Adnkronos. Crescita zero per l’Italia nel 2019. La previsione è del Centro Studi di Confindustria che rivede al ribasso di 0,9 punti le stime elaborate lo scorso ottobre. Manca la crescita e, puntualmente, si torna a rievocare i gufi. Matteo Salvini prende di petto le previsioni di Confindustria sul Pil: “Verranno smentite clamorosamente dai fatti. E’ pieno di gufi. Ci hanno sempre ‘cannato’ in passato”, dice il vicepremier. Ma dagli Usa Luigi Di Maio mostra un altro approccio: “Le preoccupazioni di Confindustria sono le nostre”, ammette. E chiarisce ancora meglio il concetto: “L’epoca dei gufi era quella di Renzi”.
A pesare, per circa i tre quarti del calo, la minore domanda interna. Il resto lo fa il calo della domanda estera. Leggero miglioramento invece per il Pil del 2020 che il Csc stima poter raggiungere lo 0,4%. La partita sulla domanda interna diventa a questo punto per Confindustria urgente: “Gli investimenti privati per la prima volta sono previsti negativi dopo anni di crescita (-2,5% nel 2919, escluse le costruzioni). Servono dunque misure di stimolo come il ripristino del superammortamento”, dicono gli economisti di viale dell’Astronomia che però condizionano ogni rilancio a quel “clima di fiducia migliore senza il quale le politiche potranno ben poco”.
Cosa grava sull’economia italiana. Una situazione economica, quella in corso, ‘preparata’ dall’andamento altalenante registrato nel 2018 per effetto del rialzo dello spread e di una fiducia delle imprese e delle famiglie molto bassa: i primi 6 mesi positivi, i secondi 6 negativi; una occupazione prima in aumento di 198mila unità poi calata di 84mila nel secondo semestre; una produzione industriale crollata alla fine dell’anno. E a pesare anche il forte impatto della frenata dell’economia tedesca e del contesto geopolitico mondiale, dai dazi Usa alla crisi nei paesi emergenti. Fattori che hanno dunque portato ad un 2019 “fiacco”, con una occupazione sostanzialmente ferma e per cui non “si intravede nessun segnale di inversione di tendenza” ma sopratutto con investimenti privati “in stallo”. Un blocco dovuto per il Centro studi di Confindustria ad una serie di fattori: da una sfiducia delle imprese in vista di un ulteriore peggioramento, dall’elevata incertezza sull’andamento della domanda, dal mancato alleggerimento fiscale a carico delle aziende, superammortamento compreso, e da un riaffacciarsi del credit crunch. Solo l’export continua a crescere. Il 2019 chiuderà, al netto di imprevisti infatti, secondo le stime del Csc, a +2,6% comunque in calo di 0,7 punti percentuali rispetto alle stime di viale dell’Astronomia di ottobre scorso.
“Il governo – continua quindi il rapporto di Confindustria – ha ipotecato i conti pubblici, non ci sono opzioni indolori, con la finanza pubblica siamo ad un bivio: o si sterilizza l’Iva o si dovrà far salire il deficit pubblico al 3,5% causando un ulteriore aumento dei tassi sovrani con pesanti effetti recessivi”. E se si volessero annullare gli aumenti Iva e contestualmente correggere il livello del deficit come prevedono i parametri europei, servirebbero 32 miliardi di euro.
Dal reddito di cittadinanza e Quota 100 per i pensionamenti anticipati, continua il rapporto, arriverà un contributo al Pil “significativo” solo nel 2019 e poi molto meno negli anni successivi. Tuttavia considerato l’effetto annuncio dal 2018 e la realizzazione dei provvedimenti in deficit, “le misure hanno contribuito al rialzo dei tassi sovrani e al calo della fiducia con un impatto negativo sulla crescita”, spiega Confindustria stimando l’impatto dei due provvedimenti voluti dal governo.
Prospettive ed effetti. Sui consumi, quantificano ancora gli economisti, l’effetto positivo si avrà alla fine del triennio che registrerà “una spinta cumulata di 8 punti percentuali per effetto del Reddito di Cittadinanza e di 0,6 punti percentuali da quota 100”. “A legislazione vigente il 1 gennaio 2020 ci sarà l’aumento di circa 3 punti delle aliquote Iva ordinaria e ridotta. L’attività economica sarà penalizzata, con un effetto negativo sulla crescita di 0,3 punti percentuali, anche se il deficit/Pil migliorerà per restare al 2,65”, spiegano gli economisti. Questo però, annotano ancora, “non basterà per realizzare quella correzione strutturale del bilancio richiesta dalle regole europee”. Si renderebbe perciò “comunque necessaria una manovra correttiva”.
Manovre correttive però, spiega il capo economista di Confindustria, Andrea Montanino, “che sono sempre un danno e proprio per questo al momento vanno evitate perché accentuano l’andamento del ciclo negativo”. Va invece fatto “un intervento che permetta di liberare risorse che già ci sono. Sugli investimenti pubblici, per esempio ci sono risorse già iscritte nel tendenziale e che non vengono spese”, annota ancora sottolineando come nel 2020 il quadro si faccia più “complicato”. L’Italia non può andare infatti oltre il 3% di deficit: “Sarebbe un segnale molto negativo per i mercati che ci stanno guardando, continuiamo a essere infatti sotto osservazione”. Nel 2019, stima ancora il Csc, l’indebitamento della Pa salirà al 2,6%. Il rapporto deficit /Pil resterà al 2,6% anche nel 2020. Il debito della Pa, invece, tocca nel 2019 quota 133,4 , circa 2,7 punti percentuali in più delle ultime previsioni di Confindustria per assestarsi al 133,6 nel 2020.