1 Giungo 2017. L’Italia, con 89 progetti FDI, si colloca al 16° posto nella classifica europea degli investimenti esteri diretti, facendo registrare un incremento del 62% rispetto al 2015, aumento secondo solo a quello della Svezia (76%). E’ quanto emerge dall’indagine EY Attractiveness Survey Italy – Foreign investments back on track, che analizza l’attrattività del nostro Paese come destinazione di investimenti esteri, anche in rapporto agli altri Paesi europei. L’Italia è, tra le economie mature, quella che ha aumentato in maniera più significativa la propria attrattività. La performance è, inoltre, la migliore di sempre, anno su anno, tra le grandi economie europee di Regno Unito, Germania, Francia e Spagna. Per l’Italia si tratta del 4° miglior risultato di sempre, che la riporta ai livelli pre-crisi dello spread, quando negli anni 2008, 2009 e 2010 ci furono rispettivamente 96, 100 e 103 progetti di investimento.
Donato Iacovone, AD di EY in Italia e Managing Partner dell’Area Mediterranea, osserva: “Nonostante un sentimento di cautela legato alla stabilità del quadro politico, alle pressioni sul sistema bancario e alla tassazione elevata, nel 2016 gli investitori internazionali sono tornati ad investire in Italia. Dalla ricerca EY dedicata all’attrattività degli investimenti esteri è emerso che gli FDI hanno realizzato una crescita del 62% – la migliore performance di sempre, anno su anno, tra le maggiori economie europee di Regno Unito, Germania, Francia e Spagna – che ha contribuito a realizzare 2.654 nuovi posti di lavoro, in aumento del 92% rispetto al 2015. La qualità delle risorse che il nostro Paese offre è considerata dagli investitori un asset vitale, ma è necessario che imprese e istituzioni sostengano gli investimenti con azioni concrete: promuovendo la riconversione culturale e professionale, favorendo l’incremento della produttività attraverso l’innovazione e il digitale lungo tutti i processi produttivi, rimuovendo i freni burocratici e intervenendo sulla forte pressione fiscale”.
Allargando lo sguardo all’Europa, gli investimenti esteri diretti hanno raggiunto un livello record nel 2016: 5.845 progetti FDI registrati (+ 15% rispetto all’anno precedente), che hanno portato alla creazione di 259.673 nuovi posti di lavoro (+ 19%). Nel 2016, Regno Unito, Germania e Francia sono state le prime tre destinazioni europee di FDI, con oltre la metà (51%) degli investimenti effettuati in Europa e con rispettivamente 1.144, 1.063 e 779 progetti all’attivo. La Spagna ha consolidato la sua quarta posizione (308 progetti), mentre la Polonia ha guadagnato una posizione, divenendo il primo paese dell’Europa centrale ad entrare tra le prime cinque destinazioni di investimenti esteri diretti. Dei tre Paesi collocatisi ai primi tre posti per numero di progetti FDI, la Francia ha ottenuto il miglior incremento rispetto all’anno precedente (+ 30%), seguita dalla Germania (12%) e dal Regno Unito (7%). Solo Paesi Bassi (-5%), Belgio (-5%) e Svizzera (-2%) hanno registrato complessivamente una decrescita, in rallentamento rispetto al 2015 quando avevano invece registrato una crescita.
Complessivamente, nonostante un 2016 positivo per gli FDI in Europa – regione che conta più di 500 milioni di consumatori e 30 milioni di aziende – le sfide geopolitiche e macroeconomiche stanno influenzando lo stato d’animo degli investitori nel breve periodo. Solo il 28%, infatti, prevede di espandere le proprie attività europee nel prossimo anno, dato in calo di quattro punti percentuali dal 32% del 2015. Tuttavia, è aumentata la fiducia degli investitori nell’attrattività dell’Europa sul lungo termine: il 56% (contro il 45% del 2015) prevede che tra 5 anni il continente possa ritornare alla crescita economica costante.
La crescita degli FDI porta nuovi posti di lavoro – Guardando ai dati sull’occupazione, in Italia i posti di lavoro creati nel 2016 sono stati 2.654, con una crescita del 92%. Guardando all’Europa, è la CEE (Europa centrale e orientale) a far registrare il più forte incremento di nuovi posti di lavoro; in particolare Ucraina e Moldavia hanno conseguito una crescita rispettivamente del 435% e del 220% rispetto allo scorso anno. In termini di numero di nuovi posti di lavoro creati nel 2016, la Polonia si colloca al secondo posto (22.074), dietro il Regno Unito, che conta 43.165 nuovi posti di lavoro attribuibili ai progetti FDI. Nel 2016, Russia, Serbia, Francia e Romania hanno raggiunto i livelli di Regno Unito, Polonia e Germania, Paesi in cui i progetti FDI hanno portato oltre 15.000 nuove occupazioni.
Gli FDI in Italia provengono soprattutto dagli altri Paesi europei, anche se le imprese americane restano i maggiori investitori – In Italia, come in Europa, le società statunitensi sono state i maggiori investitori: nel 2016 gli investimenti USA hanno rappresentato il 27% degli investimenti esteri nel nostro paese (il 22% in Europa, +10% rispetto all’anno precedente). I Paesi europei che investono maggiormente in Italia sono Svizzera (19%) e Regno Unito (12%). La quota di investimenti cinesi nel nostro paese è invece ancora marginale (2%), in un quadro che, nel 2016, vede le imprese cinesi più attive in Europa: 297 progetti FDI (25% in più rispetto all’anno precedente) che hanno creato 7.919 posti di lavoro e guardiamo all’Italia come origine e non come destinazione dei progetti d’investimento, notiamo che nel 2016 sono stati 187 i progetti d’investimento italiani, in crescita del 26% rispetto al 2015. Allargando lo sguardo al nostro continente, la maggior parte degli investimenti deriva da flussi d’investimento intra-europei, che complessivamente nel 2016 sono aumentati del 18%: 3.233 nuovi progetti FDI, che rappresentano il 56% di tutti gli investimenti esteri diretti e hanno creato 138.431 nuovi posti di lavoro. La Germania consolida la sua posizione di maggior investitore transfrontaliero con 651 progetti nel 2016, in crescita del 25% rispetto all’anno precedente. Dopo la Germania, i primi investitori intra-europei per progetti FDI sono stati Francia (346), Regno Unito (335), Svizzera (289).
I settori trainanti – In Italia Sales & Marketing attraggono il maggior numero di investimenti (52% del totale), seguiti dai progetti di Research & Development (15%), dai progetti legati alla manifattura (13%) e da quelli di tipo logistico (11%). A livello di macro-settori industriali, servizi finanziari (38%), industria manifatturiera (31%) e Trasporti e Comunicazioni (21%) raccolgono il 90% degli investimenti esteri diretti. Riguardo al tipo di progetto, in Italia gli FDI nel 2016 sono stati dedicati soprattutto a progetti di nuovo insediamento che, storicamente, hanno sempre rappresentato la stragrande maggioranza del totale. A livello europeo, con 780 progetti (+ 12%), il Software è stato la più grande fonte di FDI nel 2016. Segue tra i settori più attivi quello dei servizi alle imprese con il 47% dei progetti FDI. Questa tendenza è stata guidata soprattutto dalla forte attività nel Regno Unito, in Germania, Francia e Spagna. Anche Irlanda (+ 343%) e Paesi Bassi (+133%) hanno fatto registrare nel 2016 una crescita impressionante di investimenti esteri diretti nei servizi alle imprese. Il settore manifatturiero europeo, che nel 2015 rappresentava il 29% degli investimenti esteri diretti (1.455) e il 53% dei nuovi posti di lavoro ad essi legati, ha attratto 1.538 progetti FDI nel 2016, in crescita del 6% rispetto all’anno precedente. Dalla ricerca emerge inoltre che l’Europa centro-orientale si posiziona sempre più come “workshop” del continente. Nel 2016, l’Europa centro-orientale si è garantita 755 progetti, in aumento del 15% e una quota complessiva del 49% degli investimenti esteri diretti nell’industria manifatturiera europea – in crescita dal 45% del 2015. Le attività di Sales & Marketing hanno costituito il 46% di tutti i progetti FDI nel 2016, in aumento dal 41% del 2015 e, in particolare, le imprese non europee hanno realizzato il 45% dei progetti FDI nel settore Sales & Marketing.
ll futuro dell’Italia: tradurre l’immenso potenziale in investimenti reali – Gli intervistati si mostrano ottimisti sulla capacità del nostro Paese di attrarre investimenti: il 40% di essi ritiene che l’Italia crescerà nei prossimi 3 anni. Il dato è superiore alla media europea del 35% e a realtà quali il Regno Unito (32%) e la Francia (27%). Inoltre il 42% delle aziende già presenti nel nostro Paese e il 60% di quelle che non hanno una presenza sul nostro territorio valutano positivamente le politiche italiane a sostegno dell’attrattività. Tra i fattori maggiormente apprezzati dagli investitori, figura al primo posto l’alta qualità della forza lavoro, giudicata positivamente dal 79% degli intervistati (e dal 90% di chi ha già potuto sperimentarla durante la presenza in Italia). Seguono la stabilità del clima sociale (66%) e il potenziale di incremento della produttività (64%). R&D e innovazione sono considerati motivo di attrattività per il 70% degli investitori già presenti in Italia. Tuttavia, perché la maggior fiducia nella capacità del nostro Paese di attrarre investimenti nei prossimi 3 anni si possa tradurre in progetti concreti, l’Italia deve urgentemente migliorare alcuni aspetti che frenano l’attrattività del nostro Paese: pressione fiscale, stabilità politica e trasparenza e flessibilità del mercato del lavoro. Tra gli ambiti segnalati dagli intervistati come necessari di riforma figura al primo posto la riduzione del costo del lavoro (36%), seguito dal supporto alle PMI (34%) e all’innovazione (33%) e dalla riduzione del peso fiscale (33%). Per il 60% degli intervistati la semplificazione del processo d’investimento, e in particolare con la creazione di un singolo canale di contatto, potrebbero contribuire ad accrescere l’attrattività del nostro Paese e a incrementare gli investimenti esteri. Inoltre, per il 54% degli intervistati l’Italia può avvantaggiarsi anche dalla presentazione di storie di successo tramite la voce diretta delle aziende che hanno investito con soddisfazione nel nostro Paese.
Il futuro dell’Europa si fonda su talento e innovazione – Riguardo al possibile impatto della Brexit sulle operazioni, l’80% degli investitori residenti in Europa ha dichiarato di non avere intenzione di effettuare cambiamenti o trasferimenti. Tuttavia, gli investitori hanno manifestato qualche preoccupazione circa le possibili conseguenze fiscali, amministrative e normative. Nonostante l’incertezza sull’attuale clima geopolitico, il 65% degli investitori intervistati ha fiducia nel futuro dell’Unione europea. I dati mostrano che la libera circolazione di merci, servizi, capitali e lavoro in tutti i 28 Stati membri dell’UE è ancora in grado di offrire un contesto abbastanza attrattivo in cui il business può crescere e adattarsi e nel quale investire, creando posti di lavoro e profitti. L’istruzione e l’urgenza di migliorare le competenze in Europa sono per gli investitori la ragione più importante per decidere di investire nella regione (37%, in crescita del 29% rispetto al 2015), seguita dalla necessità di sostenere l’alta tecnologia e l’innovazione (34%).
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