Vito Gioia è un autorevole cacciatore di teste e consulente per la valorizzazione dei talenti. Autore di numerosi libri di successo sul tema ha deciso di cimentarsi insieme ad un giovane commercialista con il pallino del digital merketing, Marco Aliquò, sulle ragioni che sono dietro la disoccupazione in Italia con un libro dal titolo dirompente: “E’ facile trovare un lavoro se hai voglia di lavorare”.
Partiamo dal titolo del libro. A quanto pare il lavoro in Italia non manca, ma ciò che latita è la voglia di lavorare. O meglio, manca la voglia e la disponibilità a lavorare dove il lavoro c’è mentre si aspira ad inseguire solo il lavoro dei propri sogni, che molto spesso nella cruda realtà non esiste. Il problema, quindi, è culturale e non attiene principalmente alla politica economica e all’assetto del nostro mercato del lavoro?
Ovviamente il titolo è provocatorio. Non è facile ma neanche difficile né impossibile trovare “un” lavoro. Ripeto un lavoro! Un lavoro onesto ci può essere ovunque e per tutti; magari non quel lavoro che ci siamo messi “cocciutamente” in testa, a volte perché influenzati da altri (es. la famiglia, la scuola, l’ambiente) che invece di consigliarci ci sconsigliano. Magari un lavoro non proprio sotto casa ma lontano, che quindi richiede mobilità e sacrifici. Magari un lavoro molto impegnativo, scomodo e scarsamente remunerato. Ma è sempre meglio lavorare che stare a spasso e seduti, in attesa della manna dal cielo.
Il mercato del lavoro è governato da domanda e offerta; ogni lavoratore è come l’articolo di un negozio; ci sono articoli molto richiesti che si vendono subito e altri che si vendono poco o restano invenduti. Se così funziona il mercato del lavoro non dobbiamo sprecare il tempo a cercare un lavoro che non c’è ma cerchiamo di scoprire quello che c’è, lì dove è realmente, accettando le condizioni che offre il mercato e non quelle che vorremmo. Diamoci da fare per diventare un “articolo molto richiesto” che si venda bene, al prezzo giusto.
Per quanto riguarda la politica economica, ben vengano leggi che possano facilitare l’occupazione ma nessuna legge, per quanto buona, da sola potrà mai creare occupazione. Il lavoro c’è se l’economia tira. Se le aziende producono e vendono assumono volentieri le persone, a prescindere dalle leggi. Ma nello stesso tempo le imprese devono avere libertà di movimento, in entrata e in uscita, in funzione dei cicli economici. Le imprese non hanno interesse a licenziare i lavoratori bravi e nemmeno a cambiare continuamente lavoratori approfittando delle leggi. Le imprese finché possono sostenerne il costo, si tengono ben stretti i bravi collaboratori e lasciano andare gli scansafatiche.
Il libro, ovviamente, non si limita a lanciare un forte monito contro una stortura del nostro mercato del lavoro e nelle aspirazioni dei nostri giovani, ma dice anche, anzi soprattutto, come cogliere le reali opportunità di occupazione che ci sono e che aspettano solo di essere colte. Dove sono queste opportunità?
Le opportunità sono di vario genere, in tutti i settori, in Italia e all’Estero. Il nostro libro in un certo senso è interattivo e aggiunge pagine ogni giorno attraverso Facebook. Oltre alle opportunità descritte nel libro, ovviamente limitate dal numero di pagine e dall’attualità di alcune opportunità, abbiamo creato una pagina Facebook “Come trovare un lavoro” che viene alimentata giornalmente con numerose opportunità in tutti i settori privati e pubblici, vicine o lontane da casa.
Tanto per citarne alcune degli ultimi giorni: lavorare in TV, lavorare in Coca Cola, commessi, cassieri, magazzinieri, 400 posti nel cioccolato, impiegati, assistenti, farmacisti in Despar, Barilla, Marzotto, Assicurazioni; posti in Umbria, fare gli assaggiatori, 1.000 posti in Amazon, stage in Fiat, lavorare in Svizzera, lavorare in Trentino Alto Adige, 800 posti in Conad, lavori per medici, posti in Esselunga, Banca Fineco, Eataly, cuochi, Penny Market, Agenzia delle Entrate, operatori socio sanitari, Louis Vuitton, Hertz; assistenti sociali, infermieri, 15.000 posti nell’edilizia, Parchi Divertimenti, lavori nella ristorazione, turismo, servizi alla persona, tecnici suono e luci, operatori audiovisivi, centri fitness, servizi estetici, pet sitter, camerieri, bagnini, addetti alle pulizie, guide turistiche, hostess, animatori, ballerini, addetti all’accoglienza, ingegneri meccanici, operai specializzati, tecnici e così via. Insomma con un po’ di pazienza, molta tenacia e spirito di sacrificio, qualche lavoro si trova se si ha veramente voglia di lavorare, ma bisogna darsi da fare.
Dove invece il lavoro non c’è più e sarebbe meglio non perdere tempo nell’inseguire pure illusioni?
Dove il posto di lavoro non c’è più è inutile perdere tempo per cercare di ritrovare lo stesso lavoro o un lavoro simile nello stesso territorio. Ma il risvolto della medaglia è che per ogni lavoro che sparisce ne nasce uno nuovo; inoltre ci sono lavori che nessuno faceva più e che, anche grazie alla crisi, tornano di moda. Perché gli immigrati hanno rimpiazzato nei negozi gli ex proprietari Italiani e sono diventati Datori di lavoro con dipendenti italiani?. Perché non si trovano sarti, calzolai, idraulici, falegnami? Perché la mia Filippina non ha neanche un’ora disponibile, lavora sempre e manda tanti euro a casa nelle Filippine? E’ fame? E’ voglia di lavorare?
Un’altra via per lavorare è rispolverare alcuni lavori perduti nel tempo. Es è rifiorito il business delle biciclette. Ho appena conosciuto una persona, anziana, che dopo aver fatto un altro mestiere per tanti anni si è ritrovata vicina ad una nuova pista ciclabile, ha fiutato l’affare è adesso vive bene riparando biciclette. Ma di esempi simili ve ne sarebbero tanti, perché ognuno di noi è padrone di abilità particolari (a volte hobby) che possono essere trasformate in lavoro redditizio e, con un po’ di fantasia e di fortuna ci si può reinventare. Senza necessariamente cercare un altro “posto”. Il posto fisso non c’è più, se non lo trovi te lo crei e non dipendi da nessuno (salvo il mercato, che comanda sempre).
E’ fondamentale imparare e far propria la cultura del rischio, del sacrificio e della determinazione nel nuovo mondo del lavoro se si vuole essere pronti. Insomma, è necessaria una sorta di “mutazione antropologica” dei nostri giovani, che la sociologia e la statistica rappresentano spesso in modo opposto a questi valori, se si vuole diventare imprenditore di stessi e cogliere le opportunità del lavoro autonomo, sia professionale che imprenditoriale. Siamo pronti in questo senso? Quali consigli darebbe?
Mi spiace dirlo ma molti giovani di oggi non hanno “fame”, come la avevamo i nostri genitori o i nostri nonni; e spero che i nostri nipoti non siano nuovamente costretti a darsi da fare “per fame”. La famiglia da una parte è la fortuna dell’Italia ma dall’altra protegge troppo i giovani. Il consiglio che mi sento di dare ai giovani e di non dipendere dalla famiglia e di rendersi autonomi appena possibile. Finire “presto e bene” gli studi e andare presto a lavorare; accettare qualsiasi lavoro, purché onesto, aiuta a chiarirsi le idee sul mondo lavorativo; sporcarsi le mani e mettere su famiglia ridefinisce la scala dei valori e le priorità della vita .
Il ruolo del sapere e del percorso di studi è decisivo nel determinare il futuro lavorativo e di carriera dei giovani. Se si sbaglia questo passaggio il rischio di andare incontro ad un futuro occupazionale incerto è molto grande. Sbagliare è facile anche perché in età giovane è “naturale” che ci si lasci tentare dai sogni e il senso della realtà e più offuscato. Come fare un giusto e proficuo orientamento verso il lavoro che c’è?
L’indirizzo di studi conta solo all’inizio per entrare nel mondo del lavoro. Come diciamo nel libro vi sono studi e percorsi di formazione che facilitano l’ingresso rispetto ad altri. Ma man mano che si cresce nella carriera lavorativa, il tipo di studi conta sempre meno perché prevalgono i fatti concreti e i risultati, al di là delle teorie. Lascerei decidere i giovani con la propria testa, secondo le loro inclinazioni naturali, senza cercare di influenzarli con le nostre esperienze o con la nostra visione del futuro che potrebbe essere sbagliata e più limitata della loro. Lasciamoli liberi di scegliere e anche di sbagliare; se necessario aiutiamoli eventualmente a correggere il tiro, finchè non imboccheranno la strada giusta. Ma in realtà, strada facendo, succederà di cambiare obiettivo e di abbandonare le convinzioni iniziali. Lavorando si impara e dalla pratica si può sempre tornare alla teoria e rimetterla in pratica. Come diceva un mio amico “per imparare a fare l’amore bisogna farlo, non si impara sui libri”.
Uno dei messaggi di fondo del testo è che trovare lavoro sia soprattutto un fatto individuale e privato in cui il ruolo dello Stato è quasi nullo. Le possibilità e le opportunità ci sono ma sta alla predisposizione di ciascuno di noi, singolarmente, nel coglierle. E’ solo una questione di “fame”. E’ così?
E’ assolutamente un fatto individuale, ognuno è padrone del proprio destino e non dobbiamo aspettarci nulla né dallo Stato né da nessun altro. E’ certamente è una questione di fame e di voglia di emergere. Ma molto dipende dal proprio carattere, dalle influenze ambientali e familiari, dalle tradizioni del territorio ecc. Es. le aspettative lavorative sono molto diverse dal Nord al Sud. Al Nord è abbastanza naturale pensare ad un lavoro nel mondo privato, industriale, imprenditoriale o mettersi in proprio. Al Sud si pensa più al posto fisso nel mondo pubblico.
1 commento
e per fortuna che stanno parlando gli esperti del mondo del lavoro!
l’enorme lacuna lasciata aperta da questa intervista è la risposta alla domanda più importante: “come si fa a trovare lavoro?”
ridurre tutto alla semplice voglia di lavorare è superficiale e demagogico. la realtà è ben diversa. mancano gli strumenti per trasformare studi ed esperienze in opportunità di lavoro, in percorsi professionali. mancano altrettanto gli strumenti per imparare a contattare il mercato del lavoro, imparare a candidarsi e soprattutto a trovare offerte di lavoro. mancano, ancora, strumenti per costruirsi un proprio percorso professionale.
nessuno, tantomeno un head hunter, ha interesse a spiegare come si fa.
o c’è qualcuno che ancora pensa che il mercato del lavoro esiste ed è un luogo dove si incontrano domanda e offerta?
forse nei paesi anglosassoni, certamente non in Italia.
magari documentiamoci un po’ tutti prima di parlare. le ricerche ci sono, i dati pure.