SODDISFATTI O NO? | L’opinione generale e il trend rispetto al 2015 – La prima risposta data è quella più di pancia, e in una scala da 0 a 10 (dove 5 è il valore “neutro”) il risultato emerso è pari a 3.8, leggermente più basso rispetto al 2015 (3.9). Il 27% si dichiara fortemente insoddisfatto, solo il 3% rilascia un commento positivo. Chi sono i più soddisfatti? I dirigenti nelle imprese medio-grandi nel settore industriale al Nord. Rispetto al 2015 solo i dipendenti inquadrati come quadri hanno un indice di soddisfazione maggiore. Cresce inoltre la soddisfazione fra i lavoratori del Sud e Isole e, più diffusamente, quella del settore dell’industria. Si appiattisce invece il grado di soddisfazione rispetto alla variabile della dimensione aziendale.
I TEMI | Equità interna e esterna, relazione tra performance e retribuzione, trasparenza e meritocrazia – Approfondendo il giudizio complessivo, in materia di equità interna i lavoratori dipendenti italiani si dividono a metà tra chi ritiene di essere retribuito equamente rispetto ai propri colleghi e chi no. Sebbene rispetto al 2015 il grado di soddisfazione aumenti (da 4.9 a 5.1), in particolare per le società del terziario, all’interno dei servizi finanziari si osserva un minor percezione di equità interna. Anche in materia di equità esterna – cioè di trattamento economico rispetto al mercato – non si registrano forti prese di posizione, in generale la consapevolezza è maggiore tra i profili manageriali, quadri e dirigenti. È questo l’ambito dove si è registrato il trend più positivo rispetto all’anno precedente, passando da 4.7 a 5.1, soprattutto grazie all’opinione dei lavoratori di aziende sotto i 50 dipendenti e del settore industriale.
Solo un lavoratore su tre ritiene di essere retribuito secondo il contributo fornito nel raggiungimento degli obiettivi aziendali assegnati: l’indice, seppur basso, mostra un segno positivo rispetto al 2015, passando da 3.7 a 3.9. La presenza di un sistema di incentivazione formalizzato individuale (legato pertanto alla propria performance e non a quella aziendale) incrementa la percezione di un collegamento tra contributo e retribuzione, e anche per questo l’indice è maggiore tra dirigenti e quadri e tra aziende del Nord, dove questo sistema è più diffuso. I lavoratori continuano ad essere divisi a metà, con prese di posizione polarizzate, quando si parla di trasparenza: i processi di riconoscimento del merito da parte dell’azienda sembrano essere chiari solo a dirigenti o a lavoratori di grandi aziende del Nord e del Sud e Isole, e ovviamente a chi percepisce una quota variabile basata sul raggiungimento degli obiettivi di performance.
Infine, solo il 7% si dichiara di essere d’accordo sulla presenza di meritocrazia; al contrario, quasi 2 su 5 sono in completo disaccordo. Le aziende più piccole sono quelle con un indice maggiore; a livello geografico il valore peggiore si registra al Centro e a livello settoriale nel commercio e servizi. Il trend rispetto all’anno precedente è inoltre a segno negativo, passando da 3.8 a 3.4, in particolare tra dirigenti e dipendenti di grandi aziende e società commerciali. Escludendo la retribuzione fissa (che, con un risultato atteso, è l’incentivo più accattivante secondo i lavoratori), le leve considerate più importanti nella scelta di un lavoro sono a carattere non monetario, indifferentemente dall’inquadramento del lavoratore che ha espresso l’opinione. In ordine compaiono: la possibilità di sviluppo di carriera e la formazione professionale, la relazione positiva con i colleghi e il contenuto del lavoro.
L’indagine 2016 chiede inoltre ai lavoratori quali siano le leve che più li motivano a cambiare o mantenere il posto di lavoro: il risultato mette in luce una sensazione generale per la quale è molto più facile per gli individui vedere i lati negativi del proprio lavoro rispetto ai lati positivi. La retribuzione fissa è l’elemento chiave: quasi il 65% cambierebbe il suo attuale lavoro a causa della paga, mentre uno su 3 lo ritiene un elemento di soddisfazione per il quale resterebbe in azienda. Le leve che generano maggiore insoddisfazione? Il contenuto del lavoro svolto (32.3%), la possibilità di uno sviluppo professionale in azienda e la possibilità di far carriera (35.2%). Quelle alla base di maggior soddisfazione sono prettamente non monetarie, come l’ambiente di lavoro, la capacità di generare work life balance e le relazioni interpersonali con gli altri dipendenti dell’organizzazione, indicati da circa 1/3 dei rispondenti.
COINVOLGIMENTO E CONSAPEVOLEZZA| Quale peso si sente di avere nel processo decisionale? Sapere quanto viene pagato il proprio ruolo nel mercato influenza il livello di soddisfazione? Il grado di coinvolgimento è mediamente basso, o così quantomeno è la percezione delle persone, con un indice pari a 3.6. Il grado di coinvolgimento è dipendente dal peso che il lavoratore e il suo ruolo detengono all’interno dell’organizzazione: l’indice più elevato si registra fra i dirigenti e nelle aziende più piccole. Sul sito www.jobpricing.it è presente un tool che permette agli utenti, in maniera completamente anonima, di confrontare la propria retribuzione con quella media del mercato, scegliendo di poter ricevere gratis via mail il proprio report personalizzato. Tra tutti i rispondenti all’indagine, le persone che avevano precedentemente fatto il test sono quelle più soddisfatte della loro retribuzione: conoscere il valore del proprio lavoro nel mercato influenza pertanto il grado di soddisfazione (l’indice passa da 4.3 a 3.5).