Per molti il posto di lavoro e l’ambiente in cui si svolge è sinonimo di sofferenza per via delle scadenze pressanti, dei rapporti difficili con i colleghi, o i clienti, delle situazioni di stress; in questi casi l’idea di cambiare il proprio posto di lavoro può essere benefica perché spinge a ragionare in modi nuovi, fa incontrare persone nuove, può anche farci crescere professionalmente. E’ importante però non finire dalla padella alla brace.
Quando si vuol cambiare lavoro occorre valutare molto bene la stabilità dell’azienda prescelta, la sua strategia di business, la sua serietà ed anche l’ambiente reale: bisogna stare attenti ai fatti più che alle parole, dato che sono molte le aziende che promettono cose strabilianti che poi non riescono a fare. Bisogna dubitare anche di chi sbandiera la priorità delle risorse umane perché, in realtà, le aziende oggi sono tendenzialmente più orientate al contenimento dei costi che allo sviluppo; prima di lasciare un posto insomma, anche se si è scontenti, bisogna pensarci molto bene.
Può essere più facile invece, nonostante le apparenze, cambiare atteggiamento sul proprio luogo di lavoro. Più o meno tutti abbiamo vissuto le difficoltà quotidiane, le frustrazioni, i dubbi sul lavoro, ma bisogna sempre ricordare che quando ci lamentiamo di una situazione ne siamo parte e contribuiamo in qualche modo a crearla. Cambiare certi nostri atteggiamenti, aprirsi, credere all’apertura, può cambiare radicalmente la situazione.
So che posso sembrare naif ma l’ambiente lavorativo non è scontato, la persona che ci è antipatica può sorprenderci, l’impiegata che interrompe le riunioni non è necessariamente irrispettosa, il collega scontroso forse ha una difficile situazione familiare, l’opinione a cui eravamo tanto attaccati può cambiare; e anche le circostanze avverse, se le affrontiamo senza identificarci troppo, sono più facilmente risolvibili. E’ una cosa semplice, in fondo, anche se difficile a farsi.
Certo nessuno ci chiede di diventare come dei monaci buddisti e abbiamo il diritto d’ arrabbiarci però è possibile provare, impegnandosi almeno per un po’ di giorni, e scoprire che se siamo attenti e responsabili, nel senso etimologico del termine (abili nel rispondere) i conflitti diminuiscono, certi colleghi sembrano meno pesanti, il ‘territorio’ lavorativo non sembra più così ostile. Un’amica psicologa diceva che le relazioni sono come i piatti: possono sporcarsi, ma occorre ripulirli per poterci mangiare la volta successiva.
Gli esseri umani hanno bisogno di risolvere i loro conflitti e non dovrebbero però dimenticare che dagli stessi possono trarre molti utili insegnamenti. Se ricordiamo questi concetti e li attuiamo nella vita lavorativa (e nella quotidianità) il cambiamento arriva e si torna a lavorare con scioltezza.