In un mercato sempre più internazionale e competitivo il capitale umano può rappresentare una leva di successo per le imprese? Da questa domanda ha preso avvio la Ricerca GE Capital “Investire sul talento per crescere ed innovare”, condotta in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano. Gli obiettivi dell’indagine consistono nell’identificare le strategie di gestione dei talenti delle medie imprese manifatturiere italiane, le pratiche adottate, la loro efficacia e la rispondenza rispetto alle aspettative dei talenti. L’indagine ha adottato un duplice punto di vista, quello delle imprese e quello dei talenti attraverso l’analisi dei risultati di una web-survey sottoposta a responsabili del personale o Human Resource Manager di 1.000 imprese di dimensione media, interviste a professionisti del settore HR ed esperti di talent management e ad un panel di alumni della School of Management del Politecnico di Milano (italiani e internazionali).
Principali risultati
- Il 70% delle aziende rispondenti adotta politiche più o meno avanzate di gestione dei talenti. Solo il 30% dimostra completo disinteresse verso l’attrazione e il mantenimento di capitale umano di qualità.
- Le aziende che realizzano strategie di talent management si dividono su due fronti: chi considera il talento in funzione delle caratteristiche e attitudini individuali (46%) e chi considera il talento in funzione delle competenze professionali (50%).
- Per il recruitment è ancora poco utilizzato il canale Internet; più diffusi gli strumenti tradizionali, quali loscreening dei curricula, le interviste biografiche e sulle competenze e i canali classici (outsourcing , valutazione delle autocandidature e inserzioni su stampa).
- Per trattenere i talenti le aziende si affidano prevalentemente alla formazione.
- I talenti scelgono dove lavorare basandosi sulla notorietà e l’attrattività del brand, le dimensioni dell’azienda (privilegiando grandi aziende e multinazionali) e la localizzazione geografica. Cercano adeguati programmi di formazione, la possibilità di rotazione di ruoli e danno importanza al work life balance.
“La presenza di persone di talento all’interno dell’azienda rappresenta uno dei principali elementi che crea per le aziende un vantaggio competitivo sostenuto nel tempo”, ha commentato Paolo Braghieri, CEO di GE Capital Interbanca. “La capacità di attirare e trattenere i talenti ha sempre rappresentato un punto di debolezza del nostro sistema industriale e ancora oggi molte organizzazioni, soprattutto nel segmento delle medie imprese, soffrono di un cronica mancanza di talenti. Siamo impegnati, con iniziative di studio come quella odierna e con programmi di consulenza a 360° – quale il nostro Access GE – a supportare le realtà produttive italiane per meglio attrezzarsi ad affrontare il sempre più competitivo mercato del capitale umano”.
“La missione della School of Management del Politecnico di Milano è quella di sviluppare le competenze dei futuri leader e, attraverso la formazione e la ricerca, contribuire all’innovazione e allo sviluppo economico del nostro paese. E’ dunque per noi di fondamentale importanza facilitare un dialogo tra le medie imprese italiane, motore di sviluppo del nostro paese, e i talenti formati dalla nostra Scuola, come da altre scuole di eccellenza. D’altro canto, come ricercatori, sappiamo quanto sia difficile per le medie imprese strutturarsi ed avere le risorse e le competenze necessarie per combattere la guerra dei talenti, di fronte a grandi multinazionali che sono sempre più interessate ad attrarre i talenti di elevata qualità che la parte migliore del sistema universitario italiano è in grado di esprimere. E’ stato dunque un grande piacere per noi accettare l’invito di GE Capital a condurre questa ricerca, che ha evidenziato luci e ombre dei sistemi di talent management delle imprese italiane ma che ha anche cercato di fornire indicazioni per una via all’attrazione e alla ritenzione dei talenti peculiare per la media impresa” ha aggiunto Gianluca Spina, Presidente MIP Politecnico di Milano.
Poca programmazione e decisioni estemporanee – Come si muovono le aziende italiane. La maggioranza delle aziende utilizza poco le pratiche più avanzate di attrazione e reclutamento delle risorse umane, soprattutto per quanto riguarda le pratiche di employer branding, legate cioè alla promozione dell’azienda per renderla più appealing agli occhi dei talenti. Le pratiche più usate restano quelle “tradizionali”, quali lo screening dei curricula e le interviste biografiche e sulle competenze, e i canali più convenzionali (valutazione delle autocandidature e inserzioni su stampa). Anche le pratiche di mantenimento in azienda dei talenti sono in generale poco utilizzate, ad eccezione della formazione. La quasi totalità delle aziende intervistate afferma inoltre di non avere un sistema di talent management strutturato, e di avere un’ottica di breve periodo nelle strategie di reclutamento dei talenti, legate cioè esclusivamnete all’esigenza contingente di coprire una specifica posizione. Tra questi dati forse non confortanti emerge però una performance finale incoraggiante: una volta attratto un talento, le aziende intervistate riescono mediamente a trattenerlo più di due anni.
Orientate ai Talenti, ma non troppo – Una possibile classificazione delle aziende che assumono. La ricerca affianca ad una parte di analisi quantitativa e qualitativa un’interessante classificazione dei comportamenti delle aziende intervistate in base all’approccio adottato nei confronti del recruitment e del management dei talenti. L’originale tassonomia si compone di tre profili principali:
- I disinteressati: costituiscono il 30% del totale, si tratta di aziende che sembrano non avere un’attenzione particolare alla gestione dei talenti. Vedono principalmente il talento come competenza tecnica e non adottano specifiche pratiche di talent management né in fase di attrazione, né tantomeno in quella di sviluppo e mantenimento. Utilizzano infatti i sistemi tradizionali di gestione delle risorse umane, gestendo i talenti come ed insieme alle altre risorse. Usano prevalentemente gli strumenti di base in fase di attrazione, quasi mai il canale internet né le altre pratiche di employer branding. Per questo tipo di aziende il fattore più rilevante per il mantenimento in azienda dei talenti è la crescita e lo sviluppo, che non si traduce però in pratiche reali.
- I person-oriented rappresentano il 47% del panel, mostrano una strategia di gestione dei talenti più definita rispetto ai “disinteressati”, soprattutto per quanto riguarda la definizione di talento, che è vista come caratteristica strettamente legata al potenziale della persona e alla capacità di apprendimento. Le qualità maggiormente ricercate in un talento sono le skill di decision making e l’attitudine al cambiamento. La maggior parte di queste aziende non possiede un vero e proprio sistema di talent management, ma manifesta attenzione al tema e la volontà di introdurlo in futuro. Per quanto riguarda le pratiche di attrazione dei talenti, queste imprese sfruttano appieno gli strumenti di base e mostrano un migliore utilizzo degli strumenti avanzati rispetto al primo profilo, puntando soprattutto sul sito aziendale. Come fattori principali per il mantenimento dei talenti in azienda vengono particolarmente valorizzate la crescita e lo sviluppo, orientamento che si traduce in vere e proprie pratiche specifiche (come ad esempio formazione) mediamente efficaci.
- Gli expertise-oriented. A questo gruppo è riconducibile il 23% delle imprese intervistate, le più evolute in termini di strutturazione delle strategie di talent management. Questo tipo di aziende vede il talento come competenza professionale e oltre a ricercare persone dotate delle caratteristiche di decision making e con attitudine al cambiamento assegna importanza anche all’esperienza. Utilizza frequentemente gli strumenti di attrazione di base e più frequentemente e più efficacemente rispetto agli altri profili gli strumenti avanzati. Presidia meglio i canali e usa tutte le pratiche legate all’employer branding (pubblicità e comunicazione, eventi, sito). Anche per quanto riguarda il mantenimento questo genere di azienda è sicuramente il più evoluto, in quanto valorizza la crescita e lo sviluppo dei propri dipendenti e allo stesso tempo mostra attenzione verso il work-life balance, adottando pratiche reali di mantenimento più efficaci rispetto ai competitor. A questo gruppo appartengono prevalentemente aziende multinazionali che fanno parte di un Gruppo con un fatturato compreso tra 10 e 49 milioni di euro e tra i 100 e i 249 addetti.
Indipendentemente dal cluster di appartenenza, i tre profili identificati mostrano alcune caratteristiche comuni: innanzitutto la competenza specifica più ricercata è per tutti quella tecnica, seguita da quella commerciale, da ultima quella amministrativa. Inoltre, la quasi totalità delle aziende individua i talenti prima dell’assunzione. Un dato forse allarmante riguarda l’orizzonte delle strategie di attrazione e ricerca del talento, che è prevalentemente di breve termine: in generale le medie imprese manifatturiere si attivano per la ricerca dei talenti solo a ridosso della necessità di coprire una specifica posizione, senza adottare invece un’ottica di lungo periodo sui vari canali, anche in momenti in cui non ci sono specifiche posizioni aperte..
Multinazionali è bello e meglio se vicino a grandi centri urbani – Il punto di vista dei talenti. In base a quali criteri i talenti scelgono dove lavorare? Secondo la Ricerca sono 3 i fattori principali: il brand dell’azienda, le sue dimensioni e la sua localizzazione. Per la ricerca di offerte di lavoro i talenti utilizzando soprattutto il canale web, in particolare i social media. Valorizzano inoltre il career service delle universitàe gli eventi di recruitingcome fiere, meeting, giornate di incontro con neolaureati e sponsorizzazioni.
Per quanto riguarda lo sviluppo professionale, i talenti ritengono estremamente importante la presenza di adeguati programmi di formazione e la possibilità di rotazione di ruoli, grazie alla quale è possibile acquisire continuamente competenze e conoscenze nuove. I principali fattori che potrebbero indurre un talento a lasciare un’azienda sono invece le limitate possibilità di crescere professionalmente e fare carriera, l’assenza di percorsi di formazione ben strutturati, una retribuzione non soddisfacente e un ambiente poco stimolante. Per contro i principali fattori che invece li spingono a rimanere in un’azienda sono le buone possibilità di crescere fare carriera, un ambiente stimolante e una retribuzione soddisfacente.
Davide contro Golia nell’impari lotta per accaparrarsi i migliori – Cosa dicono gli esperti. Secondo alcuni esperti, le piccole imprese in Italia hanno poche possibilità di concorrere alla guerra dei talenti. Esse infatti generalmente non offrono un brand attrattivo e noto, sono spesso guidate da imprenditori o gruppi famigliari che lasciano poco spazio di crescita e che talvolta privilegiano la “cultura del fare” rispetto alla formazione universitaria. D’altro canto però, le piccole imprese per essere competitive rispetto alle grandi hanno l’opportunità di offrire ai talenti maggiore visibilità e una più completa esperienza sul campo.
Le medie imprese, che per la loro dimensione hanno una cultura manageriale superiore rispetto a quelle piccole, anche se non hanno funzioni di gestione del personale strutturate, hanno buone possibilità di accaparrarsi personale di talento. Ciò è vero soprattutto quando l’imprenditore è particolarmente “illuminato”, cioè considera il tema della gestione dei talenti una priorità assoluta e quando in prima persona il ruolo di “direttore del personale”. In generale la condizione per avere successo nella gestione dei talenti è che le aziende possiedano strutture e competenze adeguate per la gestione del personale e che la persona che ricopre il ruolo di direttore del personale abbia una forte sensibilità verso tale tema. In base all’esperienza degli intervistati, ciò si verifica più frequentemente in aziende con almeno 250 dipendenti o in subsidiary di multinazionali o di aziende di grandi dimensioni.
Tutti li vogliono! – Alcuni dati sull’occupazione. Sull’occupazione dei talenti la Ricerca riscontra dati incoraggianti: i dati occupazionali del 2012 relativi ai Laureati magistrali in Ingegneria del Politecnico di Milano- in particolare Meccanica, Gestionale, Chimica e dei Materiali –ad un anno dal conseguimento del titolo riportano un tasso di occupazione pari al 97%, con più del 50% impiegati già a 2 mesi dal conseguimento del titolo. Per quanto riguarda i livelli di retribuzione ad un anno dal conseguimento del titolo, la maggior parte degli intervistati guadagna tra i 1.000 e i 2.000 Euro netti mensili. Il tipo di contrattoprevalente è invece quello a tempo indeterminato. La maggioranza dei talenti è impiegata in grande aziende, solo il 21% nelle PMI. Infine, le modalità con cui trovano lavoro sono prevalentemente l’utilizzo del career service dell’università e i contatti diretti. Per quanto riguarda i settori di occupazione e le posizioni ricoperte, gli ingegneri meccanici sono prevalentemente impiegati negli impianti e nell’industria meccanica come Ingegneri di progetto e mechanical designer; gli ingegneri chimici sono impiegati maggiormente nel settore chimico come ingegneri di progetto; gli ingegneri dei materiali negli impianti e nell’industria meccanica come process e product manager, o nella pubblica amministrazione come ricercatori; gli ingegneri gestionali invece sono occupati in diversi settori come consulenza, pubblica amministrazione, industria manifatturiera, finanza e mass market, ricoprendo posizioni tipicamente di business analyst, commerciali e ingegneri di processo.