Adnkronos. E’ stato annunciato in Aula al Senato il disegno di legge S. 1232 del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro per la creazione di un codice unico dei contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) da realizzare in collaborazione con l’Inps.
Il ddl, presentato ai sensi dell’art. 99, comma 3, della Costituzione, approvato dall’Assemblea del Cnel nella seduta del 27 marzo 2019, relatore il consigliere Michele Faioli, “definisce il codice unico di identificazione dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro nazionali depositati e archiviati, attribuendo una sequenza alfanumerica a ciascun contratto o accordo collettivo – recita il testo – Il codice Ccnl è altresì inserito dall’Inps nella disciplina relativa alla compilazione digitale dei flussi delle denunce retributive e contributive individuali mensili, con relativo obbligo del datore di lavoro di indicare per ciascuna posizione professionale il codice Ccnl riferibile al contratto o accordo collettivo applicato”.
“Il codice unico è necessario è urgente per arginare il fenomeno della proliferazione di contratti pirata registratosi nel corso dell’ultimo decennio. Si tratta di un mondo ancora poco esplorato e che può avere conseguenze al momento non chiare sul sistema delle relazioni industriali. Oggi al Cnel risultano depositati ben 888 accordi suddivisi per i diversi settori lavorativi per cui esiste un corrispondente contratto collettivo nazionale. Di questi 229 solo nel commercio e 110 in istituzioni private, enti assistenziali, sanitari e terzo settore”, dichiara il presidente Tiziano Treu.
“Con la presente proposta, a costo zero per le casse dello Stato, il Cnel assume il potere di attribuire ai contratti collettivi depositati un codice unico alfanumerico, in cooperazione con l’Inps alla luce della rinnovata collaborazione istituzionale per mettere a sistema le rispettive informazioni e costituire il primo nucleo di un’anagrafe comune dei contratti collettivi organizzata in un’ottica di servizio pubblico. In questo modo, viene identificata in capo al Cnel la titolarità della funzione di codifica dei contratti attraverso l’unificazione delle rispettive procedure esistenti. L’Inps, di conseguenza, utilizzerebbe tale numerazione per le proprie finalità istituzionali (verifica del rispetto dei minimali contributivi, etc.), ottenendo dal Cnel la mappatura costantemente aggiornata dello stato della contrattazione collettiva di livello nazionale. Tale proposta tiene conto di una ricognizione della legislazione vigente e della prassi amministrativa”.
Nel nostro ordinamento, i datori di lavoro privati non hanno l’obbligo di applicare in azienda un determinato contratto. Possono benissimo coesistere molteplici accordi collettivi nazionali nello stesso settore di riferimento. Ogni organizzazione è libera di auto-definirsi rappresentativa e di concludere con una controparte un accordo “nazionale” nello stesso settore già coperto da altri accordi “nazionali” firmati da organizzazioni concorrenti.
L’assetto e il funzionamento del sistema di relazioni industriali nel nostro Paese hanno implicazioni che producono sugli operatori effetti di natura giuridica ed economica. Ciò rende necessario individuare parametri utili a identificare quale o quali contratti collettivi di lavoro possano essere considerati il riferimento all’interno di un medesimo settore, ad esempio a fini giudiziali, e costituire un benchmark utile a tracciare la linea di demarcazione fra pluralismo contrattuale e pratica sleale.
La struttura dell’anagrafe definita da Cnel e Inps è valida anche come base di riferimento per ridisegnare i settori produttivi e i rispettivi confini, e per associare i codici Cnel dei Ccnl ai codici AtEco delle attività produttive fino alla sesta cifra. A regime, l’attività comune Cnel-Inps consentirà di associare a ciascun contratto reperibile nell’archivio del Cnel il numero di lavoratori dipendenti ai quali è applicato, sulla base del flusso di comunicazioni Uniemens che i datori di lavoro trasmettono all’Inps.
“Per mettere ordine in questa situazione senza regole occorre formare una ‘visione pubblica’ delle dinamiche delle relazioni industriali nel settore privato, a partire da una banca dati affidabile. Bisogna pensare e rendere operativo un sistema unico, trasparente e accessibile, di deposito e codifica dei contratti sottoscritti dalle organizzazioni di rappresentanza a livello nazionale”, conclude il presidente Treu.