Il prima. Riccardo Moras ha lavorato per dieci anni come impiegato in una società legata ad uno dei più grandi gruppi italiani di Assicurazioni. “Mi occupavo di contabilità, avevo una fidanzata, facevo dell’attività di volontariato con ragazzi disabili, insomma tutto procedeva secondo una linea che sembrava ormai definita. Vivevo una vita perfetta, almeno apparentemente perfetta, perché io sentivo che quella vita non era abbastanza.” Così a trent’anni Riccardo iniziò a domandarsi se meritasse lasciar tutto per dedicarsi solo ai disabili, gli sembrava la cosa migliore da fare, la più utile, ma tutto sembrava remare contro quel cambiamento.
L’inaspettato. Poi un giorno lo chiamo un amico proponendogli un colloquio all’Istituto Bernaper una posizione da contabile. “Contabile in Istituto scolastico religioso. Non mi sembrava così interessante come lavoro. Ma accettai pensando che era davvero tanto che non facevo un colloquio e che in fondo mi avrebbe fatto bene mettermi alla prova.” E così Riccardo conobbe Don Walter, direttore della scuola, che in un’ora gli raccontò di Don Orione, della sua Opera e di sé: “Quello che mi colpì di più fu come mi parlò: il suo sguardo e le sue parole erano piene di passione ed entusiasmo! E Don Walter gli aprì gli occhi: “Non dovevo buttare via i miei talenti! Mi fece capire che se ero bravo nell’amministrazione quello era ciò che dovevo fare. Mi disse che forse non era necessario che io cambiassi lavoro, che dovevo solo cambiare datore di lavoro.”
La crisi. Dopo quell’incontro per Riccardo divenne difficile rimanere in quella sua vita così apparentemente perfetta. Ma lasciare il certo per l’incerto continuava a spaventarlo e le voci timorose di quelli intorno a lui non lo aiutavano per nulla. “Per tutti era da matti lasciare un posto sicuro in un’assicurazione per andare a lavorare per un’opera religiosa. Ma io sentivo che in quel lavoro c’era qualcosa di giusto, qualcosa di più, e allora decisi di iniziare ad andare al Berna il sabato e la sera. Volevo capire come mi sarei sentito in quell’ambiente così diverso.” Riccardo scoprì subito che si sentiva bene, ma aveva ancora un dubbio “Come sarebbe stato cambiare definitivamente? Quello era davvero un altro mondo!” Ma un giorno si decise. “Non aveva più senso continuare con quella doppia vita. Lasciai l’assicurazione per l’istituto Berna. Accettai il rischio di sbagliare.”
Il dopo. Cambiar lavoro fu solo l’inizio. In pochi mesi tutto era diverso nella vita di Riccardo: persone, luoghi, distanze, tempi e priorità. E così si creò uno spazio nuovo, uno spazio per il coraggio, a livello personale e professionale. Nella sua vita privata Riccardo ha fatto spazio ad Anna, che ora è sua moglie. “L’avevo conosciuta anni prima, e ci eravamo detti: chissà se un giorno faremo il cammino di Santiago insieme? E dopo quindici anni lo abbiamo fatto, e l’anno dopo, nella nostra nuova vita da marito e moglie, sono arrivati anche Giacomo e Francesco, due splendidi gemelli.” E a livello professionale ha accettato nuovi incarichi nell’Opera Don Orione: “Oltre all’amministrazione del Berna oggi seguo quella di un centro per disabili, di una comunità per ragazze madri, di un asilo nido, di una scuola materna e di un pensionato per lavoratori e studenti universitari. Conoscevo San Luigi Orione solo per nome, ora ne conosco la ricchezza dei frutti, la mia fede si è ravvivata, e sono contento di essermi fatto coinvolgere.” Dopo dodici anni dalla sua scelta di cambiare vita Riccardo non ha dubbi: “Farsi coinvolgere in ciò che conta all’inizio ti complica, poi però ti semplifica tutto. Un po’ come con Dio, prima ti coinvolge, e sembra complicarti la vita, ma poi te la semplifica.”
La cosa fondamentale. Per Riccardo ora conta sapere che quello che fa non ha fine a se stesso: “Nella prima nota che faccio voglio che compaia sempre il sentirmi parte di qualcosa di grande e di giusto. E l’Opera Don Orione lo è.” A tutti quelli che sentono di volere far altro, di voler cambiar vita, Riccardo lo dice chiaramente: “Mettete i vostri talenti al servizio di qualcosa di più grande. Fate spazio al coraggio. Rifate i conti di ciò che conta e tenete conto. Solo questo merita.”
Grazie Riccardo, per la tua storia, per il tuo coraggio e per averci ricordato di fare bene i conti che contano.