Quasi uno studente su due non prosegue gli studi dopo il Diploma per mancanza di risorse economiche e perchè non ritiene che essere laureati aiuti realmente nella ricerca del lavoro. Ad orientare la scelta del percorso di studio sono soprattutto la passione e la predisposizione più che la spendibilità nel lavoro.
Alla scuola e all’Università è riconosciuto un ruolo informativo ma non di orientamento effettivo; 9 giovani su 10 chiedono di intensificare le esperienze in azienda durante il percorso scolastico e ritengono sia ancora troppo forte il gap scuola-impresa. Più ottimismo, però, tra i giovani che hanno scelto percorsi di studio STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).
Questi, in sintesi i risultati della Ricerca “Formazione tecnico-scientifica e lavoro: l’esperienza dei giovani”, condotta nel mese di settembre da Fondazione Sodalitas e Randstad Italia su un campione di 1460 studenti tra i 15 e il 29 anni. La presentazione dei dati è avvenuta oggi nell’ambito della 5^ Edizione di ScopriTalenti, la giornata nella quale i giovani distintisi durante i corsi Giovani&Impresa di Fondazione Sodalitas nel 2014 possono sostenere colloqui conoscitivi con un pool di Aziende leader di mercato. Sono intervenute alla giornata per incontrare i ragazzi: ABB, CA Technologies, Capgemini, Chep Italia, Gam Edit, Gruppo UBI Banca, Randstad Italia, Sandvik Italia, Società Reale Mutua di Assicurazioni e UBS (Italia).
Il contesto italiano tra disillusione e desiderio di fuga – Secondo i dati 2013-2014 dell’Osservatorio “Giovani e Lavoro” di Fondazione ISTUD, finalizzati ad esplorare e confrontare gli orientamenti professionali dei giovani in 8 differenti Paesi (Brasile, Cina, Germania, India, Italia, Polonia, UK e USA), uno studente italiano su due non vede alcune prospettiva professionale nel proprio Paese, non ritiene che investire nella propria formazione possa fare la differenza (solo l’11.3% del campione pensa di frequentare un Master al termine dell’attuale percorso di studi) e considera preferibile, più dei propri colleghi stranieri, cercare lavoro all’estero (il 41,6% contro, per esempio, il 23,3% di Brasile, India e Cina). Uno scenario, questo, confermato anche dal fatto che, se da un lato l’Europa chiede che entro il 2020 il 40% della popolazione adulta acceda agli studi superiori, l’Italia risulta il Paese più lontano da questo obiettivo.
Una risposta nella formazione tecnico-scientifica? La Ricerca di Fondazione Sodalitas e Randstad Italia. Nel mese di settembre 2014 Fondazione Sodalitas ha promosso, in collaborazione con Randstad Italia, la Ricerca “Formazione tecnico-scientifica e lavoro: l’esperienza dei giovani”, proprio allo scopo di indagare il ruolo e l’importanza dei percorsi STEM per l’occupabilità dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni.
Il campione – Hanno partecipato all’indagine 1460 under 29: un campione prevalentemente maschile (56,3%) e in possesso più di Diploma (68,4%) che di Laurea (26,3%). Tra i diplomati, i titoli di studio STEM (Tecnico industriale, Perito, Geometra, Scientifico) riguardano il 56,7% del campione; tra i laureati, quelli in possesso di titoli accademici STEM (Scienze e Tecnologie fisiche, informatiche, matematiche, chimiche e farmaceutiche; Biotecnologie, Scienze Biologiche, della Terra e Geografiche; Matematica, Fisica e Astronomia; Ingegneria; Scienze Economiche e Statistiche) sono il 54,1% del totale.
Vale la pena studiare? Quali i reali punti di riferimento? – Quasi uno studente su due (il 40,2%) ha scelto di non proseguire gli studi dopo il Diploma per mancanza di risorse economiche nonché, come anticipato dalla fotografia di Fondazione ISTUD, perchè non ritiene che essere laureati aiuti realmente nella ricerca del lavoro (12,8%) o, più in generale, per disinteresse verso lo studio (20,8%).
Negli studi STEM però i giovani ripongono maggiore ottimismo: il 67,4% dei diplomati e il 49,9% dei laureati li ritiene infatti più spendibili a livello lavorativo rispetto agli altri percorsi. Le percentuali dicono dunque che la spendibilità degli studi STEM è più percepita tra i diplomati che tra i laureati in queste materie: gli studi universitari sono scelti più che altro in base alle proprie passioni (34,7% contro il 21,3% tra i diplomati). Alla Scuola e all’Università (siti, professori, segreterie) è riconosciuto un ruolo informativo (il 53,1% dei ragazzi ne parla in questi termini) ma non di orientamento effettivo: solo il 3,7% dei diplomati e lo 0,6% dei laureati ha definito il proprio percorso in base a quanto indicato/suggerito dall’Istituto di riferimento. 9 giovani su 10 chiedono, anche per questo, di ricevere maggiore supporto in termini di orientamento alle scelte scolastiche, di intensificare le esperienze in azienda durante il percorso scolastico e di rafforzare la collaborazione e le opportunità di scambio tra scuola e impresa.
La parola ai giovani – «Bisognerebbe creare un progetto serio di collaborazione scuola-Stato-imprese per motivare e formare i ragazzi (…). Così facendo i ragazzi presteranno interesse verso le materie tecnico scientifiche e le imprese avranno personale giovane più qualificato». «Sono sempre molto utili le visite in azienda perché permettono di capire, praticamente, cosa un giorno si potrà fare nel mondo del lavoro». «Le aziende italiane pretendono esperienza anche dai giovani in età da apprendistato, però nessuno si preoccupa di formare davvero i giovani in questo senso». «Servirebbero insegnanti competenti ed entusiasti, che facciano appassionare i ragazzi a queste materie durante tutto il percorso scolastico, partendo dalle scuole elementari».