Annarosa Ravà ha avuto molto tempo per osservare le persone, per conoscerle, per aiutarle a dare il meglio di sè anche in contesti difficili. Era questo il suo lavoro, o meglio, una parte del suo lavoro. Lei ha ricoperto ruoli direttivi nella funzione delle Risorse Umane per 27 anni. Prima in Pirelli, Pneumatici e Real Estate, poi in Manutencoop ed infine è stata il Direttore del Personale in Manital. Una vita intera vissuta in aziende industriali di servizi, poi ha deciso di cambiare.
“Ho sempre lavorato come se l’azienda fosse la mia, con totale ed assoluta dedizione, appassionandomi e divertendomi. Ma negli ultimi dieci anni ho iniziato a vivere le cose in modo diverso. Molte situazioni in azienda mi disturbavano. Prima fra tutte i licenziamenti fatti negli stessi periodi in cui ai dirigenti si assicuravano retribuzioni e benefits fuori misura. E poi la funzione risorse umane stava come perdendo di valenza strategica reale.”
Così, dopo un percorso, non facile, ma necessario, di presa di consapevolezza e riattivazione del proprio io desiderante, Annarosa, all’inizio del 2014 ha abbandonato la sicurezza ed il prestigio derivanti da un ruolo direttivo ben retribuito.”Non mi importava della posizione, ma non è stato semplice lasciare volontariamente uno stipendio fisso. Era come un abito, anche bello, ma che non mi andava più.” Così Annarosa ha letteralmente creato un suo abito, anzi, una collezione di abiti, e non solo, ha anche aperto un atelier di moda femminile.
“Molti possono pensare che sia facile, che basti avere i soldi per farlo. In realtà la questione è un’altra. Si tratta della tua identità, di ripensarti al di fuori ed oltre gli schemi che ti hanno dato le certezze per tutta una vita.” Sa che nel dire ciò, soprattutto in questo momento di crisi, può sembrare priva di sensibilità, ma è la sua storia, il suo vissuto e crede fermamente che raccontarla possa essere d’aiuto a chi, anche nell’agio economico, ricoprendo ruoli aziendali apicali vive momenti di disagio anche profondo. “Puoi avere un ruolo importante, essere ben pagato, eppure stare davvero male, e per di più quello star male influirà su tutti in azienda. E questa è una responsabilità che devi tenere a mente nelle tue scelte, e cambiare prima che sia troppo tardi.”
Lei ha scelto di cambiare. A volte pensa che avrebbe potuto farlo prima, ma crede che ogni cosa abbia il suo tempo ed ora si dedica con attenzione e cura al suo atelier in Via Magenta 14, a Milano. “Non ne sapevo nulla di moda, e così ho sfruttato la tanto osannata potenzialità della mente del principiante. Gli abiti li ho creati pensando alle tante donne che per decenni ho visto negli uffici e nelle fabbriche: molto pronte a svestirsi, ma poco capaci a vestirsi davvero da donne.”
Le sue prime collezioni si caratterizzano per l’utilizzo di tessuti naturali, lino e cotone per l’estate, e lane pettinate per l’inverno, ma soprattutto per i cappelli ed i bottoni. “I cappelli sono tutti fatti da sapienti mani fiorentine e riproducono in parte modelli originali degli anni 50, donando alla donna che li indossa un’aria sofisticata.” Ma sono i bottoni i veri protagonisti: “li ho inseriti nei modelli in modo che si confondano nelle tinte del tessuto, ma che allo stesso tempo spicchino come dei gioielli preziosi.” Per Annarosa i bottoni hanno molteplici significati. “In tutte le famiglie si conserva la scatola dei bottoni. Quindi è immediato il rimando all’infanzia ed alla famiglia. Ma il bottone è anche simbolo di apertura e chiusura, agli altri e a sé, è sensualità e comunicazione. È’ legame con le proprie radici ed allo stesso tempo disponibilità ad aprirsi ad un futuro.”
L’idea di femminilità a cui si rifà, e che riecheggia nelle sue collezioni, è quella di altri tempi. Si tratta di una femminilità fatta di eleganza classica e raffinata, in cui la donna recupera con dignità il rispetto di se’ e delle sue differenze, per vestirsi valorizzandosi. Annarosa racconta ogni abito ed ogni dettaglio, lo fa con le clienti e anche con chi passa anche solo per curiosità. “I colleghi e gli amici sono ancora divisi in due gruppi: quelli che mi dicono ti invidio e quelli che dicono sei matta.”
Io sono passata a trovarla per curiosità, lo ammetto, avevo sentito parlare di lei da ex colleghi comuni, poi sono rimasta ad ascoltarla per più di tre ore. Sono uscita dal suo Atelier con gli appunti per questo articolo, un cappellino, i titoli di due libri da cercare per approfondire il tema del femminile, e tante domande. Nella metro mi accorgo che sto canticchiando un pezzo di una canzone di Edoardo Bennato: “E ti prendono in giro se continui a cercarla, ma non darti per vinto perché, chi ci ha già rinunciato e chi ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te”
Annarosa non si è mai data per vinta, ed anche ora continua a cercare, “senza badare a chi ci ha già rinunciato o chi ride alle spalle”. Lei non cerca “un’isola che non c’è”, ma una nuova vita, e forse presto non solo nell’Atelier.
di Samantha Marcelli
2 commenti
Traspare la pacatezza e la serenità data dalle scelte giuste: un ottimo spunto di riflessione per continuare a pensare.
Grazie Samantha
…”Si tratta della tua identità, di ripensarti al di fuori ed oltre gli schemi che ti hanno dato le certezze per tutta una vita”
…”E ti prendono in giro se continui a cercarla, ma non darti per vinto perché, chi ci ha già rinunciato e chi ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te”….
Annarosa ha avuto un gran CORAGGIO: ha preso la SUA VITA in mano, e ci ha provato, ha osato.
Un insegnamento che fa riflettere…