Gli italiani sognano di lavorare in Automobili Lamborghini, Coca-Cola HBC Italia, Ikea e Florim. Sono queste le aziende vincitrici del Randstad Employer Brand 2018, il riconoscimento assegnato sulla base della più completa e rappresentativa ricerca globale dedicata all’employer branding da Randstad, player di servizi per le risorse umane.
Commissionato da Randstad all’istituto di ricerca Kantar TNS e condotto su oltre 175mila persone in 30 Paesi in modo indipendente (nessuna azienda si può iscrivere volontariamente per partecipare) con un’analisi approfondita su più di 5.700 aziende a livello globale, lo studio del Randstad Employer Brand ha misurato il livello di attrattività percepita delle aziende italiane da parte dei possibili dipendenti. In Italia sono state intervistate circa 5.800 persone di età compresa tra 18 e 65 anni, un campione rappresentativo di occupati, studenti e non occupati, a cui è stato chiesto quali sono i fattori che rendono un’azienda attrattiva tra 150 aziende con oltre mille dipendenti con sede in Italia.
“Le persone sempre di più scelgono un datore di lavoro con una cultura aziendale allineata ai propri valori – afferma Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Italia (nella foto)-. In questo contesto, per attirare e trattenere i migliori talenti diventa sempre più cruciale il ruolo dell’employer branding: le aziende con un’immagine positiva attirano il doppio delle candidature. Molte aziende basano ancora la propria strategia su fattori che non destano l’interesse dei potenziali dipendenti: per presentarsi al meglio, è necessario puntare con decisione sui fattori più importanti per i lavoratori, come l’equilibrio fra vita professionale e vita privata, l’atmosfera piacevole del luogo di lavoro, stipendi e benefit di valore. I vincitori del Randstad Employer Brand 2018 sono esempi di particolare successo di employer branding”.
I vincitori. Le imprese italiane risultate più attrattive per i potenziali dipendenti nei dieci fattori oggetto della ricerca sono tutte eccellenze nel loro campo. Come Automobili Lamborghini, che si colloca al primo posto nella percezione degli italiani per ben cinque fattori: atmosfera di lavoro piacevole, retribuzione e benefits, sicurezza del posto di lavoro, visibilità del percorso di carriera e ottima reputazione. Il leader mondiale nella produzione di gres porcellanato Florim invece, è l’azienda più attrattiva tra i potenziali dipendenti per equilibrio fra vita professionale e privata, Coca-Cola HBC Italia è la prima azienda per solidità finanziaria, Ikea è davanti a tutte le altre aziende analizzate per responsabilità sociale d’impresa.
Cosa cercano i lavoratori. Secondo la ricerca del Randstad Employer Brand i fattori più importanti ricercati dagli italiani in un datore di lavoro sono l’equilibrio tra vita lavorativa e privata (indicato dal 55% dei rispondenti), seguito dall’atmosfera di lavoro piacevole (51%), da retribuzione e benefit (48%), dalla sicurezza del posto di lavoro (stabile al 46%) e dalla visibilità del percorso di carriera (38%). I lavoratori maschi danno più importanza a salario e benefit (50%) rispetto alle colleghe che invece sono più portate a vedere come una priorità l’equilibrio fra lavoro e vita privata (57%). Anche analizzando l’età emergono forti differenze: il 56% dei lavoratori sotto i 25 anni si concentra sull’atmosfera di lavoro piacevole quando cerca un impiego, i 25-44enni sono molto più sensibili al bilanciamento fra tempo dedicato all’ufficio e tempo libero (55%), mentre i lavoratori più anziani, fino ai 64 anni di età, si orientano più su aziende dalla comprovata solidità finanziaria (42%). Differenze marcate si riscontrano anche osservando i risultati per livello di istruzione: quasi la metà dei lavoratori a bassa scolarità ha come prima preoccupazione la sicurezza del posto di lavoro (49%), a un livello medio di istruzione corrisponde un marcato interesse per il work-life balance (55%), mentre i potenziali dipendenti con una scolarizzazione elevata sono attratti dalla possibilità di impiegare le tecnologie più innovative (22%).
Cosa offrono le aziende. Rispetto a questi fattori, le aziende italiane non sembrano allineate con le aspettative dei potenziali dipendenti. Mediamente, infatti, le imprese offrono soprattutto solidità finanziaria, buona reputazione e utilizzo delle tecnologie più innovative, invece dei fattori ai primi posti nei desideri dei lavoratori.
Come cercano lavoro gli italiani. Quasi un italiano su cinque (il 17%) ha cambiato datore di lavoro nell’ultimo anno e quasi uno su tre ha intenzione di cambiarlo nel corso del 2018. Le modalità con cui si cerca lavoro sono diverse se si considera chi ha già cambiato lavoro oppure chi intende cambiarlo. I canali più utilizzati per cercare lavoro sono i motori di ricerca e aggregatori di annunci di lavoro (indicati dal 62% di chi vuole cambiare impiego e dal 55% dei lavoratori che lo hanno già fatto), seguiti dai siti di annunci di lavoro (scelti dal 60% del campione che sta cercando un altro impiego e dal 55% di chi lo ha trovato), dalle sezioni “lavora con noi” dei siti aziendali (preferite rispettivamente dal 56% e dal 51%), da contatti personali e raccomandazioni (47% e 45%) e da Google (41% e 40%).
Anche in queste caso le preferenze sono diverse in base all’età, al genere e al livello di istruzione. Gli uomini usano LinkedIn per cercare lavoro con maggiore frequenza delle donne (37%), che in un caso su due (51%) preferiscono affidarsi ai siti di annunci di lavoro. LinkedIn è anche particolarmente apprezzato dai lavoratori con il livello di istruzione più elevato (50%), il campione con un tasso medio di scolarità utilizza prevalentemente i motori di ricerca di lavoro (55%), mentre i potenziali dipendenti meno istruiti hanno più fiducia nei servizi pubblici per l’impiego (35%). I lavoratori con meno di 25 anni prediligono gli aggregatori e le piattaforme per la ricerca di lavoro (58%), mentre all’aumentare dell’età cresce il ricorso a mezzi più tradizionali, come i siti aziendali per i 25-44enni (49%) e i contatti personali e le raccomandazioni per la fascia più anziana, fra i 45 e i 64 anni di età (45%).
Perché gli italiani restano in azienda. La ricerca ha indagato i fattori che hanno convinto i lavoratori che nell’ultimo anno non hanno cambiato datore di lavoro e che non intendono cercare un altro impiego. Il fattore che ha pesato di più sulla scelta è stato il buon equilibrio fra vita professionale e privata (scelto dal 45% del campione), seguito da sicurezza del posto di lavoro (41%), atmosfera di lavoro piacevole (38%), solidità finanziaria (37%) e contenuto di lavoro interessante (36%). Il corretto bilanciamento fra lavoro e tempo libero è il fattore che più contribuisce a trattenere anche i lavoratori fra i 25 e i 44 anni di età (45%) e il segmento che possiede un livello medio di scolarizzazione (46%), mentre i lavoratori più giovani sono maggiormente attratti dalla visibilità del percorso di carriera (34%) e i più anziani dalla possibilità di raggiungere facilmente il posto di lavoro (42%). I lavoratori meno istruiti indicano salario e benefit come fattore più attraente (35%), mentre i lavoratori col più alto livello di istruzione sono più attenti al contenuto di lavoro interessante (45%). Infine, le impiegate donne rimangono più fedeli all’azienda in cui lavorano se l’atmosfera di lavoro è piacevole (40%), mentre gli uomini danno un’importanza maggiore alla solidità finanziaria (41%).
Perché gli italiani cambiano datore di lavoro. Gli italiani che invece hanno cambiato lavoro nell’ultimo anno o che intendono cambiarlo nei prossimi dodici mesi individuano al primo posto fra i fattori che li hanno spinti a cercare un altro impiego lo stipendio troppo basso (45%), seguito da work-life balance sbilanciato (39%), scarsa visibilità del percorso di carriera (38%), contenuto di lavoro poco stimolante (32%), instabilità finanziaria (30%). Il salario insufficiente è anche il primo motivo che induce il segmento di lavoratori fra i 25 e i 44 anni di età (47%) e in possesso di un elevato titolo di studio (47%) a cercare un altro impiego. La solidità finanziaria preoccupa soprattutto i lavoratori più anziani (35%) e meno istruiti (32%), mentre lo squilibrio fra vita privata e lavorativa è la principale causa di interruzione del rapporto di lavoro fra le donne (41%) e i dipendenti più giovani (44%). Infine, le probabilità che i lavoratori di genere maschile lascino l’azienda aumentano se non ci sono sufficienti occasioni di crescita professionale (40%), mentre il segmento a media scolarità si dimostra il più attaccato al proprio impiego, anche nel caso in cui vengano offerti pochi o nessun vantaggio (soltanto il 10% lascerebbe l’azienda).
Cosa fanno gli italiani per restare occupabili. Che abbiano intenzione di cambiare lavoro o meno, gli italiani avvertono comunque la necessità di impegnarsi per restare competitivi sul mercato del lavoro. La principale azione per mantenere elevata la propria occupabilità è l’apertura ai cambiamenti, indicata dal 51% del campione, seguita dalla propensione a socializzare con colleghi, superiori e la propria rete professionale (48%), dalla disponibilità ad accettare un orario di lavoro flessibile (40%), dalla frequentazione di corsi di formazione per aggiornare le competenze (36%) e dall’impegno a mantenersi aggiornato sulle novità del proprio settore professionale (36%).
L’apertura ai cambiamenti è anche la modalità più seguita dai lavoratori di genere maschile (50%) e dalla fascia più anziana (53%), mentre l’attitudine a socializzare con la propria rete professionale è più comune fra le donne (51%) e fra i 25-44enni (49%). I lavoratori più giovani e il segmento meno istruito sono i segmenti più inclini ad accettare orari di lavoro più flessibili (rispettivamente il 44% e il 42%) rispetto a quello dei lavoratori meno giovani e più scolarizzati. I potenziali dipendenti con un livello medio di istruzione sono più disponibili a trasferirsi in un’altra parte del paese (19%), mentre il gruppo con la scolarità più elevata è il più attivo quando si tratta di aggiornare le proprie competenze e la conoscenza del proprio settore lavorativo (48%).