce che interessa l’81% dei rispondenti) sono le principali soluzioni individuate e perseguite dal management. Il 72% dei C-suite, in particolare, sta già investendo in sistemi di talent analytics relativi ai dipendenti e ai collaboratori esterni, convinti che queste tecnologie giochino un ruolo cruciale nelle attività di attrazione e coinvolgimento e delle competenze. Sensibilmente inferiore il numero di manager che destinano budget verso piattaforme di formazione e sviluppo del personale (sono il 63% del totale), applicazioni per la gestione della forza lavoro (62%) e per l’analisi del traffico delle candidature (57%).
La maturità delle aziende: Germania capofila. La ricerca ha elaborato due indici che fotografano il grado di maturità delle imprese per quanto riguarda le azioni e l’adozione del cosiddetto “total talent model”, e cioè una strategia di acquisizione del talento che affianca allo sviluppo del capitale umano una spiccata attenzione per un ambiente di lavoro e l’utilizzo di tecnologie digitali avanzate a supporto delle attività di selezione e recruiting. Il primo (“Total Talent Readiness Index”) ha rilevato come gli human capital leader vedano le loro aziende in termini di budget dedicato a modelli “total talent” e se siano lungimiranti nella crescita di business e nelle assunzioni. Il 60% dei 17 Paesi oggetto di indagine ha espresso un valore superiore a 100 giudicando le rispettive aziende pronte e propense ad investire e adottare strategie dedicate ai talenti: in cima alla lista troviamo la Germania (con 174), che precede nell’ordine Giappone (171) e Regno Unito (158). Sotto la soglia dei 100 punti, invece, si trovano le imprese meno preparate, fra cui quelle italiane, che si attestano su un valore pari a 101 (in crescita di 16 punti rispetto agli 85 del 2018).
Il secondo indice (il “Total Talent Adoption Index”), invece, ha evidenziato il grado di utilizzo della tecnologia per attrarre, coinvolgere e trattenere i talenti, e quanto siano focalizzate sull’innovazione e per quali scopi stiano investendo in talent analytics. Anche in questo caso, l’adozione è più frequente nei Paesi dove il tasso di scarsità di talenti è più elevato, e quindi Giappone (158), Germania (157), Australia (142) e Regno Unito (141). L’Italia si colloca in terz’ultima posizione, a quota 97 punti (in crescita rispetto agli 85 punti del 2018), dopo Messico (102) e davanti a India (95) e Stati Uniti (89).