Milano, 6 febbraio 2017 – I lavoratori italiani considerano la digitalizzazione un elemento fondamentale per il successo dell’azienda in cui sono impiegati e le competenze digitali indispensabili per restare competitivi nel mercato del lavoro. Tuttavia, due terzi dei dipendenti si sentono scarsamente qualificati in questo campo per riuscire a garantire la propria occupabilità in futuro e soltanto un’impresa su tre dispone di personale adeguato a sviluppare una strategia digitale.
È la fotografia di un’Italia digitalmente in ritardo quella che emerge dal Randstad Workmonitor, che nel quarto trimestre del 2016 ha analizzato il grado di digital awareness sul posto di lavoro. Il Workmonitor è l’indagine sul mondo del lavoro condotta da Randstad, secondo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane, in 33 Paesi delle Americhe, dell’Europa e dell’area Asia-Pacifico, su un campione di 400 lavoratori per ogni nazione di età compresa fra 18 e 65 anni che lavorino almeno 24 ore alla settimana.
“Dai risultati della ricerca – commenta Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Italia -, le imprese italiane appaiono ancora poco preparate alla sfida digitale. Ben il 67% dei lavoratori infatti sente il bisogno di accrescere le proprie competenze, un dato che denuncia la necessità di formazione, accompagnata ovviamente dalla disponibilità di strumenti e infrastrutture digitali, per evitare che il nostro sistema economico perda competitività di fronte alle sfide del futuro, che saranno in gran parte nel campo digitale. La digitalizzazione va “agita” anche dalle aziende per potere offrire servizi e strumenti sempre più innovativi ed efficaci”.
I risultati – Secondo la ricerca, il 90% degli italiani ritiene che tutte le imprese dovrebbero dotarsi di una strategia digitale. Una consapevolezza superiore di sei punti percentuali alla media globale (84%), che colloca il nostro Paese al sesto posto tra le nazioni oggetto di indagine, dopo Messico (95%), Brasile e Cile (94%), Portogallo e India (93%), Malesia e Argentina (92%). In generale, i più convinti appaiono i Paesi latino-americani con una media del 94%, seguiti da quelli asiatici e in coda quelli europei, con una media dell’80%. Con l’eccezione però dei Paesi del Sud Europa – tra cui appunto Italia ma anche Portogallo, Grecia e Spagna – che appaiono invece decisamente convinti dell’opportunità di una strategia digitale. Questa consapevolezza stride con il complessivo ritardo delle imprese italiane: solo il 57% dei lavoratori ritiene che la propria azienda abbia già adottato una strategia digitale, contro il 59% della media globale (ai primi posti India, Cina, Stati Uniti e Malesia, agli ultimi rispettivamente Argentina, Giappone e Ungheria).
Ma non è tutto: ben il 70% dei lavoratori italiani pensa che la sua azienda non disponga di personale con le competenze adeguate ad avviare il percorso di digitalizzazione (due punti sopra la media dei Paesi analizzati, al 68%). Eppure, i dipendenti italiani guardano alla rivoluzione digitale con un atteggiamento ambiguo, che mescola ottimismo e apprensione. Il 43% dei lavoratori è convinto che buona parte delle proprie mansioni, quelle più ripetitive o le attività di routine, potrebbero essere automatizzate (circa nella media globale. E la maggioranza guarda con fiducia ad una rivoluzione tecnologica nelle proprie mansioni: il 59% ritiene che l’automatizzazione consentirebbe di aumentare la creatività. Ma due italiani su tre si dichiarano digitalmente impreparati. Il 67% dei lavoratori, infatti, ritiene di dover migliorare le proprie competenze in ambito digital per continuare a essere un profilo spendibile nel mercato del lavoro. Una sensazione di impreparazione che in Italia è superiore di cinque punti percentuali rispetto alla media globale (62%), anche se lontana dai livelli record di Cina e Malesia (al primi posti con oltre il 90% di dipendenti impreparato), mentre i più confidenti nelle proprie competenze sono Paesi dell’Europa continentale, con Ungheria, Olanda, Austria e Svezia a chiudere la classifica.