Intervista al decano dei consulenti italiani, Nino Lo Bianco, che ha elaborato strategie per le più importanti aziende italiane pubbliche e private. Oggi, dopo 40 anni di professione alle spalle, è alla guida della più grande società italiana di consulenza aziendale, Business Integration Partners, con oltre 700 consulenti. Per i giovani che volessero intraprendere questa professione, ecco i consigli del Numero Uno dei consulenti d’azienda in Italia.
Dottor Lo Bianco, cominciamo con il dire cosa fa un consulente d’azienda.
Ho fatto fatica a spiegarlo ai miei genitori quando ho scelto questo tipo di attività. Un giorno mia madre mi disse: “Nino, non ho capito bene di cosa ti occupi”, diceva. “Mamma, faccio il medico. I miei pazienti sono le aziende”, risposi. Oggi i miei colleghi più giovani fanno molta meno fatica con i loro genitori. Per dare una prima spiegazione, possiamo dire che il consulente d’azienda è una professione di supporto, che fornisce indirizzi e strategie per lo sviluppo aziendale o per l’efficienza nella gestione operativa.
La consulenza di direzione è una professione in rapida evoluzione. E’ un’evoluzione continua al contrario da molte altre che da secoli, più o meno, sono rimaste sempre le stesse, come la professione del notaio, dell’avvocato o del farmacista, per citarne qualcuna.
Per spiegare meglio la professione faccio un esempio. Si pensi al lancio di nuovi prodotti nel settore dell’auto. Il cammino coraggioso che sta impostando Marchionne in Fiat con il passaggio che sta operando da una gamma molto low cost e di macchine utilitarie ad automobili premium e di lusso, con il riposizionamento della gamma Alfa Romeo. Il ruolo del consulente d’azienda, in questo caso, è quello di elaborare tutte gli scenari e le analisi di settore per mettere nelle condizioni il management di queste aziende di compiere le scelte migliori.
Il consulente, infatti, non prende la responsabilità della decisione. Fa un’analisi del settore, dei concorrenti che operano sul mercato, fa un’analisi delle esigenze di marketing relativamente al prodotto o ad un servizio, formula delle ipostesi di cambiamento e di intervento e partecipa al processo decisionale. Una volta che le scelte e il rischio imprenditoriali per gli azionisti è stato definito, il consulente molto spesso partecipa all’implementazione e alla realizzazione delle idee che ha contribuito a definire. E’ coinvolto nei vari processi aziendali: produzione, commerciale, marketing, logistica, comunicazione interna e formazione.
Da alcuni anni c’è una ricerca ossessiva al taglio dei costi, alla riduzione delle spese e più in generale all’efficienza del sistema produttivo e distributivo: fare di più con meno, questo è lo slogan. In altre parole si punta ad un aumento della produttività e alla riduzione dei costi di produzione. Questo è quello che si chiede spesso, in questo periodo, ad un consulente.
Perché le aziende hanno bisogno di un consulente d’azienda?
In passato le aziende si rivolgevano ad un consulente perché era il detentore di un know-how e delle competenze professionali che possedevano in pochi. I consulenti avevano studiato all’estero, parlavano le lingue, avevano un Master in Business Administration, avevano fatto esperienze in grandi aziende estere e portavano una professionalità molto forte. Oggi le cose sono molto cambiate, le aziende sono evolute molto rapidamente, il management ha un livello di scolarizzazione pari a quello dei consulenti. La differenza tra il profilo di un manager di successo e un consulente di successo, spesso non ha un gap rilevante.
In questo nuovo scenario a un consulente viene chiesto di portare un’esperienza di settore, per esempio come nei comparti delle telecomunicazioni, dell’automotive, della grande distribuzione, e di avere una forte specializzazione di settore. Non è più tempo di tuttologi. All’inizio dell’attività di consulenza in Italia negli anni ’60, infatti, si era tuttologi. Oggi, è fondamentale una conoscenza sempre di più specifica, e di settore.
Si richiedono competenze ed esperienza sempre più specializzate. Spesso, infatti, i manager delle aziende non hanno le necessarie conoscenze delle variabili critiche dei singoli settori ed hanno competenze più generali. Qui, ci sono i nuovi spazi per il consulente d’azienda.
Secondo elemento importante. Un consulente esterno, anche in presenza di resistenze interne in un’azienda, riesce più facilmente ad indurre il cambiamento. E’ molto difficile che il potere riesca a riformare il potere, un intervento dall’esterno porta una tendenza verso il cambiamento molto più forte e coerente con la strategia, rispetto ad una struttura interna che spesso difende se stessa.
Il terzo elemento. Il consulente che realizza il cambiamento fa anche della formazione. Non è soltanto il manager, che si adegua ma è tutta la struttura aziendale. Molto spesso il dirigente non ha il tempo per sdoppiarsi tra le sue attività abituali e la necessità di seguire con uno sforzo straordinario anche i processi di cambiamento aziendale. In questo senso, per un’ azienda è più utile e conveniente rivolgersi ad un consulente esterno piuttosto che assumere un manager allo scopo, che poi dovrebbe rimanere in azienda per molti anni. Meglio un consulente che dopo aver finito il suo lavoro, lascia l’azienda: una sorta di manager a tempo determinato.
Infine, la solitudine non paga. La nostra professione è passata da una consulenza di tipo individuale ad una di tipo collettivo, ossia in team e di squadra. Solo così si può stare sul mercato.
Quanti sono i consulenti d’azienda in Italia? Esiste una sorta di “albo” della professione?
Quando ho iniziato questo mestiere eravamo meno di 200 nel 1970, oggi siamo circa 27 mila! Non esiste nessun ordine professionale del tipo degli avvocati o come quello dei commercialisti, per intenderci. Esiste, tuttavia, un’associazione di categoria degli studi e delle società di consulenza, che dopo varie fusioni realizzate tra diverse associazioni nel passato, oggi si chiama Assoconsult e aderisce alla Confindustria. Ma in questo caso parliamo di un’associazione delle società e degli studi di consulenza e non dei singoli consulenti.
Nel nostro campo i professionisti si dividono tra colo che sono assunti con un contratto da dipendente in una grande società di consulenza e tra quelli che scelgono la via del lavoro autonomo. Per questi ultimi, tuttavia, non esiste un fondo previdenziale specifico o una associazione professionale di tutela. In questo caso, la scelta dipende molto dall’indole del consulente, se è più portato per il lavoro indipendente oppure per quello da dipendete, con tutti i pro e i contro che ciascuna opzione comporta.
Ci sono, infatti, due tipologie di società di consulenza. Quelle che sono strutturate con dipendenti, spesso assunti a tempo indeterminato, e le società organizzate con forte autonomia individuale, con collaboratori con contratti autonomi come la partita Iva. Ci sono alcuni nostri giovani colleghi che ambiscono ad avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato e altri che mal sopportano questa condizione e propendono per l’autonomia e la scelta individuale.
Per noi quello che conta di più sono l’attitudine e la personalità dei giovani neo assunti. Ci sono persone che hanno un atteggiamento impiegatizio ed è meglio che non facciano il consulente. Noi privilegiamo la struttura mentale più intraprendete e questo è fondamentale per crescere in questa professione.
Come si diventa Consulenti? Qual è il percorso di studi?
La laurea è fondamentale, in ingegneria o economia è preferenziale, ma abbiamo anche laureati nelle più diverse discipline. C’è una tale offerta di giovani brillanti laureati disoccupati che è giusto partire da loro. In genere c’è una modalità che possiamo definire attiva per proporsi, come quella di partecipare ai vari Career day in giro per l’Italia, oppure di inviare il proprio curriculum vitae ai siti delle società di consulenza. Noi ne riceviamo molti.
Per chi vuol partire con il piede giusto in questa professione, e avere un futuro di prestigio e successo, è fondamentale frequentare un prestigioso MBA in Italia oppure, meglio, all’estero. Un Master, poi, in una delle migliori università americane offre un vantaggio straordinario per questa carriera: per entrare in una delle società di consulenza d’eccellenza diventa fondamentale.
Dall’altra parte, una strada più difficile ma non proibitiva è quella di fare qualche anno in un’ azienda di un settore specifico, nelle attività di progettazione o commerciale e successivamente fare il consulente sviluppando quel tipo di filone e settore produttivo.
Qual è l’etica del lavoro che deve seguire un consulente d’azienda?
Primo, non accettare un lavoro che non si è in grado di fare e per cui non si possiedono le competenze. Secondo, privilegiare le esigenze del cliente rispetto a quelle della società di consulenza. Il che vuol dire che se uno ha esaurito il budget ma il problema non si è risolto il consulente deve sforzarsi di continuare il lavoro indipendentemente dal riscontro economico. La terza, usare un atteggiamento di riservatezza e di difesa della privacy del cliente a tutti i costi. Il segreto professionale su tutte le informazioni che in qualche modo possono indirettamente danneggiare le aspettative del cliente è decisivo. Quarto, aggiornarsi e garantire a se stessi e quindi al cliente il migliore adeguamento delle competenze professionale rispetto al know-how di settore.
Quali sono gli step di carriera del consulente d’azienda?
Si comincia dal ruolo di Business Analyst appena si è assunti. Questa figura si occupa di realizzare analisi, della ricerca dati e della valutazione delle condizioni operative del cliente. Riporta al suo referente di progetto che può essere un manager o un senior manager.
Il Consulente. E’ quello che sotto la direzione dei manager o sotto il Consulente Senior organizza i dati che sono stati forniti dal Business Analyst, fa delle interviste, prepara dei report specifici sui singoli punti osservati di processo o di prodotto.
Il Senior Consultant. Organizza il lavoro dei consulenti e tira le fila del lavoro con i clienti.
Il Manager. E’ quello che indirizza il lavoro, vi contribuisce in maniera sostanziale e realizza le conclusioni del lavoro svolto dal suo team.
Il Senior Manager. E’ quello che supervisiona il lavoro fatto dalla squadra e dai Manager che hanno operato e dialoga, impegnando la società, con il cliente ai massimi livelli.
Il Partner. E’ colui che contribuisce alla gestione della società in maniera decisiva, alla vendita dei nuovi contratti e alla gestione dello sviluppo dei clienti. Monitora la gestione dei clienti.
Normalmente i passaggi di “categoria” avvengono, per quelli meritevoli, ogni due anni. La remunerazione è in parte fissa, il 75%, e in parte variabile legata ad una serie ben definita di parametri di risultato.
Quali i consigli che si sente di dare ad un giovane che vuole intraprendere questa professione?
Non fare questa professione solo perché si è riusciti a convincere qualcuno che ti ha fatto una proposta di lavoro, ma farla perché ritieni che la tua personalità sia attratta da una attività di ricerca, di studio, una capacità di sintesi, una seria voglia di contribuire allo sviluppo del cliente. Non intraprendere questa professione se si è più attratti da status, prestigio individuale, potere, dai benefit riconosciuti ai top manager come auto, autista, segretarie e viaggi premio, perché in questa professione non li troverà mai. Se si ricerca una professione da benestante la strada è quella giusta, se, invece, l’obiettivo è arricchirsi la strada non è quella giusta. Noi oggi siamo i bancari degli Anni ’60, ossia il nuovo posto sicuro.
Consiglio.
Un consiglio da parte dell’autore di questa intervista. Per coloro che intendono intraprendere questa professione, caldeggio vivamente la lettura del libro di Nino Lo Bianco, “Volevo fare il consulente”, edito da Il Sole 24 Ore. Vi troverete non solo molti suggerimenti utili sulla professione, proposti in modo non accademico e raccontati dall’interno da uno dei principali protagonisti, ma soprattutto farete vostri i valori e l’etica a cui questa professione, come tutte le altre, deve ispirarsi.
Ascolta anche l’intervista di Radio 24 a Nino Lo Bianco.